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Tutte le astiose critiche di Weidmann contro Draghi

Weidmann

Il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ha duramente criticato in un’intervista il capo economista della Bce, Peter Praet, il quale, sulla Repubblica di venerdì 18 marzo, sorprendendo tutti, aveva ammesso che la cosiddetta «helicopter money», ovvero la distribuzione di denaro direttamente alle persone, pur trattandosi di una misura estrema, è un’ipotesi allo studio della Banca centrale europea (vedi ItaliaOggi del 19 marzo). Poiché l’intervista di Weidmann è stata rilasciata al quotidiano Funke Mediengruppe in tedesco, lingua minoritaria in Europa, la Deutsche Bundesbank l’ha tradotta in inglese, e lunedì 21 l’ha postata integralmente sul proprio sito. In sintesi, si tratta di un attacco senza precedenti contro Mario Draghi, quasi una chiamata alle armi dei politici tedeschi e dei loro alleati in Europa contro la politica monetaria «ultra-accomodante» della Bce, che Weidmann considera foriera di disastri e lacrime.

Nell’intervista, Weidmann spazia su molti temi, compresa l’eliminazione delle banconote da 500 euro, proposta da Draghi per contrastare la criminalità organizzata. Ma, anche su questo, il falco della Bundesbank ha da eccepire: «In verità, non vedo una grande connessione tra la riduzione delle attività criminali e l’eliminazione delle banconote da 500 euro. Le transazioni illegali cash, come quelle per la droga, avvengono anche negli Stati Uniti, dove la banconota di maggiore valore è quella da cento dollari. Va però ricordato che le banconote da 500 euro coprono un terzo del cash monetario dell’eurozona, ed eliminarle sarebbe un’impresa complicata, non facile da realizzare sul piano logistico, tantomeno in fretta».

Non ravvisando un no chiaro alla proposta di Draghi, i due intervistatori alzano l’asticella: che ne dice dell’introduzione di un tetto di 5mila euro sui prelievi in banca? Il capo della Bundesbank non aspettava altro: «Una simile decisione può essere soltanto politica. Dato che gli interessi sono negativi, le ipotesi sui limiti ai prelievi bancari e sull’eliminazione delle banconote da 500 non sono esattamente ciò che fa aumentare la fiducia della gente nella moneta unica.

Per questo, penso di incontrare per un colloquio a quattro occhi il ministro delle Finanze, Wolfgang Schauble, al fine di valutare se questo dibattito sul contrasto dei capitali sporchi non sia, in realtà, il primo passo clandestino verso l’eliminazione del contante».

Traduzione: con la scusa di contrastare la criminalità, il vero obiettivo di Draghi è di evitare una corsa agli sportelli bancari qualora, a seguito della politica della Bce dei tassi zero o negativi, fossero introdotti tassi negativi anche sui depositi della clientela. In pratica, benzina sul fuoco dello scontento dei risparmiatori tedeschi, che è già grande.

Ma quanto c’è di realistico, chiedono gli intervistatori, nell’ipotesi di tassi negativi sui depositi? Risponde Weidmann: «I clienti più grandi sono già sottoposti a richieste crescenti perché accettino di pagare interessi negativi, mentre alcune banche hanno aumentato le commissioni. Non mi aspetto tuttavia che i normali risparmiatori debbano pagare interessi sui loro depositi bancari. Anche se la dura competizione tra le banche, e la possibilità dei risparmiatori di accumulare cash per evitare tali oneri, rischiano di spingere la situazione fino a questo punto».

Prima ancora dei risparmiatori, per Weidmann, ci sono comunque gli interessi delle banche. Interessi che verrebbero messi a repentaglio in modo definitivo se la Bce dovesse distribuire soldi direttamente alle persone, per aumentare il loro potere d’acquisto e i consumi: «La helicopter money non è una manna che cade dal cielo. Essa produrrebbe buchi enormi nei bilanci della banca centrale.

Alla fine sarebbero i Paesi membri dell’eurozona, e quindi i contribuenti, a pagare il conto, perché le banche centrali diventerebbero non profittevoli per molto tempo. Il problema di come e quando distribuire soldi alle persone è un tema esclusivamente politico, che dovrebbe essere rivolto ai governi e ai parlamenti. Le banche centrali non hanno questo mandato. La politica monetaria non è una panacea di tutti i mali, non può sostituire le riforme strutturali necessarie e urgenti nei singoli paesi, e non può risolvere i problemi di crescita dell’Europa. Rischia di essere un’impresa troppo grande, che può finire in lacrime».

Lo scorso 10 marzo, quando la Bce varò il rafforzamento del quantitative easing, pur essendo presente alla riunione, Weidmann non poté votare contro, come avrebbe voluto, a causa della turnazione di voto in vigore nel board della Bce. Un voto contrario che tuttavia tiene a ribadire nell’intervista: «Ho sempre detto che l’effetto di politiche ultra-accomodanti diventa sempre più debole quanto più si estende la durata delle misure. Allo stesso tempo, più si preme il piede sull’acceleratore, più aumentano i rischi e gli effetti collaterali». Primo fra tutti, la perdita dei profitti delle banche. In pratica, un guanto di sfida lanciato a nome delle banche contro il numero uno della Bce. Resta ora da vedere se Draghi deciderà di rispondere, e come.

(Pubblicato su Italia Oggi/ MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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