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Vi spiego ragioni e torti nella querelle sui titoli di Stato nelle banche. Parla il prof. Barucci

In linea di principio “Germania e Olanda hanno ragione quando dicono di voler spezzare la commistione tra Stato e banche” e chiedono per questo di limitare l’acquisto di bond domestici agli istituti dell’Eurozona “ma bisogna arrivare a questo traguardo per gradi: una misura del genere applicata subito sarebbe una vera e propria tagliola e avrebbe un effetto devastante per il nostro Paese”.

È quello che pensa e propone Emilio Barucci, 48 anni, professore ordinario di metodi matematici dell’economia e delle scienze attuariali e finanziarie al Dipartimento di Matematica del Politecnico di Milano, uno dei massimi esperti di finanza quantitativa e mercati finanziari. “Diciamolo in un altro modo – dice in una conversazione con Formiche.net – se l’operazione andasse in porto in tempi rapidissimi sarebbe una misura che colpirebbe determinati Paesi che è vero che sono i più discoli dell’Eurozona ma è anche vero che sono quelli che hanno capito la lezione e faticosamente stanno sopportando riforme non da poco, tra cui pure l’Italia”.

Perché allora Germania e Olanda insistono con questa proposta?

Il punto su cui i tedeschi e gli olandesi hanno ragione – ma anche Mario Draghi l’ha detto – è che i titoli governativi sono rischiosi perché vi è un rischio legato a questi titoli. Questo crea turbolenze e loro vogliono essenzialmente garantire la stabilità dell’Eurozona limitando l’intreccio banche-Stati. Gli stress test di qualche giorno fa hanno confermato che si va in questa direzione. La mia proposta è di mettere in campo un’analisi per determinare i coefficienti di rischio che le banche devono applicare ai titoli governativi in termini di capitale. Vediamo cosa succede, come si sviluppa il loro portafogli e, se, tra qualche anno vi è un peso ancora eccessivo di detenzione di titoli di Stato allora si potranno introdurre dei vincoli, come quello del 25% di cui si sta discutendo. Ma questo deve arrivare alla fine del percorso, se lo si decidesse subito sarebbe solo una regola punitiva, una tagliola per certe banche e per certi stati.

Cioè lei dice che il passaggio giusto sarebbe definire il capitale aggiuntivo che ciascuna banca debba avere, una sorta di riserva, per acquistare titoli di Stato. È giusto?

Esattamente. Se io compro, faccio un esempio, l’obbligazione Telecom debbo detenere un capitale aggiuntivo perché questo titolo è rischioso, potrebbe fallire. Attualmente questo per i bond governativi non succede. Ecco la convergenza andrebbe cercata su questo punto. Vuoi avere in portafoglio titoli di stato, devi avere una specie di “cassaforte garantita” perché i mercati siano tranquilli. Una specie di “assicurazione” – ma non è il termine adatto – sul titolo.

Ma non sarebbe più giusto rinviare la partita quando ci sarà un’Unione di bilancio europea che potrà emettere titoli federali unici?

Questo mi piacerebbe molto vederlo. Il governo italiano nel suo documento ha posto i punti giusti su cui discutere. Non possiamo parlare di ministro unico della finanza dell’Ue se non c’è un bilancio comune e, soprattutto, se non vi è una condivisione dei rischi, quindi la tutela sui depositi e l’emissione di eurobond. Purtroppo la Germania non è quello che ha in mente. La cancelliera Merkel vuole mettere sotto controllo i Paesi più “indisciplinati” con alto debito pubblico e bassa crescita, ma senza pagare dazio. I tedeschi su questo non molleranno di un centimetro.

Altro tema riguarda il rating che le agenzie internazionali danno al nostro Paese: BBB-. Marco Fortis sostiene che sia assurdo che l’Italia sia paragonata alla Romania. I nostri fondamentali sono solidi, grazie alle ricchezze private. Condivide questa analisi?

Mi dispiace ma non mi trovo d’accordo. È vero che abbiamo un basso debito privato, questa è certamente una risorsa, ma non dobbiamo mischiare le mele con le pere. L’emittente è lo Stato che ha un elevato debito pubblico e se non ce la facesse a pagare i suoi debiti che fa? Li chiede ancora una volta ai suoi contribuenti? E come? Con un prelievo fiscale? Alzando le tasse? Insomma abbiamo già visto come è stato difficile e complicato eliminare l’unica vera patrimoniale che si pagava in Italia – mi riferisco all’Imu – figuriamoci se in paese che ha una pressione fiscale tra le più alte al mondo i suoi contribuenti sarebbero contenti di vedersi drenare le proprie risorse. Ecco mi sembra un discorso non convincente.

Ma lei pensa che oggi esiste un pericolo di solvibilità italiana? Ha visto gli attacchi dei mercati nei giorni scorsi…

Il debito pubblico rimane, non c’è dubbio. Ho l’impressione che o torniamo a crescere in modo significativo o facciamo davvero una cura dimagrante della spesa pubblica. Altrimenti non ne usciamo. Il problema di solvibilità non è immediato però c’è un problema di competitività del Paese nel suo complesso.

C’è il rischio di vedere il film visto con la crisi dei titoli sovrani nel 2012?

Finché c’è l’ombrello di Mario Draghi non credo possa accadere. Il problema è che questo aiuto della Bce non durerà a lungo e poi i problemi vanno affrontati di petto e non mi sembra che siamo ancora nella direzione giusta.

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