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Unicredit, Mps e Banco Popolare. Chi venderà più sofferenze

Il volume lordo delle Npe, ovvero le esposizioni non-performing delle banche italiane, ha raggiunto la dimensione di 337 miliardi di euro nel primo semestre del 2015. Lo affermano Antonella Pagano, Fedele Pascuzzi e Laura Gasparini, analisti di PwC, nel Report periodico sul mercato domestico degli Npl.

I NUMERI SULLE CESSIONI

“All’interno della Npe lorda, gli Npl, le sofferenze, contano per il 58% del totale, avendo toccato il volume record di 194 miliardi, con una crescita annua media del 27% dal 2008 al primo semestre 2015, mentre gli altri crediti dubbi sono a quota 143 miliardi, stabili rispetto al 2014”, scrivono gli analisti. Ma nel 2015 in tema di sofferenze c’è stata una significativa novità per le banche italiane. Ovvero “quasi 12 miliardi di euro di attività cedute sul mercato nei primi 9 mesi del 2015”, che incontrano le attese degli analisti tanto da far loro dire che siamo nell’anno degli Npl italiani e del “Rinascimento dei mercati non-core”.

LE MIRE DEGLI INVESTITORI

“Come lo scorso anno – continuano gli analisti – le operazioni sono state caratterizzate da cessione del credito al consumo e prestiti non garantiti, anche se abbiamo iniziato a vedere portafogli bancari garantiti e non garantiti anche mescolati venduti insieme ad altre classi di attività, come i contratti di leasing e i beni pignorati. Pensiamo che questo sia un timido segnale di un nuovo percorso, in cui emerge l’interesse per il real estate sottostante gli asset”.

LE BANCHE PROTAGONISTE

I principali attori di queste cessioni sono stati Unicredit, che ha venduto asset per 4,8 miliardi di euro, tra sofferenze non garantite a asset misti garantiti e non, fino ai leasing e ai beni pignorati; il gruppo Mps che ha ceduto l’intero portafoglio di credito al consumo non performing da un miliardo di euro e il Banco Popolare che ha venduto sofferenze per 1,1 miliardi.

COSA DICE IL REPORT DI PWC

“Guardando al futuro, in attesa che si concretizzi una potenziale bad bank, ci sono diverse operazioni in cantiere per un valore nominale complessivo superiore a 10 miliardi – scrivono ancora gli analisti – in cui sono inclusi il portafoglio di sofferenze unsecured di Npl e il credito al consumo in sofferenza di Intesa Sanpaolo”. Operazioni possibili perché nel frattempo l’appetito degli investitori per l’Italia sta crescendo. “Negli anni a venire – scrivono gli analisti di PwC – la necessità di gestire attivamente la NPE prima che raggiunga lo stato di NPL è probabile diventi un obiettivo chiave per le principali banche italiane. Questo è certamente il caso di Intesa Sanpaolo, che ha istituito la Capital Light Bank nel quarto trimestre del 2014, con lo scopo di estrarre valore dal perimetro non-core”.

LA SCELTA DI INTESA

Una scelta che conferma l’importanza per la banca di avere partner industriali in grado di aiutare il sistema bancario nella gestione delle esposizioni verso società in difficoltà finanziarie e dove vi è la necessità di fornire denaro fresco e cambiare il management. gestione del cambiamento. “Carlo Viola, il numero uno di Capital Light Bank ci ha detto – spiegano gli analisti di PwC – che la partnership con Pillarstone (KKR) è il primo esempio di ciò che crediamo sia un nuovo percorso per la gestione di posizioni nella fase di pre-NPL. Ovviamente la banca non solo è focalizzata nel ridurre i nuovi flussi di NPL, ma anche a diminuire la quota di Npl in essere”. E Viola segnala inoltre un miglioramento significativo nella performance grazie a una “nuova segmentazione e specializzazione del portafoglio. Insieme ai miglioramenti delle prestazioni interne, la banca mira chiaramente a ridurre il suo stock di Npl attraverso processi di smaltimento. Stiamo iniziando con due portafogli relativamente piccoli portafogli (uno in Italia e uno all’estero), ma ci proponiamo di fare di più nel prossimo futuro”.

IL CORSO DEL BANCO

Con una diversa angolazione, anche Paolo Tosi del Banco Popolare ha sottolineato che le partnership con gli investitori potrebbero svolgere un ruolo importante nella ricerca di soluzioni efficaci per gli Npl. “Tosi ci ha detto – si legge ancora nel report – che per risolvere il problema di una delle asset class più problematiche in Italia, gli Npl secured, le banche italiane hanno bisogno di lavorare con gli investitori per trovare possibili soluzioni, come potenziali joint-venture”. “Guardando l’estero – spiega ancora Tosi – e alle strategie di deleverage in essere nei business plan delle banche italiane vi è la necessità di trovare possibili soluzioni con un orizzonte di medio/lungo termine, in collaborazione con gli investitori sui possibili modi per costruire partnership industriali, in particolare nella gestione del patrimonio immobiliare”.

LE MOSSE DI MPS

Alcuni movimenti nella giusta direzione sono stati registrati infine da Enrico Maria Fagioli di Mps. “Fagioli ci ha confermato – scrivono gli analisti di PwC – l’interesse crescente degli investitori per il patrimonio immobiliare in cui ci sono stati e ci continueranno ad essere transazioni di plain vanilla secured ma, dal mio osservatorio, gli investitori sono molto interessati a guardare le situazioni più complesse in cui un chiaro interesse si concentra sull’immobiliare sottostante”. Gli investitori azionari possono essere un elemento chiave per gli asset Npe “che non hanno ancora lo status di sofferenza” ma che vanno eliminati. “Ciò vale sia per i singoli titoli che per i panieri. Per facilitarne la cessione, sarebbe quindi l’ideale per le banche mettere insieme le loro esposizioni per aumentare l’interesse degli investitori”.

I PROGETTI DI UNICREDIT

Un altro sguardo interessante su ciò che dovremmo aspettarci nel mercato degli Npl in Italia lo fornisce infine a PwC José Brena, di Unicredit. “Stanti le attuali condizioni di mercato – ha detto agli analisti – Unicredit venderà su base annua tra i 2 e i 3 miliardi di crediti deteriorati. Tuttavia, siamo costantemente valutando diverse opportunità per accelerare le cessioni”. Nei prossimi anni, per Unicredit, l’attenzione dovrà focalizzarsi “sui prestiti alle pmi, garantiti e non garantiti, che rappresenta la fetta maggiore di credito deteriorato nel sistema italiano. Deve essere di più da parte di tutte le parti interessate per ridurre l’attuale divario domanda/offerta attualmente esistente in questa classe di attività e per creare un mercato competitivo e attivo”.
Considerando le dinamiche di mercato e la pipeline di offerte PwC prevede che l’andamento brillante della prima parte dell’anno proseguirà anche nella seconda parte e migliorerà ulteriormente nei prossimi anni. “Ci aspettiamo che i volumi delle transazioni nel 2016 saranno nell’ordine dei 20 miliardi e prevediamo un numero crescente di operazioni strutturate, dove il portafoglio di cessioni necessarie a migliorare i ratio di Npe sarà combinato con l’offerta di piattaforme e/o contratti di manutenzione delle stesse per la gestione del fardello in pancia alle banche”.


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