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Kathy Chen, chi è l’ingegnere ex militare che piloterà Twitter in Cina

Kathy Chen twitter china

“Mi esalta la possibilità di avere nuovi mezzi per creare valore per i nostri inserzionisti, le nostre imprese, gli influencer, i creativi e i nostri partner”. La signora Kathy Chen, dal 15 aprile managing director di Twitter per la grande Cina (Cina continentale, Hong Kong e Taiwan), si presenta con questo messaggio, secco ma molto carino, proprio sulla piattaforma di microblogging che nel suo Paese è vietata. Tutto avviene attraverso Twitter che Chen dirigerà da Hong Kong dove vive e da dove cercherà di vendere spazi pubblicitari alle aziende cinesi che potranno così raggiungere i 300 milioni di utenti internazionali della piattaforma a cui i cinesi, dal 2009, non hanno accesso. Ad annunciare la novità è stato il ceo Jack Dorsey, ovviamente, con un tweet.

UNA NOMINA UTILE ALLE AZIENDE CINESI?

La ragione ufficiale di questa nomina è nota: “nel 2015 il numero degli inserzionisti cinesi è cresciuto del 300% – scrive Zen Soo sul SouthChina MorningPost – E proprio per corteggiare le società cinesi che vogliono pubblicizzare i propri clienti nel mondo lo scorso anno la società di San Francisco ha aperto una sede a Hong Kong”. Tra gli inserzionisti compaiono nomi come Lenovo e Huawei ma anche società domestiche e a controllo statale come l’agenzia di stampa Xinhua e il quotidiano People’s Daily.
Chen, che ha una lunga carriera nell’information technology e ha lavorato in Microsoft e Cisco Systems, prenderà il testimone da Peter Greenberger, ex direttore dei mercati emergenti, Grande Cina e Russia e che ora e responsabile dell’Asia Pacifica, all’interno della quale la Cina rappresenta un mercato strategico. Nel quale Twitter intende aumentare gli investimenti con offerte alle imprese come i data analytics e piattaforme mobili che consentano la creazione di app personalizzate.

L’INGEGNERE ELEGANTE

Ma chi è Kathy Chen? Secondo il suo account Twitter, “un’esploratrice curiosa. On the road”. Secondo Baike, la Wikipedia cinese controllata da Baidu, un’ingegnere laureata all’Università Jiaotong di Pechino nel 1987, arruolatasi subito dopo gli studi nell’esercito di Liberazione del Popolo, alla Seconda artiglieria, la forza missilistica strategica come ricercatrice o, secondo altri fonti, per lavorare allo sviluppo di un programma top-secret. Nel 1994 Chen torna alla vita da civile e diventa responsabile commerciale della Digital Equipment Corporation, una delle più antiche società di pc, fondata nel 1957 in Massachusetts. Dal giugno 1995 al maggio 1997 è responsabile vendite per la Compaq a Pechino e poi, fino al dicembre 1999, manager regionale alle vendite della 3Com. Per i successivi quattro anni, Chen è stata ceo di CA-Jinchen, un produttore di anti-virus nato dalla jv tra la società Usa Computer Associates International (oggi CA Technologies) e il ministro della Pubblica sicurezza cinese: i prodotti della Ca-Jinchen realizzati usando risorse dell’apparato di sicurezza pubblica hanno avuto usi diversi in finanza, nel governo, nell’esercito, nelle imprese, nelle telecom, nell’istruzione, nel settore dell’energia. “Sicurezza pubblica, esercito e governo sono la troika dietro Jinchen”, così disse la Chen durante la celebrazione dei dieci anni dell’azienda, nel 2008: due anni dopo la quota Usa della holding (pari al 20%) fu comprata da due case di investimento cinesi diventando di nuovo tutta cinese.

…CON UN PASSATO SCOMODO

Tutte queste informazioni sono state raccolte da Cao Yaxue, attivista dissidente del Partito comunista cinese emigrata a Washington. Cao, in lungo articolo pubblicato sul sito chinachange.org spiega con dovizia di particolari perché il background della nuova managing director abbia fatto saltare sulla sedia molti dei 10mila utenti cinesi di Twitter – che usano la piattaforma nonostante il divieto servendosi di software Vnp – e che la considerano un baluardo della libertà di espressione in quanto non controllata e non controllabile dal governo. “Esperti It migrati dal social locale Fanfou o dissidenti politici – scrive Cao – Twitter è diventato una enclave per un gruppo di utenti cinesi e un santuario di libertà di parola online. Negli ultimi due anni, l’agenzia di stampa Xinhua e il People’s Daily di proprietà del Partito Comunista hanno aperto i propri account per fare propaganda nel mondo, senza alcun senso di vergogna per impedire ai cittadini l’uso dello strumento e dunque sono spesso vittime di ironia sul social network”.

TROPPI LEGAMI CON IL GOVERNO

Dunque, cosa c’è che non va nel curriculum di Chen? “Che è senza dubbio un membro del Partito Comunista cinese – scrive Cao – che è passata attraverso un ferreo e preciso di esame politico per essere accettata come manager nel privato – questo è certo”. Il Partito Comunista cinese non consente a un membro dell’esercito, per di più coinvolto in programmi top-secret, di migrare al mondo dell’impresa in maniera libera: “la transizione può essere avvenuta solo a seguito dell’approvazione del governo e questo solleva questioni gravi sulla profondità del coinvolgimento di Chen del settore della sicurezza pubblica”.

TWITTER IN MANO A UN EMISSARIO DEL PARTITO POPOLARE CINESE?

Sarebbe in sostanza un controllore del Partito popolare di Pechino, esperto in sicurezza e controllo, la signora pacata che diventa responsabile di Twitter per la Grande Cina. Ufficialmente Chen ha tre obiettivi in questo ruolo: “Raccontare la storia cinese intesa come cultura, tradizione, storia e turismo; aiutare le grandi e medie imprese a raccontare la storia del marchio oltre Oceano; comunicare e cambiare nelle aree della tecnologia e della pubblicità con società internet e mobile in rapida crescita”.
Obiettivi che suonano innocui e apolitici ma che coincidono con quelli di Xi Jinping, il leader del Partito Comunista cinese che in febbraio ha chiesto alla Cctv e a Xinhua di fare il buon lavoro di “raccontare la storia della Cina”. Ed è quasi naif che la stessa Chen abbia scritto, via Twitter, proprio a Cctv di “cooperare nel racconto di questa storia” e a Xinhua di “stringere alleanze più solide in futuro”. Una sorta di endorsement sotto traccia. Come se a entrare nel board di Twitter fosse stato lo stesso governo e il suo apparato per la sicurezza. Altro che apertura al social Usa in madrepatria.

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