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Isis e Bruxelles, tutte le critiche all’Intelligence del Belgio

Da Charlie Hebdo agli attentati del 13 novembre a Parigi. Dal coprifuoco decretato nella capitale belga a fine novembre, alla fuga di quattro mesi (mai avvenuta oltre i confini belgi) di Salah Abdeslam. Per poi arrivare al duplice attentato che ha colpito due giorni fa il cuore pulsante di Bruxelles. Il numero di vittime coinvolte, le dinamiche delle azioni jihadiste, le segnalazioni sottovalutate e le pochissime informazioni raccolte sul campo hanno messo a nudo una realtà: l’intelligence europea ha fallito il suo compito, sottolineano in queste ore esponenti di governo, analisti ed esperti del settore.

IL FALLIMENTO DELL’INTELLIGENCE EUROPEA

A nulla sono valsi gli inviti a «rafforzare la cooperazione» tra i servizi europei lanciati già a gennaio 2015 dai ministri degli Esteri europei, all’indomani della carneficina nella redazione di Charb e gli altri. Gli errori si sono ripetuti, e in maniera sempre più eclatante.

In queste ore gli occhi di tutto il mondo sono puntati sugli 007 belgi, già sommersi di critiche per i flop a ripetizione nella caccia a Salah. Le reazioni da parte dell’opinione pubblica e dei principali quotidiani, sull’ennesima tragedia annunciata, sono state tranchant da un lato e quasi indifferenti dall’altro.

FT: «BELGI, ANELLO DEBOLE DEGLI 007»

Il Financial Times ritiene che per i servizi di sicurezza belgi «è tempo di farsi delle serie domande». La questione centrale per il quotidiano britannico «è se i servizi di sicurezza del Belgio hanno le risorse e le capacità necessarie per combattere la minaccia jihadista sul loro suolo». L’Europa ha una rete di intelligence sofisticata, in cui i player dominanti sono Gran Bretagna, Germania, Francia e Paesi Bassi. «I loro omologhi belgi sono stati, invece, a lungo giudicati un anello debole nella catena di intelligence a livello europeo. Questo ha gravi conseguenze, perché molte delle attività jihadiste oggi transitano proprio attraverso il territorio belga», spiega FT.

Bocciatura netta arriva da un alto funzionario dei servizi segreti degli Stati Uniti, che dalle colonne del Daily Beast ha paragonato le forze di sicurezza belghe a dei «bambini».

WASHINGTON POST: « REINVENTARE IL SISTEMA DI SICUREZZA»

«L’Unione europea ha bisogno di reinventare il proprio sistema di sicurezza» per il Washington Post. «Ha bisogno di abbattere le barriere che impediscono la condivisione delle informazioni, di far rispettare i confini e la tutela dei cittadini». Nei mesi precedenti agli attacchi terroristici di martedì a Bruxelles, «il sistema era in codice rosso», come era stato definito il periodo pre 11 settembre dall’ex direttore della CIA, George Tenet. Nonostante questo – continua il quotidiano americano, in toni non certo morbidi – il Belgio «non è riuscito a unire i puntini».

HAARETZ: «AVVERTIMENTI MAI ASCOLTATI DA BRUXELLES»

Sulla stessa lunghezza d’onda il quotidiano israeliano Haaretz che rivela come i servizi di sicurezza belgi, «così come altre agenzie di intelligence occidentali, avevano ricevuto avvertimenti molto precisi riguardo il pericolo imminente di attacchi terroristici in Belgio e che i punti sensibili sarebbero stati proprio aeroporti e metropolitane». Nonostante il preavviso, i servizi di intelligence e la preparazione in fatto di sicurezza «l’operazione non è stata all’altezza e alla gravità della situazione», conclude Haaretz.

A ciò si aggiunge un limite strutturale degli aeroporti europei e non solo. «Sono sorpreso di come non sia successo già prima», spiega al TIME Rafi Sela, fondatore della società di sicurezza globale AR Challanges». «Dopo gli attacchi dell’11 settembre, Stati Uniti ed Europa hanno speso miliardi per consolidare le misure sicurezza per i passeggeri, ma non ci si rende conto che le aree aeroportuali antistanti i controlli di sicurezza sono aperte a tutti e c’è un livello di sicurezza comparabile a quello di un centro commerciale».

LA QUESTIONE DELL’INFERIORITÀ NUMERICA

Le forze di sicurezza e dei servizi di raccolta di intelligence belgi «sono stati letteralmente sopraffatti dalle indagini a seguito degli attentati di Parigi, disponendo allo stesso tempo di poche risorse per concentrarsi su altre piste», riportano molti giornali, tra cui Mashble. Il problema dei servizi di sicurezza del Belgio «non consiste nel fatto che sono incompetenti – spiega al Newsweek l’esperto di estremismo islamico Jason Burke – ma che sono in netta inferiorità numerica rispetto all’elevato numero di sospetti islamisti radicali presenti sul territorio». Inoltre, aggiunge la CNBC «accumulare troppe informazioni che non possono essere analizzate e utilizzate in modo tempestivo si rivela una tattica totalmente inefficace».

LA REAZIONE (CAUTA) DEI GIORNALI FRANCOFONI

Più cauti e decisamente meno spigolosi i quotidiani francofoni, che affrontano l’argomento in toni soft (per non dire impercettibili). Più che le testate principali, sono i siti di approfondimento e di dibattito politico a sviscerare la questione “falla-intelligence”. Ouest France si chiede se i servizi segreti siano arrivati «al punto di non ritorno» e sottolinea come alla base del problema ci sia la scarsità dei finanziamenti al sistema: «Il Belgio ha ancora tanta strada da fare in questo senso», si legge. «Il suo apparato di intelligence conta solo 600 uomini, tre volte meno quello dei Paesi Bassi».

Secondo Le Nouvelle Observateur «di fronte a una minaccia che riguarda tutta l’Europa, le soluzioni nazionali non sono sufficienti. Nessun paese ha capacità finanziaria o militare per affrontare da solo situazioni come quella di martedì a Bruxelles», si legge sul quotidiano francese. «Migliorare i servizi di sicurezza è la priorità in questo momento» spiega a Les Echos Pierre Servent, colonnello e specializzato in terrorismo. «Bisogna inoltre accelerare l’interconnessione tra le file dei servizi di polizia europei e sviluppare il quadro giuridico di intervento delle forze di sicurezza». Ma la strada è ancora tutta in salita.

ECCO GLI APPROFONDIMENTI DI FORMICHE.NET SU ISIS E GLI ATTENTATI A BRUXELLES:

Isis, dove sono i Guido Rossa nell’Islam? I Graffi di Francesco Damato

Vi spiego gli algoritmi dei terroristi (di Isis e non solo). L’analisi di Giuseppe Pennisi

Perché è utile seguire Israele per contrastare il terrorismo Isis. Le Punture di Spillo di Giuliano Cazzola

Come si deve rispondere al terrore di Isis. L’analisi di Luca Longo

Vi racconto Bruxelles dopo la strage Isis. Il commento di Gianfranco Polillo

Isis, il totalitarismo del terzo millennio. Il Bloc Notes di Michele Magno

Isis e Bruxelles, cosa hanno detto Clinton, Cruz, Sanders e Trump. L’articolo di Zeffira Zanfagna

Tutte le sciocchezze su Isis, Bruxelles, Servizi e Corano. Il corsivo di Stefano Cingolani

Bruxelles, la guerra di Isis e l’eutanasia dell’Europa. L’analisi di Benedetto Ippolito

Chi finge di non vedere la guerra di Isis. Il commento di Gennaro Malgieri

Vi racconto la fiacchezza morale che ci rende inermi davanti a Isis. Il commento di Corrado Ocone

Attentati a Bruxelles, come combattere con efficacia il terrorismo. L’analisi di Ennio Di Nolfo

Salah, Molenbeek e il jihad made in Europe. Il post del sociologo Marco Orioles

Tutte le bufale circolate sui media dopo la strage a Bruxelles. La ricostruzione di Alma Pantaleo

Così Clinton e Trump si rintuzzano anche sugli attentati a Bruxelles. L’articolo di Giampiero Gramaglia

Attacco terroristico a Bruxelles, tutti i dettagli. La ricostruzione di Emanuele Rossi

Bruxelles, da “non luogo” a capitale del terrore. Il corsivo di Guido Mattioni

Vi racconto tutto di Molenbeek. La testimonianza di Enrico Martial

Perché il Belgio è considerato “la culla del jihadismo” in Europa. L’approfondimento di Rossana Miranda

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