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Banca Etruria, Marche e Cari Ferrara, chi ha ciurlato nel manico

Tutto bene quello che finisce bene? Così pare, viste le reazioni al decreto con cui il governo domenica scorsa, facendo leva su una direttiva europea, ha spacchettato 4 banche che erano in amministrazione straordinaria. Un’operazione che prevede la creazione di altrettante banche ex novo, tutte S.p.A, e di una Bad Bank in cui far confluire i crediti super incagliati.

Una manovra a costo zero per le finanze statali e solo a carico in particolare di 3 banche: Intesa, Unicredit e Ubi, con una garanzia potenziale di Cdp e qualche sollievo di carattere fiscale. A pagare sono in particolare gli azionisti dei 4 istituti che erano da tempo commissariati per gestioni precedenti non particolare brillanti e oculate (eufemismo) e gli obbligazionisti subordinati.

Solo applausi, dunque? Forse sì. Ma forse tra i destinatari dei plausi non ci potrà essere il Fondo interbancario di tutela dei depositi. Il Fitd, da settimane, anzi da mesi, andava preannunciando, annunziando, comunicando o insufflando ai media immanenti operazioni di interventi di salvataggio e di ricapitalizzazione delle banche commissariate. Tutta fuffa, come da tempo sottolineava in maniera solitaria Formiche.net. Perché – mentre tutte le istituzioni rassicuravano – questo sito dava conto di indiscrezioni (scoprendo per certi versi l’acqua calda) che la Commissione europea diceva No a progetti in cantiere fra Tesoro e Bankitalia. E questo perché – volenti o nolenti – Bruxelles considera aiuto di Stato un intervento di Fitd che, pur basandosi su risorse private del sistema bancario, sarebbe stato di fatto azionato con il beneplacito della Banca d’Italia, dunque delle istituzioni pubbliche, quindi dello Stato. Si potrà discutere della ottusaggine di questa visione, visti i soldi statali che in altri Paesi sono stati profusi a piene mani alle banche degli stessi Paesi. Ma la realtà, seppure stupida, era questa.

Chi non può essere destinatario di plausi è anche il nostro legislatore. Perché se fosse stata approvata già alla fine dello scorso anno la direttiva europea sulle risoluzioni bancarie (Brrd), la procedura seguita dal governo ora sarebbe stata a disposizione da mesi. Invece con 11 mesi e passa di ritardo il Parlamento si è ricordato di adottarla e l’esecutivo l’ha subito utilizzata per evitare di subire il diktat di Bruxelles che obbligava di fatto l’Italia a ricorrere alla procedura del Bail in, che sarà in vigore dal prossimo gennaio, e che prevede che pure i correntisti con oltre 100mila euro sarebbero stati azzoppati come gli azionisti e gli obbligazionisti ordinari.

In questo scenario anche il ruolo del ministero dell’Economia e delle Finanze non pare essere stato particolarmente incisivo. Da un lato, per uno scarso potere negoziale del Tesoro a Bruxelles su queste materie (mentre altri Tesori non fanno troppo tesoro dei “consigli” di Bruxelles). Dall’altro lato, non sembra una buona politica quella di arrivare a un passo dal precipizio prima di intervenire.


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