“Non siamo l’Ente Nazionale Risi e nemmeno, absit iniuria verbis, l’Associazione Teatrale Pistoiese, ma una grande impresa che si occupa della costruzione, gestione e manutenzione di strade, con un’attività, un fatturato e un numero di addetti neanche lontanamente paragonabili” con la pletora delle 8.000 partecipate pubbliche che la riforma Madia andrà a razionalizzare e tagliare con indubbi benefici sul debito pubblico.
COSA HA DETTO ARMANI IN SENATO
Queste tostissime parole di Gianni Armani, chiamato 9 mesi fa dal ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, alla guida di Anas, stanno facendo discutere non poco politici, istituzioni e addetti ai lavori. Armani le ha pronunciate ieri davanti ai senatori della commissione Lavori pubblici, dove di fatto ha attaccato quel decreto che dai vertici dell’Anas è considerato una sorta di camicia di forza. Il provvedimento, ha scandito Armani, “lede completamente” Anas incidendo “fortemente sulla gestione industriale”. Ecco gli effetti del decreto secondo i vertici dell’azienda: rende “inapplicabili alcune azioni del Piano industriale” e impedisce di assumere 1.000 operatori su strada per controllare e migliorare una rete di oltre 25.544 chilometri.
COME USCIRE DALLA PA
Dalle parole del numero uno di Anas, i senatori hanno evinto che Armani è pronto a dimettersi se non verrà confermato nei fatti quel percorso di autonomia finanziaria e di uscita dal perimetro della Pubblica amministrazione previsto e concordato con il ministro Delrio. Un percorso che “c’è” ma che “bisogna capire se si vuole percorrerlo o meno”. Per compensare le minori entrate derivanti dagli attuali trasferimenti in caso di uscita di Anas dal perimetro della Pubblica amministrazione, Armani aveva individuato un meccanismo di storno verso Anas di parte delle accise su carburanti che spettano allo Stato. Il meccanismo sembrava pronto in tempo per la legge di Stabilità ma ora, ha lamentato Armani senza tanti giri di parole, segna “decelerazioni e inversioni di rotta preoccupanti” che non fanno capire quale sia la destinazione di Anas: “Se si sceglie di rimanere nella P.a. allora meglio un commissario rispetto ad un ingegnere manager che ha lavorato sempre nelle aziende”. L’ingegnere manager è lui, Armani. “L’Anas – ha fatto notare l’amministratore delegato in commissione Lavori pubblici del Senato – è l’unico soggetto rilevante nell’ambito del sistema industriale italiano incluso nel perimetro finanziario della Pubblica Amministrazione con il conseguente assoggettamento a vincoli normativi incompatibili con il ruolo di concessionario di mercato”.
I NUMERI DI ANAS E L’ESEMPIO FS
Quasi 2 miliardi di fatturato (esattamente 1,879 miliardi di valore di produzione nel bilancio 2014) e oltre 6.000 dipendenti (quasi tutti a tempo indeterminato) fanno di Anas “un organismo industriale” per il quale “è assolutamente inaccettabile il meccanismo di blocco di decisioni” previsto da chi opera nel perimetro della P.a. come vuole il decreto Madia. Il modello che Armani immagina per Anas è invece quello di Fs. Cioè renderla una società “capace di poter operare sul mercato dei capitali senza dover pesare sul bilancio statale, con regole e opportunità simili ad altre aziende pubbliche che risultino compatibili con la sua funzione di prima stazione appaltante”.
I VERI OBIETTIVI DI ARMANI
Ma a chi erano diretti i siluri di Armani e la minaccia di dimissioni? Chi sono i veri responsabili dell’arrabbiatura del numero uno dell’Anas? Secondo la ricostruzione di Formiche.net, in primis gli strali hanno come obiettivo la Ragioneria Generale dello Stato e burocrati del ministero dell’Economia. Motivo? Non avrebbero ancora dato il via libera al progetto di Armani, condiviso peraltro dai vertici del governo tramite il ministro Delrio, sul potenziamento finanziario dell’Anas connesso allo sganciamento dell’azienda dal perimetro della Pa. Ma su questo il governo e la stessa azienda avrebbero incontrato perplessità e ostacoli anche da Istat e da Eurostat. Inoltre, in materia di personale, Anas non riuscirebbe ad assumere nuovi dirigenti o ingegneri perché deve sottostare all’obbligo previsto per le controllate dal Tesoro di assumere per lo più personale in esubero da altre partecipate pubbliche.
IL PARERE DI UN ADDETTO AI LAVORI
A conferma della ricostruzione di Formiche.net, c’è l’analisi di un addetto ai lavori: “L’ipotesi tariffa non ha convinto i burocrati del Ministero dell’Economia. Alternative sarebbero il pedaggiamento autostradale, ma politicamente è poco spendibile”. Conclusione: “Armani è in un cul de sac: non può riformare Anas sino in fondo (con uno stipendio bloccato a 240 per lui e per tutta la sua dirigenza) perché anche sotto il giogo di Corte dei Conti e dell’Anac di Cantone se Anas non esce dalla Pubblica amministrazione. Ma così com’è non può uscire dalla Pubblica amministrazione. Per questo pensa davvero, o almeno per ora minaccia soltanto, di dimettersi”.