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Ecco come e perché il prezzo del petrolio risalirà. Report Aie

CLAUDIO DESCALZI e FATIH BIROL

“Negli ultimi dodici mesi i segni di cambiamento nel settore energetico a livello globale si sonno moltiplicati”. In questo modo si presenta il World Energy Outlook 2015 dell’Agenzia internazionale dell’energia illustrato qualche giorno fa a Roma dal direttore esecutivo dell’Aie Fatih Birol.

Al centro delle riflessioni il basso prezzo del petrolio da cui deriva, tra l’altro, la graduale riduzione dei sussidi per combustibili fossili messi in campo da India e Indonesia. Quest’anno l’Aie ha deciso di dedicare proprio all’India l’analisi più approfondita, questo a causa del suo potenziale di crescita in termini di necessità energetiche.

Altri elementi di novità nel panorama energetico mondiale sono il ritorno in scena dell’Iran – grazie all’accordo sul nucleare e alla progressiva eliminazione delle sanzioni occidentali, per la cui piena implementazione si dovrà comunque attendere l’anno prossimo – il cambio di passo della Cina per quanto riguarda il consumo energetico e la necessità dei policy maker di puntare a una gestione corretta dell’energia per affrontare la sfida del cambiamento climatico.

Il WEO2015 propone una serie di scenari futuri, avanzando ipotesi e valutazioni. Nello scenario centrale, quello più vicino alla realtà, tra il 2013 e il 2040 la domanda globale di energia crescerà di circa un terzo, con i paesi in via di sviluppo a fare da traino. Unione europea (15%), Giappone (12%) e Stati Uniti (3%) permetteranno, invece, di registrare una riduzione nel consumo di energia.

La transizione verso economie a più basse emissioni di carbonio sarà garantita da un aumento della percentuale di fonti non fossili nel mix energetico che, dall’attuale 19%, passerà al 25%, sempre entro il 2040. L’unica fonte fossile – la meno inquinante – a registrare un aumento e’ il gas naturale.

Di particolare interesse le analisi relative al basso prezzo del petrolio, destinato, secondo l’Aie, a restare tale ancora per poco. Lo scenario principale del WEO2015 prevede infatti che nel 2020 il barile salirà a 80 dollari, con successivi aumenti. “La domanda di petrolio cresce fino al 2020, ma ulteriori aumenti saranno moderati da costi sempre più alti, dagli sforzi per ridurre i sussidi, dalle politiche di efficienza e dal passaggio a fonti alternative. Collettivamente, Stati Uniti, Ue e Giappone vedranno la propria domanda di petrolio calare di circa 10 milioni di barili al giorno entro il 2040. Dal lato dell’offerta, il calo della spesa corrente, stimato a oltre il 20% nel 2015, si rileva nella produzione combinata dei produttori non-OPEC che si stima raggiungeranno il picco prima del 2020 a circa 55 milioni di barili al giorno. La crescita della produzione tra i Paesi OPEC e’ guidata da Iraq e Iran, ma entrambe i Paesi devono affrontare grandi sfide: rischio instabilità in Iraq, debolezza di infrastrutture e istituzioni e bisogno dell’Iran di assicurare la richiesta tecnologia e gli investimenti su larga scala. Per compensare il calo della produzione dei siti attualmente esistenti e per mantenere la produzione ai livelli attuali, sarà necessario investire ogni anno 630 miliardi di dollari a livello globale. Il ciclo breve di investimenti per il petrolio non convenzionale – continua il report – e la sua capacita’ nel rispondere rapidamente ai segnali del prezzo, sta modificando il modo in cui il mercato del petrolio opera, ma l’intensita’ con cui le risorse non convenzionali sono sviluppate negli Stati Uniti, potrebbe spingere in alto i costi”.

L’Aie non esclude anche la possibilità che il prezzo del petrolio resti basso ancora per molto. Tale eventualità potrebbe essere determinata da una bassa crescita dell’economia globale, da un Medio Oriente più stabile, da un duraturo cambio nella strategia di produzione dell’OPEC- che assicuri una piu alta quota del mercato petrolifero – e da un’offerta più stabile dei Paesi non-OPEC, in particolare dalle fonti non convenzionali degli Stati Uniti. Rispetto allo scenario principale, che vede un aumento del prezzo del petrolio, la stabilità di questo sviluppo “dipende dalla capacità e volontà dei grandi possessori di risorse a basso costo di produrre a un livello più alto rispetto a quanto fanno nello scenario centrale”. Se il prezzo del petrolio dovesse rimanere basso, “la quota di mercato detenuta dal Medio Oriente sarà la più alta mai avuta negli ultimi 40 anni”.

Ma l’Aie avverte: “I prezzi bassi non sono del tutto una notizia positiva per i consumatori – infatti – i benefici economici sono controbilanciati dall’aumento della dipendenza dal Medio Oriente e dal rischio di un forte rimbalzo dei prezzi se gli investimenti si riducono”. In uno scenario di prezzi bassi del petrolio, il fatto che saranno necessari tempi più lunghi per il rientro degli investimenti farà si che il mondo perda almeno il 15% di risparmio energetico, rinunciando a circa $800 miliardi per il miglioramento dell’efficienza di auto, aerei e ogni altro apparecchio, lasciando in attesa la più che necessaria transizione energetica”.

Analizzando la Cina, il cambio strutturale della sua economia, con un vantaggio per il terzo settore, quello dei servizi, è la causa principale di una sostanziale riduzione delle previsioni di consumo. In termini numerici, per produrre una unità di crescita economica, la Cina consumerà l’85% in meno di energia. Il Paese, inoltre, introdurrà nel 2017 uno schema di commercio delle emissioni per il settore energetico e dell’industria pesante, diminuendo le prospettive di consumo di carbone. Tuttavia, la Cina resta il più grande produttore e consumatore di questa fonte fossile, ma anche il più attivo nello sviluppo delle energie rinnovabili.

L’India ha un bacino di crescita in termini energetici enorme. Un quinto della popolazione (240 milioni) non ha ancora accesso all’elettricità, un sesto della popolazione mondiale vive nel Paese ma a livello mondiale consumano solo il 6% dell’energia. Entro il 2040 315 milioni di persone si sposteranno nelle città, aumentando in modo sostanziale il consumo di energia. Per rispettare l’impegno di riservare al 40% la quota di energia prodotta da fonti non fossili, l’India dovrà puntare molto su solare ed eolico, data l’incertezza che ruota intorno allo sviluppo di nuove dighe e centrali nucleari. “Per andare incontro ai bisogni energetici dell’India, c’è bisogno di un enorme impegno di capitale e una costante vigilanza per le implicazioni relative alla sicurezza energetica e alle questioni ambientali”, si legge nel report. Si stima che entro il 2040 l’India dovrà investire 2,8 trilioni di dollari per fornire l’energia richiesta; ¾ saranno destinati al settore della generazione elettrica. Il Paese è il secondo produttore di carbone, ma, entro il 2020 diventerà anche il primo importatore, superando Giappone, Ue e Cina. La produzione di petrolio e’ destinata a calare e al 2040 il 90% del petrolio consumato sarà di importazione. In questo panorama di crescita preoccupa la gestione dell’acqua e gli effetti sull’inquinamento atmosferico.

In India, quindi, grande sviluppo e sempre maggiore accesso all’elettricità da parte della popolazione. A livello globale, invece, si stenta a rispettare quell’obiettivo di sviluppo sostenibile deciso in sede Onu di assicurare a tutti l’accesso all’energia elettrica entro il 2030. “Nel nostro Outlook – scrive Aie – il numero delle persone senza elettricità scende a 800 milioni entro il 2030 e il numero senza accesso a fonti pulite per cucinare cala solo gradualmente a 2,3 milioni” a fronte degli attuali 2,7 milioni (38% della popolazione globale).

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