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Melita Cavallo, chi è (e cosa pensa) la giudice paladina delle comunità Lgbt

S’avanza da tempo un nuovo punto di riferimento per le comunità Lgbt di tutta Italia. Una nuova paladina che a colpi di sentenze sta conquistando l’apprezzamento delle famiglie omosessuali e l’appoggio dei pezzi consistenti del mondo politico, una a cui piace rilasciare interviste sui giornaloni e sulle tv, animare dibattiti e conferenze, fino a girare il Paese per presentare la sua ultima fatica letteraria. Il tutto sempre per ribadire il pensiero favorevole sia all’adozione per le coppie gay, sia alla maternità surrogata. Stiamo parlando di Melita Cavallo, l’ormai ex presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma, incarico che ha lasciato alla fine del 2015 dopo aver raggiunto l’età della pensione. Tuttavia, questa ex professoressa di scuola passata a lavorare nei Tribunali per i Minorenni delle principali città italiane (è stata anche a Milano e Napoli), e per diversi anni presidente della Commissione per le adozioni internazionali, è ancora in attività, se è vero che ha firmato negli ultimi giorni quella che è stata ribattezzata da tutti i media come una “sentenza storica”, in quanto ha riconosciuto l’adozione di casi particolari (prevista dall’articolo 44 della legge 184/1983) a una coppia di uomini che 6 anni fa ha avuto un bimbo in Canada tramite la maternità surrogata (qui il resoconto di RaiNews). Pluripremiata sia in Italia che all’estero per il suo impegno in difesa dei bambini, nel 2012 Melita Cavallo ha ricevuto il prestigiosissimo riconoscimento della Légion d’Honneur dal Presidente della Repubblica francese.

LE PAROLE A REPUBBLICA E CORSERA

Al quotidiano la Repubblica ora diretto da Mario Calabresi, proprio negli ultimi giorni a guida Ezio Mauro, ha concesso la sua ampia intervista che le è valsa l’appellativo di “giudice coraggio”. Fin troppo eloquente il titolo che riportava un suo virgolettato: “Vi spiego perché i gay possono adottare” (qui l’intervista integrale). Un’uscita a tutta pagina fatta a poche settimane dall’avvio della discussione del ddl Cirinnà al Senato e una manciata di giorni dopo la sua uscita di scena come presidente del Tribunale per i Minorenni della Capitale. Una volta arrivato Calabresi al timone del giornale di largo Fochetti, il filo diretto con la giudice Cavallo non è mutato. E così il 10 febbraio scorso, pochi giorni dopo il Family Day e nel pieno del dibattito sulla legge sulle unioni civili, ecco una seconda intervista per affermare il proprio sostegno alla stepchild adoption in favore delle coppie gay: “Negare la stepchild sulla base del genere è una discriminazione sessuale – ha detto -. Per lo stesso motivo, stralciarla dalla legge Cirinnà significherebbe violare la Costituzione e anche la Convenzione internazionale sui diritti umani”. Quanto alla maternità surrogata, il suo pensiero è anche qui molto netto: “Non è mica la pena di morte” ha risposto a Repubblica, aggiungendo che “se si può donare un rene, perché ci si scandalizza se una donna porta in grembo un figlio donandolo ad altri? In diversi Paesi, come il Canada, la pratica è regolamentata in modo rigoroso, senza scopi commerciali, lo Stato paga il periodo di maternità della donna, che poi mantiene un rapporto con il figlio che ha partorito”.

Commentando la “storica sentenza” appena emessa, oggi Cavallo in un’intervista al Corriere della Sera spiega che “i giudici non fanno altro che continuare ad applicare la legge” e loro del Tribunale per i Minorenni di Roma lo hanno fatto “alla luce delle nuove norme di genitorialità, nel rispetto dell’articolo 44 della legge sulle adozioni. E sempre tenendo presente l’interesse primario del bambino”. Sulla maternità surrogata, aggiunge che “la collettività, al di là di quello che dicono uno o due ministri, sia pronta. Questi genitori (omosessuali, ndr) non hanno fatto nessun torto agli altri – conclude -, non hanno tolto niente a nessuno”.

IL LIBRO A FAVORE DELLE FAMIGLIE GAY

Si chiama “Si fa presto a dire famiglia” ed è il libro appena pubblicato dall’editore Laterza a firma Melita Cavallo, e se non bastasse il titolo a spiegarne il significato, ci pensa il sottotitolo a chiarirlo: “Quanta ipocrisia c’è dietro ai discorsi pubblici sulla famiglia tradizionale?”. Attraverso il racconto di 15 storie vere (rilanciato sui social con tanto di hashtag #Famigliasidiventa) e incontrate lungo la sua quarantennale esperienza, la giudice spiega come “negli ultimi decenni l’arcipelago dei legami affettivi è cambiato in modo radicale e irreversibile, e non si può non tenerne conto”. La convinzione dell’autrice è quella secondo cui la madre biologica non sempre può essere “l’angelo tutelare della casa e della famiglia”, perché “sono tante, troppe, le madri totalmente prive di affettività, di senso di responsabilità, di attenzione anche minima ai figli”.
A tal proposito, è emblematico il seguente estratto in cui si parla dell’affidamento di un bimbo a due lesbiche: “L’audizione delle due donne si prolungò oltre i tempi soliti perché si cercò di fare emergere ed evidenziare ogni elemento di eventuale pregiudizio che a quel bambino sarebbe potuto derivare per essere stato allevato da una coppia lesbica, ovvero da due madri – scrive la giudice -. Ma né l’audizione delle due donne, né la relazione trasmessa dal Servizio sociale e la successiva audizione della assistente sociale e della psicologia evidenziarono elementi di rischio per il bambino a permanere nella situazione familiare in cui era nato e cresciuto”. Il bimbo si comportava bene, anche a scuola, non aveva problemi di cura o igiene. Dunque, “non emergeva alcun elemento che impedisse di accogliere il ricorso per ottenere la pronuncia dell’adozione in case particolari: quel bambino era molto ben seguito, era amato e ricambiava il suo affetto ad entrambe le mamme”.

LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO

Alcune settimane fa “Si fa presto a dire famiglia” è stato presentato alla biblioteca “Giovanni Spadolini” del Senato alla presenza, oltre che dell’autrice, anche di alcuni parlamentari di diversi schieramenti, tutti favorevoli all’adozione per le famiglie omosessuali. Con la giudice sedevano infatti al tavolo dei relatori la deputata di Forza Italia, Michela Vittoria Brambilla, la senatrice del Pd prima firmataria del provvedimento sulle unioni civili, Monica Cirinnà, quindi il deputato ex Pd e ora alla guida del movimento Posibile, Pippo Civati. A intervistare l’ex presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma è stato di recente anche Vittorio Zincone su Sette, mentre l’autrice sarà presente al Festival del Giornalismo di Perugia a parlare di diritti lgbt.


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