Ritorno al passato. Al momento della crisi più nera, l’estate del 2012, con lo Stoxx600 bancario ai livelli pre Omt. E se possibile in una posizione ancora peggiore con liquidità, sostenibilità del debito e capitale bancario tutti a rischio contemporaneamente. “Si tratta di un momento della verità per l’Eurozona – scrive in un report il capo analista di Mediobanca Securities Antonio Guglielmi – e il cupo outlook globale non aiuta a raddrizzare una crisi auto-inflitta dai policymaker che trova le banche europee impreparate ad affrontare le contraddizioni di una unione bancaria incompleta”.
CORE VS PERIFERIA
Le richieste della periferia di un sistema maggiormente mutualistico si scontrano con la volontà dell’Europa di ponderare per il rischio anche i bond governativi. “Il dibattito – scrive Guglielmi – rimane aperto. L’Ead, ovvero la misura del rischio di esposizione relativa ai governativi, è al 17% del parametro totale, ammonta cioè a 3,5 trilioni di dollari. Il 70% di questa cifra è formato da bond governativi dell’Ue. I Paesi periferici hanno incrementato la loro Ead verso i governativi del 40% dal 2011, con il 70% catalogati come Afs (disponibili per la vendita) contro il 45% di media europea, il che penalizza il Cet1”. Simulando una ponderazione per il rischio del 20% sui bond tedeschi e francesi e del 40% su quelli spagnoli e italiani che si applica su 580 miliardi di euro in governativi, ovvero il 5% degli asset e 1,2 volte il Cet1, “in media vediamo un 5% di aumento nei Risk-weighted assert e una diminuzione di 50 punti base di Cet1 – continua Guglielmi – cifre che possono più che raddoppiare per le banche italiane e le piccole spagnole”.
LE IPOTESI DI MEDIOBANCA
Assumendo una soglia del 25% per i bond domestici le banche dovrebbero cedere 300 miliardi di euro di obbligazioni, la metà in Italia. “Mettendo a rischio il 3,3% del margine da interesse netto (Nii), con punte di circa il 7% per Intesa e Unicredit e ben oltre il 10% per le Popolari – spiega Guglielmi – Le banche della periferia trattano a 0,7 volte il patrimonio netto tangibile con un rendimento di questo patrimonio (Rote) 8%. Un gap di valutazione che si fonda su molte ragioni, ma che implicitamente sconta un haircut del 30% su Bonos e Btp in media”.
HAIRCUT DEL 40%?
Cosa accade alle nostre banche se passa la versione tedesca della ponderazione per il rischio sui bond governativi? Lo scenario è da lacrime e sangue: con un taglio del 40% per i Btp, oltre 100 punti base di erosione per Creval, Ubi, Banca popolare di Sondrio, Mps e Bpm. Tra gli 80 e i 100 per le due big, Unicredit e Intesa. Più in dettaglio, con una svalutazione del 40% dei Btp l’impatto sarebbe di 81 punti base sul Cet1 di Unicredit e 94 per Intesa che invece, dalla fissazione di un tetto del 25% sul possesso di titoli italiani dovrebbero vendere rispettivamente 43 e 32 miliardi di euro di Btp con un taglio del margine da interesse del 7% per la prima e dell’8% per la seconda. La banca meglio posizionata in Italia è Credem che vedrebbe una contrazione del Cet1 solo di 69 punti e sarebbe costretta a cedere un solo miliardo di Btp con il Nii in calo del 3%. Contenuto l’impatto anche su Popolare dell’Emilia che perde solo 63 punti in termini di Tier1 e l’8% in Nii. All’estremo opposto c’è la Popolare di Sondrio, il cui Nii calerebbe del 25% com la vendita di 7 miliardi di Btp e una perdita di 119 punti base di Cet1. Il patrimonio più colpito in questa ipotesi è quello di Banco Popolare (-169 punti base il requisito Tier1 e il 21% in meno in termini di margini con la 17 miliardi di titoli). Seguono a ruota Creval (-138 punti sul Cet1), Ubi (-127 punti), Mps (-114) e Bpm (-110) con perdite a due cifre in fatto di margini da interesse.
PUNTARE ANCORA SULLE BANCHE?
Allora, conviene ancora puntare sulle banche dell’Eurozona? Mediobanca dice buy, ma ammette che si tratti di una posizione sempre più speculativa. E questo vale a maggior ragione per gli istituti di credito domestici. La questione della ponderazione per il rischio dei Btp è rilevante e con un’ipotesi di un 40% l’effetto più dirompete sarebbe proprio per l’Italia, con un taglio di 100 punti base sul Cet1 (85 per le piccole spagnole, che diventano 50 punti includendo anche Santander e Bbva). La buona notizia è che l’Italia sta iniziando a dire no. “Troppi sì, dal bail-in fatto in fretta e furia all’adesso dimenticato Fiscal Compact – continua Guglielmi – per non dimenticare la Grecia che sta ancora aspettando la ristrutturazione del suo debito. Le recenti critiche al bail-in da parte del governatore di Bankitalia, insieme alla forte posizione del ministero delle Finanze sulla ponderazione per il rischio dei governativi sono finalmente segnali di discontinuità. C’è ora spazio per un compromesso più bilanciato ora”, che potrebbe aiutare le banche a uscire dalla attuali valutazioni sotto pressione, a partire proprio dalle italiane e dalle spagnole.
ALCUNI PREZZI INCORPORANO LE SVALUTAZIONI
Banche italiane sotto pressione dunque. Ma i prezzi dei titoli bancari non caleranno, con ogni probabilità, almeno non tutti. Perché trattano a sconto e implicano svalutazioni sui governative ben maggiori di quelle ipotizzate da Mediobanca. Lo si afferma con numeri dettagliati nel report: alle quotazioni attuali Unicredit sconta una svalutazione dei Btp del 53%, Mps del 37%, Banca dell’Emilia Romagna del 42% e Banco Popolare del 26%. Per Intesa (svalutazione incorporata nei prezzi 9%), Credem e Bpm (11%), Sondrio (10) e Creval (19%) la musica cambia.