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Che cosa sono i nudge, l’ultima frontiera del policy making

Da quando il premier britannico David Cameron li ha lanciati nel 2010, i nudge sono la frontiera ultima del policy making. Le spinte gentili (to nudge, appunto) sono strumenti per disegnare meglio l’architettura delle politiche pubbliche, rendendole più efficaci, ma allo stesso tempo più leggere e meno invasive. I nudge sono l’insieme di policy che prendono spunto dai comportamenti, razionali o meno, dell’essere umano; e non dalla giurisprudenza o dalle leggi economiche, spesso finanche più astratte e idealiste della giurisprudenza.

A partire dalla BIT (Behavioural Insights Team) creata da Cameron per il suo primo gabinetto, i think tank (Brookings tra tutti) sul tema si sono moltiplicati e nel 2014 anche il presidente Obama ha creato la sua nudge unit da lasciare ai posteri, la SBST (Social and Behavioural Science Team). Il 44esimo presidente degli Stati Uniti è stretto amico ed ex collega del inventore teorico dei nudge Cass Sunstein, al punto da nominarlo nella sua prima amministrazione a capo dell’ufficio dedicato ai regolamenti (OIRA), per tentare di snellirli e renderli meno opachi e cervellotici, insomma più user-friendly.

I diversi contesti e i diversi livelli di policy making in cui operano i nudge (dal gabinetto di un primo ministro, agli alti uffici burocratici statunitensi), mostrano che più che un pacchetto definito di strumenti a servizio del legislatore o del burocrate, i nudge sono un modo di affrontare i problemi di policy da aggiungere e affiancare a quelli tradizionali. Tentare di risolvere i problemi non partendo dal diritto pre-esistente, né dall’economia classica, ma dai comportamenti e da tutto quello che ci dicono le scienze comportamentali (dalla psicologia cognitiva all’economia comportamentale) sui nostri atteggiamenti, senza pregiudizi.

La parte divertente è che i riscontri pratici e empirici sono tantissimi, significativi, e se ne stanno scoprendo ogni mese di più. In Italia il dibattito sta prendendo piede, per fortuna non solo nei circoli accademici, ma anche tra i policy maker e i giovani politici. Manifestazione di una volontà politica che non vuole solo rottamare la vecchia burocrazia, ma anche trovare dei metodi per sostituire quel “castello kafkiano” che al momento blocca la modernizzazione del Paese. Inoltre l’attenzione che le spinte gentili pongono al risultato empirico, alla verifica, e alla loro falsificazione può rappresentare un punto di rottura con la classica cultura italiana zeppa di retorica, pedagogia vuota e idealismo nascosto nei Grandi Principi. Gli sforzi di questo governo per scardinare il vecchio apparato incistato nel sistema, necessita di rotture politiche, culturali e pratiche – di prassi per usare il loro linguaggio; le spinte gentili, e ancor di più le scienze comportamentali, possono essere mezzi importanti per raggiungere il risultato.

Ovviamente, per i cittadini, l’interesse nei nudge non è nel ruolo che questi possono avere nel dibattito o nella lotta politica, ma nei benefici quotidiani, nella semplificazione pratica della loro vita che ne deriverebbe. Gli esperimenti fin qui svolti ci dicono che le spinte gentili possono: 1) attraverso un SMS mandato al momento giusto, diminuire la morosità delle multe, aumentando anche le entrate per lo Stato; 2) con un disegno efficace di etichettatura, migliorare i consumi delle auto e degli elettrodomestici; 3) aumentare la precisione delle terapie prescritte, migliorando la salute generale e conseguentemente le spese dello Stato. Di ulteriori esempi e di tante, possibili politiche nudge si è parlato ieri sera (alla sede del PD), alla presentazione di un bel libro di Andrea Casu ‪“Fare meglio con meno. Nudge per l’amministrazione digitale”, con Tommaso Nannicini, Luciano Nobili, Paolo Coppola e Barbara Carfagna. Una prima occasione pubblica, cui dovranno seguirne – spero – altre, perché la cultura del nudging possa penetrare in profondità nel nostro Paese.

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