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Venezuela tra crisi economica e crisi umanitaria

Una ricerca indipendente dell’Università Simón Bolívar, coordinata dal sociologo e ricercatore Iván de la Vega, sostiene che circa 1,5 milioni di venezuelani vivono all’estero. Nel 1992 erano soltanto 30mila. Secondo il libro “La voz de la diáspora venezolana” di Tomás Páez, in Europa ci sono circa 700mila venezuelani; quella venezuelana è un’immigrazione positiva, che riesce ad integrarsi socio-culturalmente nella società dove arriva, senza nessun tipo di resistenza o conflitto.

I NUMERI DELLA CATASTROFE ECONOMICA

Ma perché si fugge dal Venezuela, uno dei Paesi potenzialmente più ricchi al mondo, grazie alle riserve petrolifere? Per il Fondo Monetario Internazionale, l’economia venezuelana sta “implodendo” e gli effetti sulla popolazione sono incontenibili. Negli ultimi 17 anni il reddito petrolifero del Venezuela è stato cinque volte superiore a quello dei 40 anni precedenti: 430 miliardi di dollari. Il debito pubblico però è passato da 30 miliardi di dollari a 220 miliardi di dollari, più il default privato con i conti sospesi nei confronti delle aerolinee, fornitori di Pdvsa, importatori, ecc. Dodici miliardi di dollari delle riserve straniere sono spariti; mentre le riserve di oro sono state spostate in un luogo sconosciuto all’opinione pubblica. Secondo i dati del governo, l’inflazione è del 200%. La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale sostengono che supera l’800% ed è destinato ad aumentare. Il tessuto imprenditoriale è sparito. La crisi energetica è iniziata nel 2009 e si è intensificata con la siccità (la rete idroelettrica fornisce il 95% del consumo interno). La mancanza di medicine negli ospedali supera il 95% (la mortalità nelle strutture sanitarie è aumentata del 35% per mancanza di strumenti e medicine). La criminalità ha fatto 27.875 omicidi nel 2015. Nel 1999 sono morte 4550 persone e la tendenza di aumento è più del 400% dal 2013.

Ecco le statistiche dell’Osservatorio Venezuelano della Violenza

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L’INCONTRO DI VOLUNTAD POPULAR A ROMA

La crisi economica e umanitaria che attraversa il Venezuela è stata raccontata durante un incontro a Roma, organizzato dal partito Voluntad Popular Italia, con Leopoldo López Gil, padre del prigioniero politico Leopoldo López (qui il ritratto di Formiche.net).

López è stato condannato a 13 anni, 9 mesi, 7 giorni e 12 ore di carcere per incitazione all’odio e alla violenza durante una manifestazione dell’opposizione. Dal carcere ha pubblicato “Preso pero libre”, un libro intimista sul processo al quale è stato sottoposto, l’esperienza politica iniziata a vent’anni e su quello che pensa si dovrebbe fare per risollevare il Paese.

STORIA DEL LEADER DELL’OPPOSIZIONE

Nonostante abbia studiato alla Hun School of Princeton, e abbia conseguito la laurea in Economia e sociologia al Kenyon College in Gambier, Ohio, e un dottorato all’Università di Harvard, López faceva ritorno in Venezuela per le vacanze e si è sempre impegnato nella pubblica amministrazione. Quando si è candidato al comune del municipio Chacao a Caracas, è partito con il 3% dei consensi. Suo padre lo aveva invitato a ritirarsi, ma alla fine vinse con il 51% dei voti. Alla rielezione ha avuto l’86% dei consensi.

TRA IL PAPA E IL PD

Dopo l’incontro ieri con i senatori del Partito Democratico, organizzato da Eugenio Marino, responsabile degli Italiani nel mondo del Pd, il padre di López incontrerà oggi  Papa Francesco al Vaticano insieme a Vanessa Ledezma, figlia di Antonio Ledezma, sindaco di Caracas, (qui il ritratto di Formiche.net) arrestato da 15 mesi per per aver attentato “contro la pace, la sicurezza del Paese e la Costituzione”. In questo momento è ai domiciliari e rischia 26 anni di reclusione. Oltre a Ledezma e López, in Venezuela ci sono altri 83 prigionieri politici, molti sono studenti arrestati durante manifestazioni dell’opposizione.

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LA RIVOLUZIONE DEI RICCHI (SECONDO MINÀ)

Ma Gianni Minà crede che in Venezuela la rivolta sia soltanto dei ricchi, finanziata dagli Stati Uniti. Nella sua pagina web, ha condiviso un articolo di Mark Weisbrot pubblicato sul Guardian con una riflessione molto berlusconiana: secondo lui a Caracas, nonostante la crisi, “i ristoranti continuano a essere pieni di notte”. Purtroppo, non è l’unico l’intellettuale di sinistra che fino a poco tempo fa la pensava così.

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