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Ecco come la Germania s’interroga sull’immigrazione islamica dopo Colonia

Quanto i fatti di Colonia abbiano sbigottito e in certi casi annichilito non solo l’opinione pubblica ma anche molti intellettuali lo testimoniano gli interventi, i commenti, le riflessioni che da giorni dominano, quasi più della cronaca (il numero in continua salita delle denunce da parte di donne molestate, le dimissioni del capo della polizia di Colonia, i battibecchi tra i politici) le pagine dei giornali. Molti sono scritti di getto, altri invece testimoniano di una lunga consuetudine  a occuparsi dell’immigrazione, della convivenza tra culture così diverse come quella occidentale cristiana e quella arabo mussulmana.

L’INIZIATIVA FEMMINISTA

Così dopo i fatti della notte di Capodanno 22 femministe hanno aperto il sito “ausahmslos.org” e creato il hastag #ausnahmslos. Con queste due piattaforme le promotrici chiedono rapide inchieste e azioni di prevenzione più efficaci. Il loro appello recita “no alle scappatoie giuridiche in materia di molestia e violenza sessuale, eliminatele finalmente”. Tra i 400 firmatari ci sono anche la ministra per la Famiglia Manuela  Schwesig (Spd), la leader della Linke (Sinistra alternativa) Katja Kipping e le attivista Anne Roth e Angela Davis. Il sito spiega poi: “Siamo femministe di diversa estrazione, ma tutte ci battiamo da sempre per la parità tra i sessi, contro il sessismo e la violenza sessuale. Una battaglia che ci ha insegnato al tempo stesso a combattere ogni forma di razzismo”. Una specificazione particolarmente importante per le promotrici perché: “La violenza sessuale non deve diventare oggetto di dibattito, solo quando riguarda ‘gli altri’: cioè i musulmani, gli arabi, le persone di colore – insomma tutti coloro che agli occhi dei populisti di destra non sono tedeschi”. (…) “Le statistiche della polizia parlano di 7300 casi di violenza contro le donne all’anno. (…) Solo all’Oktoberfest si verificano annualmente, 200 casi di stupri”.

Un dato che però viene però decisamente contestato  dal capo della polizia Rainer Samietz, al quale risultano sulla base delle denunce effettuate ben altre cifre “Durante l’Oktoberfest del 2015 sono state inoltrate 26 denunce per delitti di carattere sessuale, di cui due riguardavano violenza carnale. Ma già quei due sono troppo, per cui non ha senso giocare con i numeri”.

INTEGRAZIONE MAI COMPIUTA

Alice Schwarzer, la decana del femminismo tedesco, intervistata pressoché da tutti i quotidiani, ripete, quello che va dicendo da anni: “Dopo il tentativo iniziale del capo della polizia di Colonia di sottacere che tra gli aggressori c’erano profughi, si è venuto a sapere, sette giorni dopo i fatti, che invece tra gli aggressori c’erano proprio profughi siriani. La maggioranza, va però detto, era costituita da profughi, migranti e i loro figli arrivati già tempo addietro. È gente che sogna di diventare un eroe come i loro fratelli rimasti a combattere nel Magreb, nell’Asia Minore. Per questo si mettono a giocare alla guerra nel cuore dell’Europa. Sono giovani uomini, frutto di una integrazione mai veramente compiuta e forse mai nemmeno davvero voluta. Sono il prodotto di una tolleranza sbagliata. Una tolleranza che permette a tutti (persone, mass media, chiese, politica) di mettere in dubbio la nostra democrazia il nostro stato di diritto, addirittura di calpestarli con i piedi in nome “dell’altro”, della “libertà religiosa”, facendo così nascere società parallele anziché insistere sull’integrazione. Come se questo fanatismo avesse qualcosa a che fare con la religione”.

CULTURA DELL’ACCOGLIENZA

Anche la scrittrice turco-tedesca Necla Kelek punta il dito contro un’integrazione mai veramente portata a termine. In un suo commento online per il sito del canale RP scrive: “[I fatti di Colonia] hanno portato finalmente anche i politici a comprendere con i migranti sono giunti da noi anche i conflitti etnici, religiosi e culturali che infiammano le loro regioni di provenienza. (…) Da anni la polizia viene addestrata a minimizzare, a praticare la political correctness. E ciò significa probabilmente, che fino alla notte di Capodanno compresa, faceva parte della correttezza politica non dire che tra gli aggressori c’erano anche profughi, pena un ammonimento da parte del ministro degli Interni. (…) Siamo stati tutti così presi dalla cultura dell’accoglienza e della solidarietà che  nessuno si è veramente posto la domanda chi stesse arrivando da noi e quali conseguenze ciò avrebbe comportato. Manca l’analisi e per questo manca un progetto coerente di integrazione”.

SOTTOMISSIONE DELLA DONNA

La scrittrice continua: “Parole d’ordine come quelle dei Verdi – Il nostro paese cambierà e cambierà in modo drastico. Non vedo l’ora” – servono a poco ora come ora. Anzi acuiscono il problema. (…) Nell’ultimo anno sono arrivati da noi oltre 600mila giovani uomini di età inferiore ai 30 anni. I più sono cresciuti in paesi di cultura islamica nei quali da anni imperversa la guerra civile o una dittatura di marca islamica. Paesi che non danno loro né futuro né sicurezza. La loro socializzazione è avvenuta in un contesto di violenza, di sottomissione della donna da parte dei maschi, di omofobia, di sottomissione del singolo alla comunità religiosa, alla famiglia, al clan. (…) Alcuni profughi sono sicuramente fuggiti proprio da questo contesto sociale. Ma tutti sono arrivati con questa immagine del mondo e dell’uomo. (…) Si tratta di figli perduti, vezzeggiati dalle madri, sottomessi ai padri e al credo, figli derubati nei loro stati dell’istruzione, della sicurezza, del futuro. E ora sono rimasti soli e frustrati. (…) Non basterà insegnare a questi figli perduti la lingua o come si fa la spesa al supermercato. Devono imparare a essere liberi, devono imparare a rispettare quella altrui; devono svestirsi delle loro abitudini, cambiare se voglio far parte della nostra società. (…) Sono sicura però che sapranno accettare queste regole, perché proprio la cultura islamica è fatta di precetti e divieti da accettare e imparare.  La prima cosa che va data loro sono regole chiare. La libertà è parte fondante dei nostri diritti, ma ognuno deve imparare a gestirli e deve sapere che la libertà comporta anche responsabilità personali”.

CONFLITTI RELIGIOSI

C’è chi però ben prima di Colonia, già l’estate scorsa metteva in guardia. Tra questi Hans-Georg Soefner, professore emerito di sociologia, uno degli esperti più stimati in questo campo che in una lunga intervista al canale Deutsche Welle diceva: “Stiamo rischiando di importare i conflitti religiosi. (…) Quello che mi fa disperare è la lentezza con la quale la Germania si sta attualmente muovendo. E sì che proprio la Repubblica Federale è stato il paese che dal 1945 a oggi ha accolto più migranti. Fino al nuovo millennio sono stati 23 milioni di persone provenienti da altri Paesi”.

IMPATTO CULTURALE

Alla domanda come valutasse l’impatto culturale che i nuovi arrivati avrebbero avuto sul paese Soefner rispondeva: “Se non impartiamo loro nozioni linguistiche e culturali avremo ben presto a che fare con problemi, scontri di tipo culturale. Questi conflitti aumenteranno, ripariamoci. Perché loro si portano dietro anche i conflitti politici e religiosi che lacerano i loro paesi di origine. I conflitti tra sciiti e sunniti, per esempio, o tra musulmani liberali e salafisti. (…) Per questo è fondamentale che si inizi sin da subito a trasmettere loro i nostri valori, quelli stabiliti  dalla nostra costituzione. E’ l’unico modo per far apprendere loro rapidamente le regole che vigono nel nostro paese”. Non è una “Leitkultur”, cultura guida/modello, che Soefner vuole trasmettere ai nuovi arrivati, quella non esiste nemmeno più per i tedeschi. “La forza della Germania è tutta racchiusa nella sua costituzione, che è la più bella costituzione del mondo. Ed è questa costituzione che va insegnata e praticata quotidianamente”. Soefer auspica una sorta di patriottismo costituzionale. “Con il vantaggio che noi siamo una società aperta. Almeno fintanto che lo stato vigilerà in modo rigoroso sul rispetto di questi principi. Tutto il resto è pura illusione” .

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