Sergio Mattarella si è finalmente sciolto, nel senso che ha un po’ allentato le maglie diplomatiche che lo hanno a lungo portato, dopo la strage a Parigi di venerdì 13 novembre, a parlare di un troppo generico “fondamentalismo” o “radicalismo”.
Forse incalzato dalla realtà, vista la sopraggiunta tragedia nell’albergo di Bamako, in Mali, il presidente della Repubblica ha colto l’occasione offertagli dal Foglio, in un numero dedicato allo “sterminio dei cristiani” nel mondo, per tornare a scrivere, sì, di fondamentalismo e radicalismo, ma aggiungendovi “di matrice islamista”. Che, preferita anche da Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, è qualcosa sicuramente di meno d’islamica, ma è pur sempre qualcosa di più del niente.
L’articolo di Mattarella sul Foglio, denso anche di richiami al suo recente viaggio in Asia per indicare ai musulmani l’esempio della tollerante Indonesia, si segnala infine per una certa comprensione verso la reazione bellica della Francia agli scempi compiuti o commissionati dal fantomatico ma pericolosissimo Stato Islamico.
In particolare, il capo dello Stato ha riconosciuto le “necessarie azioni di forza”, non potendo evidentemente bastare le pur preferite – da lui e da tanti altri- “armi della cultura, del dialogo, del diritto”. Egli ha inoltre ammesso che nel contrasto al fondamentalismo islamista “non si può più sbagliare” dopo “i molti errori commessi”, compresa la sottovalutazione dello sterminio dei cristiani in corso da troppo tempo.
Mattarella è infine tornato a raccomandare il solito “dispiego d’intelligenza e lungimiranza”, aggiungendovi tuttavia: “Almeno pari alla indispensabile intransigenza”.
Si potrebbe essere tentati dal dare al presidente della Repubblica del ben arrivato o tornato fra la gente comune, impaurita e indignata di fronte a ciò che accade, se non si fosse trattenuti dal timore di esagerare. E di dare un involontario contributo alla già troppa impopolarità della politica, anche a livello istituzionale.
Ludovico Frada