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Che cosa cela la Stepchild adoption

Il giovane toscano al quale stanno cominciando a intravvedersi i capelli bianchi, ha promesso o minacciato (dipende dai contenuti!) entro il mese di gennaio, durante la conferenza stampa di fine anno, di portare a termine il ddl sulle unioni civili. La parte più interessante del lungo soliloquio renziano che attendavamo, relativa a quanto ancora ci rimane da fare, sobriamente rimandata a data da destinarsi in materia di riforma della pubblica amministrazione (di cui attendiamo i 10 decreti imminenti di Madia), e cioè l’innovazione tecnologica e la ricerca scientifica per accompagnare lo sviluppo, l’istruzione e le energie rinnovabili, il sostegno alla maggiore occupabilità femminile e giovanile, peraltro denominatori comuni che ci accomunano alla dimensione europea, economicamente e socialmente in affanno, non l’abbiamo sentita.

L’Unione proprio in questi giorni e precisamente il Rapporto sui diritti umani del Parlamento Europeo ha dichiarato che la maternità surrogata «compromette la dignità umana della donna dal momento che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usati come una merce». Nello stesso testo, l’Assemblea di Strasburgo invita a realizzare al più presto una tutela giuridica, unione registrata o matrimonio, per le coppie gay; togliendo così ogni possibile strumentalizzazione e condanna inequivocabilmente la tesi dell’«utero in affitto» sostenuto da ambienti impegnati sul piano della rivendicazione dei nuovi diritti e affermando dunque che non tutto è disponibile per l’essere umano. Cioè che a proposito di maternità, nel caso specifico italiano ed europeo, non può esistere alcun diritto ad avere un figlio a tutti i costi, anche a quello di ridurre a merce il corpo di un’altra donna ma soprattutto un bambino usato come prodotto in vendita ignorando il rapporto esclusivo naturale e profondo che si costruisce tra un bambino e sua madre che lo concepisce, ospita e cresce nel suo corpo.

Francamente chi chiede ancora discussione è quasi anacronistico poiché accanirsi sulla liceità o meno della pratica della gestazione venduta non si pone la questione delle potenzialità, l’esistenza e i limiti della scienza e della biotecnologia in attività che coinvolgono la vita, la morte, la malattia, la cura e allarga strumentalmente la questione legittima dei diritti sociali ed economici alle unioni gay, anche la possibilità di ricorrere all’utero venduto e comprato.

Infatti il previsto ddl italiano ha inserito l’istituto della stepchild adoption, grazie alla quale diventerebbe possibile l’adozione del figlio naturale del partner dello stesso sesso, e nasconde in realtà l’avallo dell’utero in affitto per le coppie di uomini, che non hanno altro modo di ottenere un figlio se non quello di usare, dove è consentito, una madre surrogata. E non è vero come affermano Saraceno e del Boca che lo stralcio affossa le unioni civili, perché tutela le famiglie di fatto e i bambini che già vivono con coppie dello stesso sesso, poiché comunque biologicamente quei bambini avrebbero sempre un padre o una madre che li ha concepiti. E normare come chiedono Saraceno e del Boca significa negare al bambino la verità della natura umana e ricorrere ad un falso strumentalizzando ora l’infertilità, ora l’ideologia dei nuovi diritti che attengono all’identità individuale e alle scelte personali, ora il genere, ora l’eutanasia, ora il presunto integralismo cattolico, invadendo l’idea umana del limite e contrabbandandola con la libertà e l’amore per l’essere che è già persona nel ventre di sua madre. Non si può ammettere che un uomo omosessuale, una coppia gay, abbiano il diritto sul bambino dell’esclusione o la perifericità della madre.

Non si vende e non si dona una relazione biologica, psicologica e affettiva che dura nove mesi: non si interrompe una vera e propria storia d’amore. E non si cede sulla convinzione della cristianità che è sicuramente anche difesa e rilancio con orgoglio della propria tradizione e dell’essere indubbiamente creato dall’unione di una donna e di un uomo come la religione cattolica non solo racconta ma professa.

Io esprimo la mia posizione pubblicamente perché è un valore importante per la democrazia anche perché avere e difendere idee diverse significa avere coraggio e non sottomettersi al pensiero unico.


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