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Tutte le tensioni dopo la riforma delle Bcc

La riforma di Federcasse è stata riformata. E’ quello che si sente sibilare in alcune Banche di credito cooperativo dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del provvedimento che rivede la governance degli istituti territoriali.

TENSIONI PALAZZO-CHIGI-TESORO

Il Consiglio dei ministri ha infatti modificato profondamente il testo del decreto legge presentato dal ministero dell’Economia retto da Piercarlo Padoan, che prevedeva in accordo con la federazione delle Bcc presieduta da Alessandro Azzi, una sola capogruppo per le oltre 360 banche del sistema. Alle banche più grandi il governo ha deciso di dare la possibilità di sganciarsi, ma tutti i passaggi tecnici del «way-out» non sono stati definiti dal Consiglio, e devono essere approfonditi.

LA SOLUZIONE APPROVATA

La soluzione trovata dal governo è di permettere a chi ha un patrimonio minimo di 200 milioni di uscire di fatto dal sistema e di trasformarsi in spa, pagando un’imposta straordinaria pari al 20% delle riserve che confluirebbero nella neonata società per azioni. Ma così Federcasse, l’associazione delle banche cooperative che aveva promosso l’autoriforma con la holding unica, appoggiata da Bankitalia e fatta propria dall’Economia, vede il progetto andare in fumo”, ha sottolineato Mario Gerevini del Corriere della Sera.

LE CRITICHE

Una scelta, quella del governo che va «in senso contrario rispetto a quello perseguito, in quanto favorisce la frammentazione bancaria e finisce con lo scoraggiare il fare banca con finalità mutualistiche», ha detto il presidente di Federcasse, Alessandro Azzi, auspicando una modifica. Maurizio Ottolini, vicepresidente di Confcooperative parla di «violenza istituzionale» e ricorda i tempi del fascismo, mentre Mauro Lusetti, presidente di Lega Coop, la definisce una scelta che «danneggia il mondo cooperativo e l’intero Paese». Anche l’associazione Acli ha criticato la decisione dell’esecutivo sul punto in questione.

LE BANCHE 

Ma chi potrà utilizzare la “scappatoia” decisa dall’esecutivo. Scrive Laura Serafini del Sole 24 Ore: “La spinta per ottenere una via d’uscita rispetto al gruppo unico è arrivata da sette Bcc che non aderiscono a Federcasse, tra cui la banca di Cambiano, banca di Castagneto Carducci, banca di Pisa, banca di Viterbo, banca di Anagni, banca di Conversano”. Tra le associate che invece non condividono l’autoriforma – aggiunge il Sole – ci sono Cassa di Padova, Banca di Bari, Banca di Bologna, mentre più possibilista è Chianti Banca”. Di queste solo Cassa Padana, Chianti Banca e Bcc Cambiano superano la soglia dei 200 milioni”. Chiosa del Sole: “Diventare una banca a fini di lucro dopo anni in cui si è fatto credito cooperativo può rivelarsi meno semplice di quanto si possa pensare”.

CHE SUCCEDE TRA LAZIO E TOSCANA

Anche se la tentazione da parte delle maggiori Bcc c’è di non far parte della holding unica, la maggiore Bcc italiana, ha più volte ribadito la volontà di restare nel gruppo delle altre Bcc. Lo ha confermato oggi il direttore generale, Mauro Pastore, in una intervista al Sole 24 Ore. Altre, invece, stanno valutando. A partire – scrive il quotidiano la Repubblica – “dalla toscana Banca di Cambiano. Il presidente della Bcc, Paolo Regini, plaude alla possibilità di star fuori: «Rispetto al testo originale il decreto varato dal governo contiene un forte elemento d’innovazione, offre flessibilità a chi vuole seguire la propria strada. E’ quello che volevamo, lo considero un fatto di libertà ed è giusto averlo previsto, non si può obbligare tutti ad uno stesso percorso», sostiene. Che poi la Bcc di Cambiano segua davvero questa strada è ancora tutto da vedere”.

L’ESEMPIO DI CAMBIANO

«Per stare fuori dalla holding dovremmo pagare 50 milioni di euro, dieci anni di utili dell’istituto. Se fosse stato solo il 5% sarebbe stato meglio, non è una legge fatta per noi», ha aggiunto il presidente della Bcc più antica d’Italia. Che non chiude le porte nemmeno all’ipotesi di «una Spa unica, assieme a Chianti Banca», cioè all’altra Bcc toscana che possiede sulla carta i requisiti per trasformarsi in spa. “Insieme ad altre Bcc locali (la Bcc di Pisa e Fornacette e quella di Castagneto Carducci), Cambiano fa parte del gruppo Cabel, che eroga servizi alle Bcc della regione, rimarcano Vittoria Puledda e Massimo Vanni del quotidiano la Repubblica.

COSA SCRIVE IL FATTO QUOTIDIANO

Su Cambiano si dilunga il Fatto Quotidiano che scrive dell’attivismo degli istituti toscani “che cercano di creare un nuovo polo regionale”. La Bcc di Cambiano ha sede a Empoli ed è “renzianissima”, scrive Marco Palombi sul giornale diretto da Marco Travaglio. Anzi, “lottianissima”, visto che dirigente ne è Marco Lotti, padre del sottosegretario, secondo il Fatto. Il presidente è Paolo Regini, già sindaco Ds di Castelfiorentino, marito della senatrice Laura Cantini, sostenitore del premier dalle primarie del 2012, quando Cambiano fu la banca di appoggio per il fund raising”.


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