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Conferenza sul clima, cosa può fare l’Europa

Di Francesca Santolini

Gli Stati Generali hanno rappresentato un passaggio fondamentale dell’impegno con cui l’Italia si sta preparando alla ventunesima Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sui Cambiamenti climatici (Unfccc). La cosiddetta COP21, in programma a Parigi nel dicembre 2015 di quest’anno, rappresenta un momento chiave nel processo di contrasto al cambiamento climatico. Questo percorso, iniziato nei primi anni Novanta e che oggi ha come obiettivo la prosecuzione del lavoro avviato nel 1997 con il Protocollo di Kyoto, vede oggi consolidarsi la consapevolezza secondo cui è necessario intervenire in modo rapido ed efficace per spezzare il circolo vizioso del riscaldamento globale. La Conferenza di Parigi offre quindi ai governi mondiali l’opportunità di siglare un nuovo, cruciale accordo che coinvolga tutte le nazioni, e in particolare i maggiori emettitori, attraverso un impegno comune per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra a partire dal 2020.

L’Unione Europea ha avuto un ruolo di primo piano nel settore delle politiche ambientali negli ultimi decenni, a partire dal processo per l’approvazione del Protocollo di Kyoto fino alle più recenti iniziative di politica climatica ed energetica. Ben in anticipo rispetto alla conferenza di Parigi, l’UE ha infatti già stabilito il proprio target di riduzione delle emissioni, pari al 40% rispetto al 1990 entro il 2030. Questo volume presenta alla discussione pubblica e politica italiana le riflessioni che hanno animato gli Stati Generali sui 11Introduzione Cambiamenti Climatici. Nella maggior parte dei testi si sottolinea come l’accordo di Parigi rappresenti sia una sfida importante sia l’opportunità per definire un nuovo accordo che coinvolga tutti i Paesi nella lotta ai cambiamenti climatici. Viene sottolineato il ruolo importante che l’Europa e l’Italia possono giocare in questo processo: un ruolo di traino nel coinvolgimento di Paesi con emissioni rilevanti che, finora, sono rimasti fuori dagli impegni. Inoltre l’esperienza europea, considerata come un caso virtuoso, ha il merito di dimostrare come un’immediata risposta al problema del cambiamento climatico costituisca un’opportunità per sfruttare appieno le sinergie tra politiche economiche ed ambientali e più in generale per dare nuovo impulso all’economia, proteggendola allo stesso tempo dai futuri impatti e dai loro inevitabili costi.

È ovvio che, a livello internazionale, le differenze tra gli Stati dovranno essere tenute in considerazione. Gli Stati dispongono di diverse possibilità di azione, partono da situazioni ambientali ed economiche diverse, si trovano in momenti diversi dello sviluppo economico, sociale e culturale. Tenere conto di questa diversità è indispensabile, se si vuole che gli obiettivi fissati siano ambiziosi, ma anche concretamente raggiungibili, misurabili e comparabili. Per questo motivo la garanzia del principio di equità nella ripartizione degli impegni, intesa come responsabilità comune ma differenziata, rappresenterà un fattore molto importante per il successo della conferenza di Parigi.

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