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Intervista a Pierfrancesco Majorino

Pierfrancesco Majorino sfiderà alle primarie del Centro sinistra di Milano Francesca Balzani e Beppe Sala, la prima sostenuta dal sindaco uscente Giuliano Pisapia e il secondo da Matteo Renzi. Di seguito le domande che ho posto al candidato che per primo aveva dato la sua disponibilità.

Che effetto fa vedere, dopo aver combattuto per le primarie quasi in solitudine, ben tre candidati? Hanno approfittato di questo tuo risultato?

La mia decisione di candidarmi risale al luglio scorso. Sino a novembre Francesca Balzani mi ha sostenuto e incoraggiato ad andare avanti, dopodiché ha deciso di scendere in campo anche lei. Sinceramente non me l’aspettavo, mi ha amareggiato. In questi ultimi giorni mi ha invitato più volte a fare sintesi con lei, dopo che nemmeno un mese fa aveva detto che non si riconosceva nelle mie visioni politiche. Comunque rispetto la sua scelta e vado avanti con ancora più determinazione.
Quanto a Sala, è un uomo dei numeri; l’ho conosciuto quando faceva il city manager della Moratti. E come uomo dei numeri deve ancora illustrarci chiaramente i bilanci di Expo.
Comunque la partita è aperta. Questo sabato e domenica gli elettori esprimeranno liberamente le proprie preferenze sui candidati. Per me riuscire a fare le primarie è stata una grande vittoria. Fino a qualche mese fa nessuno ci credeva. Invece si sono fatte e si sono state trasformate in una competizione bella, libera e popolare. 

Se dovessi individuare alcune cose che ti separano dal candidato sponsorizzato da Renzi, Sala, e dalla Balzani, quali sarebbero?

Al posto di Balzani non avrei mai tagliato le spese da 190 a 170 milioni di euro, come ha fatto lei nel giugno 2013 quando era assessore al Bilancio. Inoltre ha dichiarato che la mia proposta sul reddito minimo comunale, una delle ossessioni della mia campagna, è demagogica. Io lo considero il più grande intervento contro le povertà mai sperimentato in Italia. Pertaltro siamo l’unico Paese in Europa, assieme alla Grecia, che non ha misure strutturali di sostegno al reddito. Sarebbero sufficienti 50 milioni di euro. 27 sono già a bilancio, 11 arriveranno dalla legge di stabilità per interventi contro l’emarginazione. Dovremmo trovarne soltanto altri 12. Mi sembra più demagogico sostenere di voler rendere gratuiti i mezzi di superficie. Includendo tra i beneficiari anche chi, invece, può e deve contribuire al servizio pubblico.

E Sala?

Sala, per quanto mi riguarda, non è stato abbastanza netto nei confronti di Cl, con cui io invece escludo categoricamente qualsiasi tipo di confronto, perché rappresenta davvero il peggio della politica per Milano.

Arriviamo ai contenuti… Tutti ti riconoscono un gran lavoro come assessore e risultati importanti. Che cosa pensi sia ancora indispensabile fare per Milano? E perché non è stato fatto in questi anni…

Abbiamo fatto tanto, ma dobbiamo fare molto di più. Oltre al sostegno al reddito, dobbiamo risolvere la questione abitativa. A Milano ci sono 9500 case vuote e 21mila persone senza casa. E’ una vergogna intollerabile. La nostra dev’essere una città che mette al centro le persone. Dobbiamo avviare progetti di rigenerazione, di recupero delle case e degli spazi inutilizzati – penso al nodo degli scali ferroviari che non abbiamo saputo sciogliere -, di aggregazione sportiva. Cominciamo a destinare i 30 milioni di euro previsti per gli interventi di recupero in Galleria Vittorio Emanuele alla realizzazione di programmi di socialità e aggregazione sportiva. La galleria può essere facilmente restaurata con finanziamenti privati. E altri 70-80 milioni si potrebbero recuperare vendendo lo stadio Meazza.

Quali sono gli umori delle milanesi e dei milanesi. Quali sono le proposte che stanno emergendo dalla base? Se stanno emergendo.

Conosco a fondo questa città perché ho sempre fatto politica consumando le suole, andando nei singoli quartieri, incontrando esponenti dei consigli di zona, disabili, famiglie, anziani, ma anche migliaia di persone comuni con problemi comuni. E’ questo contatto con le persone che ha sempre alimentato e continua ad alimentare ogni giorno la mia passione politica. Le sensazioni, il calore che percepisco nei miei confronti nei mercati e nelle strade sono ottimi. Per me valgono più di mille sondaggi.

Di recente ti sei esposto su alcune questioni: l’assessore per le tematiche omosessuali (LGBT) e la questione delle Moschee. Hai anche ricevuto minacce per questo. Banalmente mi viene da dirti: non hai paura?

Alle minacce di morte ho risposto dicendo che nulla ci farà retrocedere di un passo sulla strada dell’integrazione culturale e religiosa. Milano ha voltato pagina nel campo dei diritti, l’ha dimostrato anche la grande partecipazione alla manifestazione per le famiglie arcobaleno. Una città veramente europea non può non favorire diritti fondamentali come il diritto al culto o alle unioni civili per le coppie omosessuali. A Milano abbiamo già dato vita al Registro delle unioni civili e alla Casa dei diritti. Nel futuro prossimo mi piacerebbe che nella mia giunta vi fosse un assessore espressione diretta del movimento LGTB.

Viviamo in un mondo globalizzato e complesso. L’esempio di molte altre città europee potrebbe essere importante anche per la politica di casa nostra. Hai pensato magari alle esperienze di città come Berlino, Londra o Parigi? Su certi temi sono molto avanti. Per esempio a Berlino tre religiosi (un rabbino, un imam e un prete) stanno raccogliendo fondi per creare uno spazio di culto per tutte e tre le grandi religioni. Con un grande sostengo della popolazione. Anni di investimenti in programmi di sensibilizzazione per una città “tollerante”. Ma gli esempi sono tanti, uno su tutti: la mobilità sostenibile. Utopia per Milano o un possibile percorso di sviluppo possibile?

Il sindaco di Londra Ken Livingstone, assieme alle sindache di Madrid e Barcellona, è tra i miei ispiratori. Il tema dell’assegnazione dei luoghi di culto resta cruciale per la nostra amministrazione; quanto alla mobilità sostenibile e alla politica ambientale, la mia ambizione è superare le altre capitali europee con un programma ancora più radicale. Ho detto chiaramente che voglio una città senz’auto entro il 2030 ed edifici pubblici alimentati da rinnovabili entro il 2035. Una città a emissioni zero. Guardando più vicino: entro il 2017 la costituzione di una low emission zone intorno alla città, entro il 2021 l’estensione dell’area C. E poi piste ciclabili continuative, tetti verdi su tutti gli edifici, tram più veloci e semafori intelligenti. Una città ecologica non è un’utopia: è un impegno da prendere oggi per le generazioni di domani.

Ultima domanda prima di salutarci: che cosa ti aspetti da questa campagna elettorale e che cosa ti auguri per il futuro di Milano e del Centro-Sinistra, che sembra oggi molto diviso, anche a livello locale.

Il futuro di Milano deve vedere – ribadisco – la persona al centro: politiche sociali e ambientali, tutela dei più fragili, uguali diritti per tutti. Sono cresciuto facendo politica e, come ho ripetuto più volte di recente: ci sono, ci sono sempre stato e sempre ci sarò. Al di là delle possibili divisioni della Sinistra.

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