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Parte dall’Azerbaijan la sfida per l’integrazione nel mondo musulmano

La capitale dell’Azerbaijan Baku è stata la sede prestigiosa della settima riunione della Alleanza delle Civilizzazioni che si è svolta nei giorni scorsi (25-27 aprile) e ha avuto a tema l’attualità: “Vivere insieme in una società inclusiva, una sfida e una meta”.

Il Forum dell’Organizzazione legata a doppio filo alle Nazioni Unite, e fondata anni orsono dalla volontà della Spagna e della Turchia, ha visto nella capitale azera sfilare centinaia di esperti e autorità di Stati di tutto il mondo per discutere un tema tanto attuale, quello della vita insieme, nel rispetto delle differenze culturali e religiose, in una società inclusiva e non omologatrice. Tra i più di trenta rappresentanti degli Stati presenti, oltre ai presidenti di Turchia e Malta, ai ministri degli Esteri di Turchia e Spagna, vale la pena ricordare la Rappresentanza della Santa Sede, l’Organizzazione Islamica di Cooperazione, l’Organizzazione Internazionale Francofona, il Segretariato dell’Organizzazione Ibero-Americana, FAO, l’Organizzazione di Cooperazione Economica del Mar Nero e, ovviamente, le Nazioni Unite.

La prevenzione dell’estremismo violento, una tre giorni di dibattiti e riflessioni tra autorità ed esperti pubblici e dei settori privati no profit, dove si è insistito molto sulla educazione e il rispetto delle diverse identità all’interno di valori comuni dei diritti umani.

La riflessione sulle “Buone Pratiche di inclusione sociale” ha voluto mettere a confronto non modelli teorici o auspici generici ma tentativi in atto che, pur con limiti e aggiornamenti permanenti, possono ispirare tanto le politiche pubbliche che le azioni della società civile di ogni paese.

Tutto ciò non a partire dalla semplice tolleranza, sempre più usata nel suo senso negativo, piuttosto a partire dal rispetto delle differenze, quelle delle “minoranze innanzitutto”, ha voluto ribadire l’Alto Rappresentante dell’UNAOC Nassir Abdulaziz Al-Nasser nel suo discorso iniziale di apertura.

Così di seguito si sono sviluppate riflessioni, seminari e tavole rotonde sui diversi temi di interesse nel ‘vivere insieme’ delle società mondiali: dal contrasto ai crimini di odio, gli “hate speech”, alla idea di educazione alla cittadinanza, dal ruolo della integrazione dei migranti nelle città alla partecipazione dei giovani nella costruzione di società inclusive e di solidarietà interculturale.

Il progetto sviluppato dalla comunità cittadina di Berlino, di un network inclusivo per il lavoro di cittadini e migranti che non parlano tedesco, ha vinto il premio delle Nazioni Unite per l’innovazione interculturale.

Di particolare rilievo, a dimostrazione della infondatezza di talune polemiche strumentali nei confronti dello spirito e del rispetto della libertà religiosa in Azerbaijan, venuta alla luce in Italia recentemente, un ruolo molto significativo ha avuto il seminario sul impegno dei leaders religiosi nel prevenire la sfida dell’estremismo violento.

In questo contesto si è stigmatizzato l’abuso di citazioni e testi sacri da parte di violenti estremisti, nonostante moltissimi leaders religiosi lavorino con efficacia per promuovere la propria fede e prevenire ogni interpretazione violenta. Si è ribadita la volontà di includere come protagonisti i leaders religiosi in questa lotta globale contro l’estremismo violento, affinchè con la loro opera possano “promuovere la mutua comprensione tra le diverse comunità religiose e riconciliarle”.

Le conclusioni del Forum sono state in linea con gli auspici iniziali del presidente Ilham Aliyev che nel discorso inaugurale del 26 aprile ricordava che “l’Azerbaijan è al crocevia di diverse culture e religioni da secoli e sempre ha dimostrato tolleranza e carattere multiculturale nella sua storia, infatti tutte le etnie e religioni da sempre convivono in pace” . L’Azerbajan, paese al 90% musulmano, infatti è il primo tra i Paesi di maggioranza musulmana ha voler voluto introdurre il “modello concordatario” tra lo Stato e del diverse confessioni, ebrei, cristiani armeni e cattolici in primis, sin dai primi anni della propria indipendenza dall’Unione sovietica. Un buon modello di convivenza e laicità “positiva”. Ciò nonostante alcuni aspetti della Legge sulla libertà di culto del 2009 e gli emendamenti introdotti nel 2015, che potrebbero sacrificare (con il sistema di  registrazione delle chiese e comunità religiose) alcuni caratteri della libertà religiosa e di coscienza, al fine di una più efficace lotta all’estremismo islamico e al terrorismo. Un Paese a maggioranza musulmana, ma “attento a mantenersi laico e rispettoso delle minoranze e dove la piccola comunità cattolica riesce a dare il suo contributo alla società. Un esempio di come potrebbe essere una nazione islamica moderna”. Così P. Theodore Mascarenhas – responsabile per l’Asia, l’Africa e l’Oceania presso il Pontificio Consiglio per la Cultura – ha descritto l’Azerbaijan dopo la sua visita recente.

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