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Wikileaks, ecco perché gli Usa spiavano Berlusconi e Valentini

Non c’era affatto bisogno delle intercettazioni della Nsa (National security agency), rivelate ora da un settimanale, per scoprire che gli americani spiavano Silvio Berlusconi e il suo entourage. Basta rileggere i rapporti top secret dell’ambasciatore Usa quando il Cavaliere era al governo, rapporti svelati da Wikileaks già nel 2010, e pubblicati integralmente in un saggio di Mimmo Franzinelli e Alessandro Giacone («La Provincia e l’Impero»; Feltrinelli). In quei documenti, firmati dall’allora ambasciatore Usa, Ronald Spogli, erano indicate con grande chiarezza le ragioni per cui gli americani tenevano sotto controllo Berlusconi. Ragioni riconducibili in primo luogo ai suoi rapporti personali con Vladimir Putin, considerato un amico dal Cavaliere, ma un pericoloso nemico da contrastare per gli americani. Il che, vista la reazione Usa di questi giorni («Intercettiamo chi ci pare»), fa sorgere il dubbio che lo stesso trattamento sia stato poi riservato ai successori di Berlusconi, compreso Matteo Renzi, che non a caso ha fatto convocare l’ambasciatore Usa.

Soffermiamoci, qui, sui cablo segreti di Spogli: cucirli oggi con le spiate telefoniche della Nsa, aiuta moltissimo a capire quanto è accaduto dal 2011 in poi. Non solo l’eliminazione di Berlusconi dalla scena politica europea, ma anche l’affossamento del South Stream, il grande gasdotto Italia-Russia, inviso agli Usa, che vi scorgevano una nuova fonte di entrate per Putin, che ne avrebbe rafforzato il potere. «Quando affrontiamo l’argomento dei rapporti tra la Russia e il presidente del Consiglio italiano», scriveva Spogli il 29 gennaio 2009, «i nostri contatti nel Pdl, il partito di Berlusconi, fanno quasi sempre il nome di Valentino Valentini, un parlamentare dal profilo sfuggente, che ha il ruolo di braccio destro di Berlusconi in Russia, nonostante non sia affiancato da una squadra di assistenti e non abbia neppure un segretario. Valentini, che parla la lingua e si reca in Russia diverse volte al mese, compare spesso a fianco di Berlusconi in occasione dei suoi incontri con i capi di Stato stranieri. Non è chiaro quale sia l’oggetto delle sue frequenti visite a Mosca, ma voci insistenti affermano che si occupa di interessi commerciali di Berlusconi in Russia. I nostri contatti sono unanimi nel ritenere che Valentini, un ex interprete che padroneggia diverse lingue, sia vicino a Berlusconi per quanto riguarda la Russia, ma non in qualità di collaboratore politico”.

Per illustrare lo stretto legame Berlusconi-Putin, Spogli scriveva: «Secondo i nostri conteggi, negli ultimi anni Putin ha avuto più incontri bilaterali con il presidente del Consiglio italiano in carica che con qualunque altro capo di Stato. È stato inoltre il primo capo di Stato a incontrare Berlusconi dopo la sua rielezione. Berlusconi è convinto di intrattenere con Putin intimi rapporti di amicizia personale, e continua ad avere più contatti con lui che con qualunque altro capo di Stato. Nei giorni della crisi georgiana, Berlusconi e Putin hanno parlato ogni giorno per quasi una settimana». Più delle intese in politica estera, a Spogli sembrano interessare quelle sul gas russo, tanto da riportare indiscrezioni «preoccupanti»: «Molti ritengono che Berlusconi e i suoi soci in affari stiano approfittando a titolo personale dei molti accordi italo-russi per le forniture energetiche, traendone profitti ingenti. L’ambasciatore georgiano a Roma ci ha riferito che, secondo il governo georgiano, Putin avrebbe promesso a Berlusconi una percentuale per ogni gasdotto installato da Gazprom in collaborazione con l’Europa».

La bocciatura Usa di Berlusconi è il focus di altri report, sempre centrati sulla sua amicizia con Putin: «Tutti i nostri interlocutori riferiscono che Berlusconi decide in modo arbitrario della politica italiana sulla Russia, e che non ricerca, né accetta il parere altrui. Perfino il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ammette di non avere alcun influsso su Berlusconi quando si tratta della Russia. Il suo (di Berlusconi; ndr) incontenibile desiderio è di restare nelle grazie di Putin».

C’è poi l’attacco all’Eni, colpevole agli occhi di Spogli di «creare un rapporto esclusivo con la Russia e Gazprom, in vista di una cooperazione a lungo termine». Non solo. A suoi occhi, l’Eni ha pure il difetto di contare più della Farnesina: «Basandoci su quanto riferitoci, riteniamo che il presidente del Consiglio Berlusconi riconosca al presidente dell’Eni, Paolo Scaroni, un peso paragonabile a quello del suo ministro degli Esteri. Un esponente del Pd di primo piano ha riferito che la rappresentanza Eni in Russia è più numerosa di quella dell’ambasciata italiana, che invece è a corto di personale».

Nella parte conclusiva del cablo, Spogli sostiene che è urgente «alleviare il problema, inducendo l’Italia a fare marcia indietro su un’influenza dagli effetti corrosivi». E visto che Berlusconi insiste nel proporsi come l’uomo giusto per ricucire i rapporti tra Russia e Occidente, scrive: «Potremmo aiutarlo a tornare sulla retta via indirizzandogli un segnale chiaro, cioè sottolineando che gli Usa non hanno bisogno di alcun intermediario nei rapporti con la Russia». Il seguito della storia è noto: quel «segnale chiaro» è poi arrivato, insieme ai sorrisi di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, e ai maneggi dietro le quinte di Giorgio Napolitano, che nominò Mario Monti prima senatore a vita, e poi premier al posto del Cavaliere. Per completare il quadro, ora mancano all’appello soltanto le intercettazioni di Napolitano e Monti. Quelle sì che sarebbero una bomba.

(Articolo pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)


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