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In Cina avanza il comunismo reaganiano?

Il 29 ottobre 2015 il Plenum del Partito Comunista Cinese ha approvato il draft del 13° Piano Quinquennale (Shi San Wu ovvero13-5). Secondo la prassi usuale la stesura finale del Piano avrebbe dovuto rotolare placidamente fino alla sessione annuale dell’Assemblea del Popolo, in fase di svolgimento in questi giorni a Pechino. Questa volta però due interventi del Presidente della Repubblica e Segretario Generale del Partito Comunista Cinese, Xi Jinping, in riunioni con esperti economici, hanno fatto fare un bel sobbalzo a tutti gli analisti e commentatori cinesi ed internazionali.

Xi Jinping, infatti, ha espresso ripetutamente il concetto che per mantenere un normale sviluppo economico della Cina occorre incoraggiare i consumi e contemporaneamente fare la riforma strutturale dell’offerta (reform on supply side) migliorando la qualità e l’efficienza del sistema dell’offerta (supply system). Qualcuno è caduto dalla sedia, altri hanno incominciato a far battute: “Xi Jinping, supply sider?”, oppure, “The mistery of Xi Jinping’s supply-side strategy” e così via.

Sentire il segretario generale del Partito Comunista Cinese che propone il concetto centrale della Reaganomics, del purissimo anti comunista Ronald Reagan, certamente fa un certo effetto. In realtà però, alla luce di questo nuovo indirizzo di politica economica, alcuni episodi avvenuti nell’ultimo anno assumono nuovi significati.

Ad esempio nel corso del 2015 il governo aveva tagliato le tasse alle piccole imprese, il premier Li Keqiang aveva affermato che era necessario un processo di semplificazione amministrativa, la campagna anticorruzione che praticamente aveva tagliato la testa a tutte maggiori società di Stato. Ognuna di queste azioni poteva avere una giustificazione in sé e tuttavia, lette tutte insieme, potevano anche assumere un significato diverso, in fin dei conti detaxation, deregulation, e riduzione della presenza dello Stato nell’economia erano proprio i cardini della Supply Side economy reaganiana.

In realtà alcuni economisti cinesi vicini all’esecutivo, come Jia Kang dell’Accademia Cinese della Supply Side Economy, sostengono da tempo che il problema centrale della economia cinese sia lo squilibrio tra domanda e offerta. Secondo questi economisti i consumatori cinesi vogliono prodotti e servizi di alto livello che costano molto perché non sono prodotti in Cina, mentre la Cina produce acciaio, alluminio, cemento che, per la crisi, sono esportati meno che nel passato e che il mercato interno non riesce ad assorbire completamente con un evidente effetto di sovra capacità.

Secondo il prof. Jai ed i suoi colleghi questo è un esempio tipico delle distorsioni prodotte dall’intervento pubblico in economia. Gli esempi che fanno sono tanti: nel 2008 per contrastare il panico per la crisi economica il governo ha varato un piano di stimolo per 586 miliardi di dollari. Le banche li hanno usati per dare mutui per le case, con il risultato di creare una bolla immobiliare ed avere moltissime case di livello medio alto vuote ed invendute. Oppure prestiti all’industria per costruire nuove fabbriche che non hanno fatto altro che contribuire alla crisi di sovra capacità produttiva.

L’opinione che accomuna tutti gli analisti, anche quelli più dubbiosi della efficacia della nuova strategia, è che la Cina deve fare ogni sforzo per sviluppare la domanda interna, vista la debolezza dell’economia mondiale che ha fatto crollare le esportazioni cinesi.

Tuttavia, al di là di alcune somiglianze superficiali, siamo ancora ben lontani da una politica economica coerente basata sulla riforma della offerta. Il dubbio di molti è che la Cina non sia in grado di applicare una politica economica reaganiana perché rischierebbe di dover pagare costi sociali che non si può permettere.

Anche io credo che sia così, ma penso anche che in realtà che il segretario generale Xi abbia semplicemente voluto trovare uno slogan, una parola d’ordine per caratterizzare il tentativo di riorientare l’economia Cinese verso un maggiore sviluppo dei consumi interni.

D’altro canto i cinesi sono bravissimi ad inventare slogan, è una tradizione antica. Penso che nei prossimi anni avremo una Reaganomics con caratteristiche cinesi o meglio ancora una Xiganomics. Già si incomincia a vedere qualche tratto di Xiganomics nei documenti dell’Assemblea del Popolo.

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