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Perché Papa Francesco ha indetto il Giubileo della Misericordia

Di Marco Roncalli

Pubblichiamo un estratto del libro “Il tempo della misericordia. Pellegrini, indulgenze, anni santi dalle origini a Papa Francesco” di Marco Roncalli edito dalle edizioni San Paolo

L’indizione di un giubileo della misericordia voluto da papa Francesco dall’8 dicembre 2015 – festa dell’Immacolata Concezione e cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II – sino al 20 novembre 2016 – domenica di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo – solo in parte ha destato sorpresa. Infatti, se un leitmotiv ha sin qui attraversato, e ora a maggior ragione percorre l’attuale pontificato, è quello della misericordia: “Questa parola cambia tutto”, così aveva detto papa Bergoglio nel primo Angelus dopo l’elezione. “Seguire Gesù […] significa condividere il suo amore misericordioso, entrare nella sua grande opera di misericordia per ogni uomo…”, così, ancora, all’Angelus dell’8 settembre 2013, il vescovo di Roma presentatosi con l’obiettivo di “misericordiare”, neologismo che non significa fare misericordia, ma mostrare che Dio è misericordia.

Papa Bergoglio, inoltre, ci aveva fatto capire il suo pensiero attraverso altri segnali. Canonizzando Giovanni XXIII, il pontefice che l’11 ottobre 1962 nella Gaudet Mater Ecclesia, aprendo il Vaticano II, aveva dichiarato “La sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece che imbracciare le armi del rigore”. Beatificando Paolo VI, il papa dell’ascolto e della prossimità, dell’Ecclesiam suam, che aveva letto la parabola del Samaritano come paradigma della spiritualità del Concilio. Ben convinto, come diceva ai parroci romani nel marzo 2014, che questo “nostro tempo” è “proprio il tempo di misericordia” – frase ribadita lungo tutto il 2015 – soprattutto, però, papa Francesco ha continuato a indicarci il Gesù mandato dal Padre “a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore” (Lc 4,18-19). E quante volte ha già ripetuto il suo invito chiedendo ai fedeli di essere cristiani “a tempo pieno”, non “da salotto”, e ai vescovi e sacerdoti di essere “pastori con l’odore delle pecore”?

Ecco perché temperamento, sensibilità, propensioni nulla hanno a che fare con una decisione ponderata: nata non per imporre una parola d’ordine (anche se il motto “Misericordiosi come il Padre” ci accompagnerà a lungo), ma dalla certezza che non c’è esperienza cristiana senza misericordia. Ecco allora l’inatteso ma logico approdo a un anno santo straordinario, affidato nell’organizzazione al Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione presieduto dal vescovo Rino Fisichella. Ecco il senso della bolla Misericordiae vultus – annunciata l’11 aprile 2015, con il richiamo immediato alla misericordia cuore della rivelazione che culmina in Gesù di Nazareth – rivolta ai credenti e ai lontani. Ci fermeremo nelle pagine seguenti su questa bolla che armonizza tradizione e novità, lasciando spazio forse a ulteriori istruzioni e riconfigurando al centro una delle parole più ricorrenti nei testi sacri del monoteismo, ma meno usate nel linguaggio corrente. Qui basterà dire che siamo già dentro questo nuovo tempo favorevole a un ritorno all’essenziale.

Un tempo da vivere nella pratica delle opere di misericordia corporale e spirituale; nella riscoperta della via – offerta a tutti – della riconciliazione. Un tempo per “cogliere i tanti segni della tenerezza che Dio offre al mondo intero e soprattutto a quanti sono nella sofferenza, sono soli e abbandonati, e anche senza speranza di essere perdonati e di sentirsi amati dal Padre”: così papa Francesco nell’omelia in San Pietro alla presentazione della bolla. Un tempo di cammino, segnaletiche dimenticate, percorsi interiori, anziché – come in passato – un calendario di maxi eventi pubblici, di feste spettacolari e solenni concentrate a Roma. Città che, come del resto anche in giubilei precedenti, non è più il baricentro assoluto, per la presenza di Porte Sante – ora Porte della misericordia – in ogni diocesi del mondo, nelle cattedrali, in chiese speciali, in santuari. Così tutte le periferie del globo sono già luoghi privilegiati dove medicare le ferite del corpo e dell’anima nella ritrovata consapevolezza che “Misericordia è la legge che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra”, come afferma Misericordiae vultus.

GLI APPROFONDIMENTI DI FORMICHE.NET:

Giubileo della misericordia, tutti i dettagli. Il punto di Matteo Matzuzzi

Ecco chi vigila su Papa e pellegrini per il Giubileo. L’approfondimento di Askanews

Il Giubileo di Papa Francesco secondo Parolin e Fisichella. L’articolo di Andrea Picardi

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