Papa Francesco continua a testimoniare i “segni nei tempi” nei “segni dei tempi”. In fondo, è ciò che dovrebbe fare ogni intellettuale, cercatore della verità e ricercatore in essa, non solo comodo consigliere del principe di turno.
Eppure il mondo nel quale ci limitiamo a esistere non ci sta insegnando la necessità di essere, in quanto persone umane, degli “intellettuali globali”. Il primo passo è la re-integrazione in noi dei “segni dei tempi”, il ri-comprendere in noi la complessità di ciò che siamo, il ri-ascoltare la dinamica verità della realtà.
La complessità deve ritornare a essere la musica per le nostre orecchie, calandoci nelle profondità (luci e ombre) della nostra condizione umana nel creato. In più, dobbiamo maturare insieme un “metodo complesso”, per natura transdisciplinare, di analisi dei fenomeni storici; dobbiamo abbandonare la certezza del nostro sguardo limitato e limitante, ri-attivando circuiti virtuosi di conoscenza, al di là dell’informazione indistinta e dominante.
Abbiamo di fronte a noi praterie di “senso possibile” che non percorriamo, impauriti e bisognosi di una sicurezza che nasce dal nostro distacco dalla realtà dei mondi-della-vita. Possiamo dirci liberi se esistiamo nella irrealtà delle nostre convinzioni competitive ? Possiamo dirci liberi se rincorriamo solo le risposte, non ponendoci più le domande fondamentali ? Come possiamo riprenderci la nostra umanità nel terzo millennio globalizzato del disumano trionfante ?
E’ venuto il tempo di rinnovati pensieri strategici per un’azione politica capace di illuminare la realtà con visioni progettuali di conoscenza e di convivenza.