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Perché la Moldavia è sempre più in bilico

La Moldavia continua a trovarsi in una situazione politica critica. A distanza di tre mesi dall’arresto per corruzione di uno dei leader storici del Parlamento, Vlad Filat, avvenuto il 15 ottobre, è ancora infruttuoso il tentativo di superare il ruolo degli oligarchi e dei gruppi di potere più consolidati. Ion Sturza, candidato premier con un programma pro-europeo orientato al contrasto della corruzione, si è presentato per la fiducia il 4 gennaio e ha trovato una Camera senza numero legale, con 47 deputati presenti su un totale di 101.

Il mese di dicembre era trascorso con grandi discussioni tra un’area di oligarchi e un’area politica ancora in formazione, entrambe trasversali nei partiti anche pro-europei, tanto produrre una scissione persino nel partito comunista (21 parlamentari, di cui 14 scissionisti pro-europei) e nel partito liberale, che ha visto il distacco di una formazione guidata dall’ex-primo ministro Iurie Leancă. Il 21 dicembre, il presidente moldavo Nicolae Timofti aveva attribuito l’incarico di primo ministro a Ion Sturza, che ha costituito una squadra di governo tecnico-politica indipendente da partiti e oligarchi.

Quattordici parlamentari si erano allora rivolti, con esito negativo, alla Corte costituzionale per chiedere se il presidente della Repubblica avesse la discrezionalità di nominare un primo ministro senza un consenso preliminare dei partiti. Alle spalle vi era l’esplicito tentativo di far nominare Vladimir Plahotniuc, oligarca con molte risorse economiche e legami con Mosca, capace di influenza orizzontale nei partiti e in Parlamento. Il fallimento del 4 gennaio ha dato ragione ai gruppi più tradizionali e agli oligarchi, e non a caso l’ambasciatore statunitense James D. Pettit aveva lamentato il giorno successivo l’irresponsabilità del parlamento.

In un’intervista del 2 gennaio l’ambasciatore Petitt aveva indicato nella corruzione il primo problema della Moldavia. Il candidato premier Ion Sturza aveva detto che occorreva per la Moldavia un cambiamento simile a quelli di Mani Pulite nell’Italia degli anni Novanta e delle inchieste in Romania degli anni più recenti.

Sullo sfondo permane l’effetto di destabilizzazione seguito alla sottrazione di un miliardo di euro dalle casse pubbliche (parti all’8% del PIL moldavo) avvenuto in confusi passaggi bancari, come raccontato su Formiche.net. Ne sono seguite grandi manifestazioni di piazza, richieste di nuove elezioni generali condivise dai partiti filo-russi, come il recente partito personale (Il Nostro Partito) di Renato Usatîi che nelle elezioni comunali del 4 giugno è riuscito a farsi eleggere sindaco di Bălți, seconda città del Paese. Il 26 novembre la polizia moldava aveva annunciato di aver arrestato 13 persone che avevano in animo di attaccare alcuni edifici statali proprio a Bălți con obiettivi separatisti sul modello del Donbass.

Se entro il 29 gennaio non si riuscirà a dar vita a un nuovo governo, il presidente della Repubblica dovrebbe sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni, che avverrebbero in un clima di forte tensione geopolitica.

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