Inutile dire che i titoli dei giornali austriaci sono oggi tutti uguali. “L’Austria vira a destra”, “Terremoto nella compagine politica”. Il fatto che il candidato del partito populista Fpö, Norbert Hofer, arrivasse al ballottaggio era stato previsto. Una vera sorpresa pare essere stato per i sondaggisti, invece, il risultato ottenuto da Hofer: il 36,4 per cento. L’altro contendente al ballottaggio, l’ex leader dei Verdi Alexander Van der Bellen, ha registrato il 20,4 per cento dei voti, ben al di sotto delle aspettative.
E’ vero, come hanno fatto notare alcuni commentatori, che parlare di una drastica svolta a destra del Paese è esagerato. In fin dei conti, poco più del 64 per cento di coloro che si sono recati ieri alle urne non hanno votato il candidato del partito populista Hofer.
Ma è solo una faccia della medaglia. L’altra prospetta uno scenario differente, tant’è che sul quotidiano der Standard si leggeva in un commento: “Ora l’Austria diventa come l’Ungheria”. Se non si fosse trattato di presidenziali, ma di politiche, il partito incaricato di formare il governo sarebbe ora proprio l’Fpö. Entrambi i grandi partiti di un tempo, quello popolare Övp e quello socialdemocratico Spö, si sono nel frattempo ridotti a partiti che superano a fatica la soglia del 10 per cento: e ieri, i loro candidati insieme hanno raccolto circa il 22 per cento dei voti.
Il ballottaggio si terrà il 22 maggio e i giornali prevedono una campagna senza esclusione di colpi anche da parte di Van der Bellen, noto per il suo aplomb molto british. Ma ci sarà anche una resa dei conti, soprattutto all’interno del partito socialdemocratico.. La poltrona che in questo momento maggiormente traballa è quella di Werner Faymann, leader dell’Spö nonché cancelliere della grande coalizione attualmente al governo. Come capo del partito, Faymann viene da tempo contestato dall’ala più radicale, soprattutto da quando ha abbracciato la linea dura nei confronti dei profughi. Un avvicendamento alla guida del partito potrebbe essere, dunque, imminente. Non così per la guida del Paese.
Spö e Övp sanno benissimo che se fanno saltare anticipatamente la grande coalizione (la scadenza naturale è l’autunno 2018), rischiano di finire (solo uno dei due peraltro) partner di minoranza in un governo guidato da un cancelliere nazionalista e antieuropeo, cioè il leader dell’Fpö Heinz-Christian Strache.
Scrive il quotidiano Kurier: “La grande coalizione che dal dopoguerra a oggi ha quasi ininterrottamente guidato l’Austria è giunta al capolinea”. Certo c’è già stato un governo di coalizione tra popolari e nazionalisti. Era il 2000 quando l’allora leader dei popolari Wolfgang Schüssel decise di formare un governo insieme all’Fpö. Il capo di Stato Thomas Klestil però pose come condizione che il leader dei nazionalpopulisti Jörg Haider non facesse parte della compagine governativa.
Se il 22 maggio fosse Norbert Hofer a vincere la contesa presidenziale, questo veto ovviamente non ci sarebbe. E l’Austria potrebbe in un futuro non troppo lontano ritrovarsi non solo con un capo di Stato Fpö, ma anche con un capo del governo dello stesso partito. Il prossimo cancelliere potrebbe essere infatti, il suo leader Heinz-Christian Strache.
Una delle prerogative del capo di Stato austriaco è infatti quella di poter sciogliere durante il suo mandato una volta e senza chiedere autorizzazione al Parlamento se il governo a suo avviso mette in pericolo la sicurezza nazionale. Il tema profughi si presterebbe perfettamente, dicono gli avversari politici.
Altri commentatori evitano invece il più possibile toni troppo allarmistici: confidano che il 22 maggio (così come è già successo in Francia) la maggior parte degli austriaci voterà compatta per Van der Bellen.