Il nuovo Family Day “si farà assolutamente”. La data “al 99% sarà sabato 30 gennaio”, 4 giorni dopo l’avvio della discussione del ddl Cirinnà in Senato, anche se “non siamo ancora in grado di definirla con assoluta certezza, ma nel giro di 48 ore lo faremo”. Parola di Massimo Gandolfini, neurochirurgo e portavoce del Comitato Difendiamo i nostri figli che il 20 giugno 2015 ha radunato in piazza San Giovanni a Roma centinaia di migliaia di persone (secondo gli organizzatori, quasi un milione) per dire no al provvedimento sulle unioni civili.
LA STRATEGIA SULLA MANIFESTAZIONE
Questa mattina sul suo profilo Facebook, nel commentare un articolo dell’Huffington Post che fa il punto della situazione, il direttore de La Croce Mario Adinolfi si è detto convinto che “il 30 gennaio sia troppo presto” per convocare la manifestazione. “Vorrei – ha aggiunto – battaglia dura in Parlamento, subito. Poi, la piazza. Responsabilizziamo i politici”. Insomma, la strategia dell’ex deputato Pd punta innanzitutto a fare pressing sui senatori per affossare il provvedimento sulle unioni civili, insinuandosi nelle divisioni all’interno della maggioranza Pd-Ncd, per poi in un secondo momento scendere in piazza. Gandolfini da un lato condivide (“Più si va avanti nelle settimane, più migliora la stagione e meno sacrifici si chiedono alle persone”), dall’altro a Formiche.net spiega che “dato il rischio di contingentamento dei tempi di discussione in Senato, occorre evitare che la manifestazione si svolga quando tutto è già stato deciso. E’ vero che c’è anche il passaggio alla Camera, ma lì ci sono altri numeri: la vera battaglia è al Senato”.
“SAREMO ANCORA DI PIU’”
Chiarito ciò, il portavoce del Comitato organizzatore è convinto che “a questo Family Day saremo ancora di più di quello del 20 giugno”, nonostante alcune condizioni sfavorevoli come il poco preavviso e il periodo invernale. “Non mi prenda per utopista – puntualizza -, ci arrivano input da tutta Italia, la gente ci chiede di manifestare perché questa è l’unica arma che abbiamo per farci ascoltare dopo aver battuto tutte le strade, anche alle più alte istituzioni dello Stato, e aver sempre trovato le porte chiuse”. Forte anche degli ultimi sondaggi di Ipr Marketing (“l’88% degli italiani è contrario all’adozione delle coppie gay e più del 60% all’omologazione tra unioni gay e matrimonio” dice), Gandolfini bolla come “scandaloso e vergognoso che venga tacitata la voce della popolazione italiana in nome di una lobby ideologica e di giochi di partito e potere”. E visto che proprio in queste ore dentro a Pd e Ncd la discussione è incentrata sullo stralcio della norma sulla stepchild adoption, lui chiarisce: “La nostra battaglia è contro il ddl Cirinnà nel suo complesso, lo riteniamo ingiusto, ignominioso e inaccettabile”.
IL (DELICATO) RAPPORTO CON LA CEI
Con buona pace di quanto scritto giovedì scorso dal Corriere della Sera, è quasi certo che nemmeno questa volta la Conferenza episcopale italiana darà la sua “benedizione” al Family Day. Ed è stato proprio lo stesso quotidiano diretto da Luciano Fontana oggi a tornare sui suoi passi spiegando che non ci sarà un appoggio ufficiale della Cei,per l’occasione descritta come divisa in due correnti, quella più interventista e di stampo ruiniano incarnata dal presidente, il cardinale Angelo Bagnasco, e quella più dialogante e meno incline alle prove di forza rappresentata dal segretario della Conferenza, il vescovo bergogliano monsignor Nunzio Galantino.
“Sui valori c’è una comunione totale tra la Chiesa gerarchica e la gente comune – precisa Gandolfini -. Ad essere in discussione sono le strategie. Noi puntiamo sull’impatto diretto, fare sentire la nostra voce agli italiani, poi c’è chi dice che si deve lavorare di più su educazione e formazione. Usciamo dall’equivoco che queste posizioni si annullino a vicenda, non cadiamo nel gioco di Repubblica che dipinge i vescovi come contrari al Family Day. Si tratta di due strategie complementari, entrambe importanti, e noi da cattolici laici ci muoviamo senza vescovi-piloti e nell’assoluta certezza di essere in linea con i principi della Chiesa”.
LA DIFFERENZA COL 2007
C’è inoltre “una differenza abissale” tra il nuovo Family Day e quello del 2007. “Nove anni fa – spiega Gandolfini – venne organizzato tutto dalla Cei e realizzato da forze prevalentemente politiche sempre guidate dalla Cei, che finanziò l’iniziativa. Oggi non è più così, è una manifestazione autofinanziata che nasce dal basso”. Rispetto al rapporto con la gerarchia ecclesiastica, Gandolfini ricorda inoltre come “abbiamo organizzato 1200 conferenze in tutta Italia, e a tantissime di queste erano presenti i vescovi che spesso le hanno promosse in prima persona e ci hanno chiamato. I vescovi ordinari di varie Diocesi in larghissima misura ci apprezzano e ci stimano”.
LA REPLICA A DE PALO DEL FORUM FAMIGLIE
A proposito di Family Day, hanno fatto discutere nei giorni scorsi le parole di Gigi De Palo, neopresidente del Forum delle Famiglie vicino alla Cei, che in un’intervista a Vita ha definito la manifestazione del 2007 “un fallimento”. “Da amico, dico a De Palo che combattiamo insieme una battaglia contro un nemico comune – risponde Gandolfini – e trovo veramente spaventosamente autolesionista mettersi a fare come i capponi di Renzo che poi finiscono tutti nella stessa pentola. Dire che quel Family Day non è servito a niente è fare un’affermazione quanto meno ingenerosa, oltre che inaccettabile dal punto di vista storico”. Il presidente del Comitato Difendiamo i nostri figli è invece convinto che “quell’evento abbia fermato i DiCo”, così come “se non c’era quello del 20 giugno scorso oggi il ddl Cirinnà sarebbe già stato approvato e l’insegnamento gender sarebbe nelle scuole”. Sul piano economico, dato che De Palo individuava nell’assenza del quoziente familiare la sconfitta delle precedenti mobilitazioni, Gandolfini sottolinea che “sarebbe il caso di togliere risorse pubbliche dalle pensioni di reversibilità per le forme di convivenza affettiva e darle alle famiglie naturali indigenti e numerose, sapendo che sono 1,4 milioni quelle sotto la soglia di povertà. Non dobbiamo cavalcare cavalli diversi, ce n’è uno solo da cavalcare: la tutela e protezione della famiglia naturale. Per questo il 30 gennaio in piazza San Giovanni a Roma dobbiamo essere tantissimi. Ancora più del 20 giugno”.