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Monte Paschi di Siena, Ubi, Carige. Perché la Gacs non eccita analisti e gestori

La bad bank, nella sua versione soft e italiana della Gacs, risolverà l’annoso problema delle sofferenze bancarie? Formiche.net lo ha chiesto agli analisti e ai gestori e la risposta è stata un no piuttosto netto.

LE ORIGINI DELLA GACS
In generale, “dall’inizio di quest’anno – rileva Debora Liuzzi, institutional advisory Jci Capital Limited – è cresciuto il sospetto della scarsa qualità dei crediti erogati dalle banche, in particolare dei crediti in sofferenza che, solo nel sistema bancario italiano rappresentano circa 200 miliardi di euro. Il tutto è stato scatenato da un questionario della Bce inviato alle banche, italiane ed europee, in relazione alla metodologia utilizzata nella gestione dei crediti non performing, richiesta in linea con il nuovo ruolo di vigilanza bancaria che la banca centrale ha assunto da poco più di un anno. Il questionario è stato erroneamente interpretato come una vera e propria indagine inquisitoria, alimentando il forte timore di ulteriori aumenti di capitale nel sistema”. L’ampio calo subito dai titoli bancari ha reso necessaria un’accelerazione nella trattativa con la Commissione Europea rispetto alla creazione di una bad bank senza un supporto governativo tale da essere considerato un aiuto di stato. “Il negoziato si è concluso con la creazione, su richiesta degli istituti di credito, di differenti veicoli specializzati, SPV (Special Purpose Vehicle), uno per ciascuna banca, in cui i bond senior potranno godere di garanzie da parte del governo a prezzi di mercato, dette GACS (Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze) – spiega Liuzzi – Sebbene sia un primo concreto passo nella giusta strada per la gestione di un fardello pesante per le banche italiane, si tratta un processo lungo e complesso che va necessariamente accompagnato da una riduzione dei tempi relativi alle procedure concorsuali, al fine di permettere alle banche di liberare capitale attualmente impegnato in accantonamenti”.

GLI NPL ITALIANI SONO DIVERSI DA QUELLI EUROPEI
“Il problema delle sofferenze bancarie italiane – dice a Formiche.net Alessandro Picchioni, presidente e direttore investimenti di WoodPecker Capital – ha un grado di complessità nettamente superiore a quello di altri Stati europei per diverse ragioni. In primis i “cattivi prestiti” italiani non hanno una radice riconducibile ad un singolo evento come poteva essere il crollo del mercato immobiliare spagnolo e irlandese o l’ acquisto di titoli tossici da parte delle banche tedesche. In Italia i crediti in sofferenza sono la risultante dell’atavica sottocapitalizzazione delle aziende italiane, sottocapitalizzazione che è stata di fatto trasferita al sistema bancario durante questo periodo di crisi prolungata. In pratica le banche italiane hanno assorbito nei propri crediti decenni di malversazioni sulle pratiche creditizie e la deflazione che si è abbattuta sull’economia globale”. La bad bank per l’Italia di conseguenza deve essere differente da quella irlandese perché deve affrontare e gestire una granularità di crediti deteriorati molto più complicati e di natura eterogenea. “Granularità – continua Picchioni – è la parola che ha utilizzato Mario Draghi in una conferenza stampa della Bce, usata non a caso perché si tratta di una sorta di invito a che la gestione della dismissione delle sofferenze sia molto oculata. In altre parole, l’invito del governatore è a non venderle in blocco a qualche hedge fund a prezzi stracciati ma a cercare di farlo in modo mirato dopo un’attenta disamina granulare”. Altro elemento cruciale per una dismissione dignitosa dei crediti deteriorati sarebbe una riforma delle procedure fallimentari, riforma da fare prima delle dismissioni, e il legislatore dovrebbe agire con la massima risolutezza e celerità in modo da rendere più appetibili le sofferenze agli investitori. “Siamo fermamente convinti – conclude Picchioni – che la gestione del problema bancario rappresenti una sfida fondamentale per il governo ed una eventuale soluzione sia una condizione necessaria per la ripresa economica. Una volta dismessi efficientemente ed economicamente i crediti deteriorati, una volta terminate quelle politiche creditizie spesso clientelari e sicuramente poco scientifiche, con la nuova erogazione dei crediti assurta a divenire una funzione algoritmica che esula dal capitalismo relazionale del passato, il Paese avrà voltato pagina soddisfacendo la precondizione per ogni tipo di ripresa economica in un sistema capitalistico, quella di avere un sistema bancario sano ed efficace”.

SOLUZIONE PER SINGOLE BANCHE (LEGGI MPS)
E la Gacs risponde a queste caratteristiche? “Non è la soluzione migliore – dice Paolo Balice, presidente AIAF-Associazione Italiana degli Analisti e Consulenti Finanziari – perché sono escluse dalle garanzie le tranches junior, ma si tratta di una soluzione che più aiutare alcune singole banche (leggi MPS), che risparmierebbero un costo sulla parte senior grazie alla garanzia e quel risparmio è utile per avvicinare il prezzo di vendita delle tranche junior al loro valore contabile (è questa differenza quella che può far emergere una perdita). Insomma è stato partorito un topolino, ma il topolino può essere utile”. Secondo Balice l’ipotesi irlandese “ma soprattutto quella spagnola sarebbe stata la migliore anche per noi ma pare che siamo arrivati fuori tempo massimo. L’unica “soddisfazione” è stata quella di non essere stati soggetti ad alcun programma di aiuti con relativa Troika o Memorandum of understanding da firmare. In ogni caso le sofferenze non possono mai essere eliminate del tutto. Può esserne ridotto l’ammontare ma ci vuole tempo, soprattutto dopo due recessioni così ravvicinate come quelle che ha subito l’Italia. Il progetto bad bank può aiutare a ridurle più velocemente in alcune banche se si riuscirà a trovare una soluzione per rendere appetibili soprattutto le tranches junior sul mercato ed evitare eccessive perdite per le banche coinvolte. Dovrà poi accelerare quel processo di aggregazioni, soprattutto popolari ma anche Bcc, sul quale il mercato probabilmente puntava già nel 2015 e che faticano ad arrivare”.

MERCATI NEL PANICO
Il mercato in effetti non ha reagito positivamente all’accordo europeo sulle banche italiane. “La soluzione – afferma Hannah Piper, gestore European Equities di Schroeder – non è la svolta che molti si aspettavano. Senza giri di parole, non si tratta di una bad bank, ma piuttosto di uno schema che permette alle banche di disfarsi di alcuni dei propri NPL a favore degli investitori privati. È importante sottolineare che siamo soltanto all’inizio di questo processo e che mancano ancora i dettagli più importanti, pertanto persiste una significativa dose d’incertezza. La buona notizia è che tale schema funziona su base volontaria: ciò aiuterà ogni banca a liberarsi nel tempo di alcune delle proprie sofferenze attraverso un processo molto selettivo (lo schema sarà aperto per 18 mesi con la possibilità di rinnovo). La cattiva notizia è che crediamo che ciò sarà soltanto parzialmente d’aiuto. Non sembra essere un processo di pulizia dei bilanci appropriato, che ripristini la completa fiducia e profittabilità del sistema bancario italiano: al momento, i prezzi di mercato non rendono vantaggioso disfarsi dei proprio NPL”. Schroder ha già un’esposizione sulle banche italiane che crede possano trarre beneficio da altri fattori, come “la ripresa dell’economia italiana, il consolidamento nel settore delle banche popolari e le riforme del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, come la legge sul pignoramento per velocizzare il processo sui NPL”.

DOVE BUTTO LA SPAZZATURA
“La bad bank? – dice Gian Paolo Bazzani, ad di SaxoBank Italia – è spostare la pattumiera da casa alla discarica, ma non la elimini. Molto importante capire qual è il tasso di sconto sui crediti ceduti: la misura di questo tasso può fare la differenza tra un’operazione più o meno riuscita. Non a caso il mercato ha tremato di fronte all’imminente svalutazione dei crediti deteriorati che le banche italiane dovranno contabilizzare per la partecipazione al progetto di bad bank; non hanno aiutato le simulazioni di Moody’s, con cui l’agenzia ha ricordato che la garanzia pubblica supporta il collocamento, ma non impatta sulle perdite da svalutazione. La pulizia dei bilanci nostrani consiste infatti in un programma di cartolarizzazioni garantite dallo stato: strumento per niente innovativo, oggetto di ampi dibattiti e del j’accuse alle agenzie di rating per la responsabilità nella crisi del 2007, il cui mercato è ormai morto”.

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