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Uccidere per vedere l’effetto che fa è fatuità schizofrenica non il Male

Uccidere qualcuno sotto una spinta irrefrenabile a fare del male solo per vedere, da vicino, l’effetto che fa: non è il Male che albergherebbe dentro ogni essere umano per cui sarebbe un potenziale assassino, ma è malattia mentale e nello specifico fatuità schizofrenica.

Lo dice, senza esitazione alcuna, lo psichiatra e psicoterapeuta Martino Riggio che, a differenza dello psicoanalista lacaniano Massimo Recalcati, tanto amato da La Repubblica, alla trita storiella del Male insisto nell’essere umano non crede affatto e al Male contrappone la malattia mentale, parola pressocchè abolita dal lessico.

Due studenti universitari trentenni della Roma-bene, apparentemente normali, Manuel Foffo e Marco Prato, di certo non due emarginati, hanno messo in scena al quartiere Collatino un delitto efferato e senza motivo, preparato e programmato nei minimi dettagli, ai danni di un loro amico, il 23enne Luca Varani.

Questa l’analisi dello psichiatra: Purtroppo si fa fatica ad accettare che la malattia mentale, perchè di questo si tratta, stia nella cosiddetta apparente normalità, per cui, come fa Recalcati su La Repubblica, non si nomina neanche la malattia mentale e si cercano altrove le cause, mentre siamo in presenza di un sintomo chiaro di schizofrenia: dire volevamo vedere l’effetto che fa, è fatuità schizofrenica. La droga per me c’entra poco o nulla e con ciò non intendo affatto giustificarne l’uso.

Riggio messa in risalto la lucidità, con cui i due amici, per nulla in stato confusionale, hanno programmato e organizzato il tutto, a cominciare dal festino a base di droga e alcol per finire al ricomporre al meglio il luogo del delitto, rifiuta tassativamente la tesi che ciò sia opera del Male che albergerebbe nell’essere umano, come certa cultura e certa psichiatria, va sostenendo da tempo, e oggi lo fa Recalcati su La Repubblica: ...Nessuna Causa sostiene il passaggio all’atto criminale: il loro solo obbiettivo è quello dell’esercizio del Male.

E di seguito evidenzia come nell’efferatezza del delitto emerga, un altro sintomo chiaramente schizofrenico: è la spinta irrefrenabile a dover fare del male, a uccidere senza motivo. Noi lo chiamiamo delirio di onnipotenza per cui il malato decide della vita e della morte di un altro essere umano.

Torniamo ancora sulla fatuità schizofrenica per metterne bene a fuoco alcune peculiarità. Si tratta di un sintomo particolare per cui ci si imbatte in comportamenti, atteggiamenti, affermazioni, appunto per vedere l’effetto che fa, che risultano inopportuni, incongrui, fuori luogo e fuori contesto, particolarmente strani, chiarisce lo psichiatra e psicoterapeuta che, a questo, lega l’altro sintomo, ossia il delirio di onnipotenza schizofrenico.

Resta il dramma ormai quotidiano e tuttora irrisolto che sconcerta e sconvolge: la cosiddetta normalità a cui occorre aggiungere, per un delitto così efferato e spietato, una coltellata al cuore, l’aggettivo assassina.

Ripeto, purtroppo si fa fatica a parlare di malattia mentale nella cosiddetta normalità per persone ritenute per l’appunto normali. E’ falso – continua Riggio – pensare che parlando di malattia mentale si possa spaventare o criminalizzare tutto il genere umano: per me fa molto più paura e criminalizza di più il pensiero falso che tutti gli esseri umani, come teorizza Recalcati, hanno dentro di loro il Male e quindi possono uccidere come i due autori dell’omicidio di Varani“.

Piuttosto c’e’ da dire che costoro, come Recalcati, che teorizzano il Male dentro l’essere umano probabilmente non sanno distinguere, una psiche sana da una psiche malata, proprio perchè per loro la psiche sana non esiste: in una parola – conclude Riggio – l’essere umano, per costoro, nascerebbe malato e sarebbe tendenzialmente portato a uccidere e ciò non è affatto vero.

E con questo i luminari di una certa cultura, freudiana e lacaniana di ritorno, e di una certa psichiatria, di matrice e orientamento basagliana, sono ben serviti.


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