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Acciaio, ecco come e perché l’Europa attacca la Cina

Jyrki Katainen

Negli ultimi giorni l’Europa da una parte ha messo in serie difficoltà gli olivicoltori italiani (e non solo), con la decisione di togliere i dazi alle importazioni di olio proveniente dalla Tunisia; dall’altra, invece, è intervenuta a sostegno della siderurgia europea.

I NUMERI

L’Unione europea è il secondo produttore di acciaio al mondo, dopo la Cina; il settore rappresenta l’1,3% del Pil dell’Ue, con circa 328mila posti di lavoro conteggiati nel 2015, più un indotto indiretto proveniente da settori collegati, quale la produzione automobilistica. I maligni fanno però notare che il 39,7% della produzione europea di acciaio grezzo arriva dalla Germania (a fronte di un 20,5% prodotto dall’Italia, 14% dalla Francia, 13.9% Spagna, 10.2% UK), come a dire i tedeschi, ancora una volta, “non si fanno fregare“ e riescono come sempre a tutelare gli interessi della Germania.

IL RUOLO DELLA CINA

Negli ultimi anni la competitività delle industrie europee sul mercato globale è calata. Paesi Terzi, quali la Cina, hanno aumentato in maniera spropositata la loro capacità di produzione di acciaio. E’ stato infatti stimato che la sovrapproduzione della sola Cina si aggirerebbe intorno ai 350 milioni di tonnellate (circa il doppio della produzione annuale della UE). L’eccesso di produzione di acciaio dei Paesi Terzi ha quindi causato un aumento delle esportazioni, la destabilizzazione dei mercati e la riduzione dei prezzi dell’acciaio in tutto il mondo. I prezzi di mercato per alcuni prodotti siderurgici sono crollati del 40% a causa dell’aumento dei volumi di produzione. Alcuni Paesi hanno reagito mettendo in pratica restrizioni al commercio e varie forme di barriere doganali.

LE PAROLE DI KATAINEN

Di fronte a questa situazione, anche l’Europa è apparsa determinata a tutelare le industrie siderurgiche. Il vicepresidente della Commissione Jyrki Katainen, meglio conosciuto come il “falco” Katainen per la sua intransigenza e poca flessibilità, si è speso molto per questa battaglia e ha sottolineato:“Dobbiamo fare di più per aiutare la siderurgia e altre industrie energetiche ad adattarsi, innovare e competere sulla qualità, le tecnologie di punta, l’efficienza produttiva e una forza lavoro altamente qualificata. Abbiamo predisposto un numero senza precedenti di misure anti-dumping sui prodotti siderurgici: la Commissione è decisa a ripristinare la parità di condizioni a livello mondiale”.

LE 4 MOSSE DI BRUXELLES

L’azione della Commissione europea per tutelare il settore siderurgico si articolerà principalmente nelle seguenti misure:

1)  Accelerare l’adozione di misure anti-dumping. Attualmente 37 misure anti-dumping e anti-sovvenzioni sono già in vigore sui prodotti siderurgici (16 delle quali sulle importazioni dalla Cina);

2) Migliorare la competitività delle imprese potenziando gli investimenti privati e pubblici nell’innovazione, nella ricerca e nelle nuove tecnologie. Nello specifico a livello europeo sono tanti i Fondi per sostenere l’ammodernamento della Industria siderurgica tra questi: i Fondi Strutturali e i Fondi di investimento europei, il Programma Horizon 2020, il Fondo europeo per gli investimenti strategici.

3) Investire nella Formazione delle persone come condizione indispensabile per ammodernare le imprese.

4) Rivedere le norme in materia di aiuti di Stato a vantaggio della tecnologia, della ricerca, della innovazione, e di regimi di sostegno alle energie rinnovabili.

LO SCENARIO COL MES

Secondo gli addetti ai lavori per il momento il settore siderurgico europeo è ”salvo”, ma in prospettiva bisognerà vedere come si chiuderà la questione riconoscimento Status di economia di mercato alla Cina. Infatti come già scritto da Formiche.net, un eventuale riconoscimento del MES alla Cina, senza che la stessa abbia portato a termine le riforme richieste per trasformarsi in una reale economia di mercato, avrebbe ripercussioni gravissime sulle nostre aziende, perché in una economia come quella cinese costi e prezzi sono influenzati dell’interferenza dello Stato. In altre parole, la Cina invaderebbe i nostri mercati con i suoi manufatti, prodotti a basso costo grazie al dumping sociale e agli aiuti Stato. Le conseguenze per la economia europea e italiana sarebbero gravissime, perché si annullerebbe di fatto la competitività delle nostre industrie manifatturiere.

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