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Incertezza è una bella parola

Incertezza è una bella parola. Se ci ripensiamo incerti, infatti, ri-scopriamo il mistero della ricerca che è la tensione naturale dell’essere persone umane.

Ricercare è vivere, cercare sempre punti di sintesi, non limitandoci all’analisi. Tale processo, che troppo spesso “imprigioniamo” in ambiti particolari (la ricerca disciplinare), rappresenta l’agire complesso della persona, la ricerca dell’innovazione come ri-creazione di sé, come rottura delle certezze consolidate e come possibilità/potenzialità di abbracciare l’intera conoscenza in noi.

Siamo incerti e non possiamo fermarci a rincorrere l’eterno presente, come accade. Il male, infatti, non è la nostra incertezza ma la sua degenerazione che deriva dal nostro non accogliere la nostra stessa dinamicità, la nostra tensione all’oltre che già ci percorre. In quanto persone umane, siamo tempiterni e globali.

L’incertezza è parte fondamentale della condizione umana nel creato e vive in noi come realtà-in-formazione, mai definitive. Alcuni potrebbero leggere queste parole come una sorta di “condanna” all’eterno movimento ma, a ben guardare, esse vanno lette come il nostro “talento nel divenire”, come la nostra capacità di essere al di là della certezza di essere già.

Sia chiaro, l’avere certezze è un dato positivo ma ciò che conta è nutrirle di dubbi, mai “totalizzando” ciò che siamo ma aprendoci al “possibile di noi”, non separando ma integrando il “complesso della realtà” nel tempo e nello spazio e ri-congiungendo ciò che è disperso.

The Global Eye – In complexity

Giudizio storico

Università degli Studi “Link Campus University”


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