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Erdogan, Putin e la coalizione anti Isis un po’ fasulla

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La Russia ha violato lo spazio aereo della Turchia; appena pochi secondi, ma per i turchi sono stati sufficienti: hanno abbattuto il jet e gettato i piloti nelle mani dei guerriglieri sostenuti da Ankara. Un incidente gravissimo, si spera che venga risolto per via diplomatica anche se Putin ha parlato di “conseguenze tragiche”. Altro che lotta al terrorismo, altro che guerra all’Isis, qui si rischiano ben altre guerre che evocano gli scontri tra lo zar e il sultano, solo che oggi il nuovo zar ha una quantità spaventosa di testate nucleari e il nuovo sultano è alleato degli Stati Uniti che hanno un numero di testate nucleari persino superiore.

E’ stato un incidente o una provocazione? Aspettiamo di conoscere maggiori particolari. Ma forse non sapremo mai la vera verità. Per i cacciabombardieri russi è diventata un’abitudine violare spazi aerei. Finora è avvenuto soprattutto nel Baltico nei confronti di paesi come la Svezia che sanno tenere i nervi saldi e non cercano occasioni di conflitto armato.

Una cosa però sembra certa: lo scontro aperto tra Russia e Turchia mostra chiaramente che la cosiddetta coalizione internazionale contro il Califfato è fasulla. Anzi, peggio, rischia di essere la copertura per operazioni losche e pericolose. Si è scritto delle tante guerre che si nascondono sotto la cosiddetta guerra comune. Ebbene è chiaro che la Turchia e la Russia, l’Arabia Saudita e l’Iran stanno dilaniando il Levante come lo chiama Abu Bakr al Baghdadi, per i loro interessi. Mentre l’Europa diventa vittima inerme e gli Stati Uniti siedono sul fiume, solo che invece di veder passare il cadavere del nemico vedono galleggiare i corpi degli amici.

La Russia è entrata in gioco su invito di Assad (ma questa è la foglia di fico), perché vuole dimostrare che ha ancora un ruolo da grande potenza e intende sedere al tavolo del futuro grande banchetto. Il suo intervento è stato applaudito da molti, ma certamente l’Italia è il Paese in cui più alto s’è levato il coro attorno al salvatore: Putin il gigante, forse non buono, ma certo risolutore. Ebbene, finora non ha risolto nulla, semmai ha creato nuovi problemi, ne ha approfittato per bombardare (salutato come un liberatore) le postazioni dei ribelli anti Assad, senza tenere in nessun conto le vittime civili (i putiniani di casa nostra s’indignano per i morti provocati dagli americani, mentre per loro i russi abbattono solo i combattenti dell’Isis).

Il coinvolgimento militare della Russia si sta dimostrando un tragico errore. Tutti sapevano che russi e turchi sono nemici. Se gli americani fossero stati quelli di una volta avrebbero fatto del tutto per tenerli entrambi lontani, chiedendo loro un supporto politico o semmai logistico (non gratis, ovvio). C’era bisogno delle basi turche per bombardare? E’ da vedere. In ogni caso, Erdogan ha chiesto un prezzo troppo alto. E ha continuato a fare il doppio gioco. Quanto a Mosca, era meglio proporle il modello Afghanistan. Certo, c’è stato l’abbattimento dell’aereo in Sinai, che non è poca cosa, ma si potevano coordinare i servizi segreti per la caccia ai responsabili. La sordina sull’Ucraina bastava come contropartita, invece di subire il bullismo putiniano.

Adesso sarà difficile mettere insieme i cocci. La Russia dovrebbe ammettere “l’errore”, ma la Turchia, se le cose stanno come sembrano, andrebbe punita e la Nato dovrebbe intervenire, anche se la conseguenza inevitabile sarebbe una ritorsione turca, magari soffiando sul fuoco del Califfo. Come la si giri, il guaio è davvero grosso. In mezzo c’è il terrorismo in Europa, l’onda di paura che attraversa le grandi capitali, il senso di impotenza e fragilità che si è impadronito di tutti, dai governanti agli uomini della strada.

E l’Italia in mezzo a questa confusione? L’Italia fa il rospo che reagisce alla minaccia restando immobile, ha scritto Luca Ricolfi sul Sole 24 Ore. Bella immagine, anche se Matteo Renzi non è il tipo da stare fermo. Forse la vera parabola che s’addice all’Italia e al suo governo è quella del riccio e della volpe. “La volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande”, dice il verso di Archiloco. Isaiah Berlin ne ha fatto la metafora dell’intellighenzia russa dell’Ottocento, che però non parla solo alla Russia, ma a tutti noi. Da una parte, dunque, ci sono le volpi, coloro “che perseguono molti fini, spesso disgiunti e contraddittori, magari collegati soltanto genericamente, de facto, per qualche ragione psicologica o fisiologica, non unificati da un principio morale o estetico”; dall’altra i ricci, coloro “che riferiscono tutto a una visione centrale, a un principio ispiratore, unico e universale, il solo che può dare un significato a tutto ciò che essi sono e dicono”.

Matteo Renzi in Campidoglio ha parlato di risposta “complessa e articolata”, di cultura, libri, musica, campo da calcetto, per legittimare “ogni euro in più speso in sicurezza”. E ha annunciato nuove spese: un miliardo in sicurezza, un miliardo sulla nostra identità culturale.  E’ volato anche alto facendo ricorso al “nuovo umanesimo”. Invece, non si è messo apertamente a disposizione della Francia e degli Stati Uniti per concordare con loro i modi e le forme di un coinvolgimento nella guerra al terrore. Renzi ha l’istinto della volpe, ma qualche saggio attorno a lui dovrebbe fargli leggere Berlin. Nella storia spesso l’Italia ha cercato di fare la volpe e ogni volta che ci ha provato è finita nei guai. Le cose sono andate bene solo quando ha seguito la strategia del riccio.

Stefano Cingolani

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