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La battaglia di Tel Skof: gli americani in Iraq combattono (VIDEO)

Il Guardian è entrato in possesso di un video che riprende gli uomini delle forze speciali americane ingaggiare uno scontro a fuoco a Tel Skof, in Iraq nei pressi di Mosul, con i miliziani dello Stato islamico. Nella battaglia è morto un Navy Seal, Charlie Keating, colpito molto probabilmente da un cecchino mentre stava per riprendere il suo veicolo, centrato a sua volta da un RPG: il fuoristrada con cui gli operatori americani sono arrivati sul campo di battaglia viene ripreso da un altro video pubblicato su Rudaw, network curdo, e ha un vistoso foro sullo sportello blindato del guidatore. I momenti della battaglia sono stati ripresi tutti da combattenti peshmerga.

[youtube]https://youtu.be/AH0rIZGBe6w[/youtube]

LA RICOSTRUZIONE DEL PENTAGONO

A quanto pare da diverse ricostruzioni coincidenti con quella ufficiale fornita dal Pentagono, i soldati americani si trovavano già nell’area come telskofforza QRF/MEDEVAC, ossia di reazione rapida ed evacuazione medica, disposta per la presenza nei paraggi di un incontro tra comandanti statunitensi e curdi. In questo periodo ce ne sono diverse di queste riunioni, legate al fatto che Stati Uniti e alleati stanno organizzando la campagna che avrà come obiettivo riprendere il controllo di Mosul, roccaforte irachena del Califfato. La QRF americana è entrata in azione quando i curdi e la milizia assira che proteggeva il fronte locale con lo Stato islamico sono finiti sotto attacco (numeri da verificare: pare dai cento ai trecento bagdadisti, mortai, lanciarazzi, almeno cinque veicoli esplosivi blindati). I Navy Seals americani, con l’appoggio dell’aviazione e di alcuni elicotteri arrivati subito in zona (uno di questi, un Black Hawk con la croce medica), hanno impedito ai soldati del Califfato di rompere il fronte: la battaglia, secondo il racconto dei Peshmerga, è durata intensamente per almeno tre ore. Tutti baghdadisti sarebbero stati uccisi.

L’ASPETTO POLITICO

L’aspetto dello scontro a fuoco non è un semplice dettaglio, ma una questione politica cruciale. Le regole di ingaggio delle forze speciali americane inviate in Iraq e Siria nell’ambito dell’operazione Inherent Resolve contro lo Stato islamico, non prevedono un ruolo “combat” per i militari. 1800L’esclusione è ovviamente una volontà della Casa Bianca per non innervosire l’elettorato e l’opinione pubblica, spaccati in due sul coinvolgimento più attivo americano attraverso l’invio di forze di terra; la memoria della Guerra d’Iraq e l’ombra ancora pesante della situazione in Afghanistan pesa sul pensiero dei cittadini, americani e non solo, solo che negli Stati Uniti tra pochi mesi si voterà il nuovo presidente. E infatti, il portavoce statunitense a Baghdad Steve Warren ha dichiarato nel briefing stampa ha sottolineato più volte che la presenza della unità QRF in zona era una pura coincidenza, erano lì soltanto per coprire la riunione dei comandanti e non come team di sostegno ai guerriglieri locali: come dire, non è una prassi, non è una strategia, è stato soltanto una contestualità, continuiamo a non fare combattimenti. Ufficialmente.

QUATTRO IPOTESI SU UNA DICHIARAZIONE DI UN CURDO

Nel servizio della televisione curda, uno dei Peshmerga racconta ai microfoni che insieme a loro c’era un “British advisor”, che letto come detto significa un operatore delle forze speciali inglesi, come quelli occidentali che accompagnano i combattenti curdi sia in Iraq che nel nord della Siria. Dal racconto questo sarebbe stato ferito alla testa, e il curdo dice di non sapere qual è stata la sua sorte (“Non so se è morto”), ma è stato evacuato velocemente. Ci sono quattro possibili letture. La prima, il Peshmerga semplifica, dice “British” ma intende americano, magari fa riferimentoSchermata 2016-05-05 alle 15.26.08 all’anglofonia, e parla proprio di Keating: è tuttavia un errore non comune, in quanto i Pesh conoscono gli occidentali e sapevano che le truppe arrivate erano americane, e le stesse hanno battuto il campo di battaglia in cerca di indizi successivamente (si vede nel video della Rudaw). La seconda: insieme ai cristiani assiri ci sono diversi combattenti volontari occidentali, e magari parlava di uno di questi, ma non è chiaro perché lo dovrebbero aver portato via un elicottero statunitense. La terza, il Peshmerga fa propaganda e racconta che insieme a loro c’erano forze occidentali per aumentare il ruolo della sua unità e del suo popolo (non sarebbe una novità). La quarta, quelle forze occidentali c’erano davvero: dalle prime ore dopo la battaglia sono circolate voci sul coinvolgimento anche di forze speciali inglesi e italiane. Restando a quest’ultima ipotesi: alcune Sof (inglesi e italiane?) potevano già trovarsi in zona, embedded con i combattenti locali nel ruolo di advisor tipico del contesto strategico e proprio per questa presenza gli americani sono subito intervenuti. Sia il ministero della Difesa italiano, sia il Pentagono successivamente, hanno smentito questo genere di ricostruzione: Warren ha detto che a combattere c’erano solo soldati statunitensi (ma è anche possibile che non sia autorizzato a parlare per conto di altri paesi).

DIGRESSIONE: GLI ITALIANI A MOSUL

A questo punto serve una digressione: Tel Skof si trova a circa venti chilometri di distanza dalla diga di Mosul, dove entro pochi mesi inizieranno i lavori di sistemazione appaltati alla ditta cesenate Trevi. Roma parla dell’invio di un contingente di protezione, mentre una forza di reazione rapida è già presente ad Erbil. Quanto accaduto lunedì è uno dei possibili scenari in cui i soldati italiani potrebbero finire invischiati.

(Nella foto di apertura, i mezzi blindati e artefatti dello Stato islamico pronti per la battaglia)

 

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