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Il referendum contro le unioni civili non scalda (per ora) i movimenti cattolici

Nunzio Galantino e Angelo Bagnasco

I parlamentari del centrodestra si sono intestati sin da subito la battaglia, annunciando l’avvio della campagna per promuovere il referendum abrogativo contro la legge sulle unioni civili fresca di approvazione (con tanto di fiducia) alla Camera. Tuttavia, dallo stesso mondo cattolico più intransigente nei confronti di quel provvedimento, a partire dagli organizzatori del Family Day, la reazione non è stata così calorosa come qualcuno si attendeva. Le ragioni attengono perlopiù alla sfera della strategia politica, con dubbi sia sull’utilizzo dello strumento referendario, sia sul particolare momento storico che vede ormai il fronte anti-Cirinnà già impegnato a piene mani nel contrastare il referendum costituzionale.

I PROMOTORI DEL REFERENDUM ANTI-CIRINNA’

Sin dal suo debutto all’indomani del via libera alla legge promossa dalla senatrice Monica Cirinnà, il comitato promotore del referendum abrogativo sulle unioni civili si è subito caratterizzato come un fronte compatto di politici del centrodestra. Così infatti lo ha considerato Avvenire e proprio per questo motivo due deputati di Democrazia Solidale come Gian Luigi Gigli e Mario Sberna pur avendo votato contro la fiducia chiesta dal Governo sul ddl Cirinnà (loro che stanno in maggioranza) e pur dicendosi inizialmente d’accordo con l’iniziativa referendaria, si sono poi tirati indietro accusando i promotori di voler “metterci sopra il cappello del centrodestra”. D’altronde, è questo lo schieramento che si dice pronto alla battaglia, composto da esponenti del movimento Idea come i senatori Gaetano Quagliariello, Eugenia Roccella e Carlo Giovanardi, quindi da Maurizio Gasparri e Lucio Malan di Forza Italia, per passare a Gian Marco Centinaio e Nicola Molteni (Lega Nord), i fittiani Francesco Bruni e Lucio Tarquinio, i meloniani Fabio Rampelli ed Edmondo Cirielli, fino all’ex ministro Maurizio Sacconi. Appena saputo della firma alla legge da parte del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, la presidente del comitato Roccella si è detta pronta a depositare in Cassazione i requisiti per la “parziale abrogazione”.

COSA VOGLIONO I REFENDARI

“Chiediamo di abolire gli articoli della legge sulle unioni civili che creano discriminazioni tra le ipotesi di convivenza omosessuale e quelle eterosessuali”, ha detto il senatore Quagliariello nel corso della presentazione dell’iniziativa, convinto che nel provvedimento si arrivi “ad esempio alla cosa assurda e anche un po’ ridicola che se un uomo e una donna convivono per una vita a hanno tre figli, non hanno diritto alla reversibilità, se invece si tratta di una coppia omosessuale l’avranno”. Nelle intenzioni dei referendari c’è quindi la volontà di abolire alcuni punti della legge, in particolare gli articoli che – parole dei promotori – “creano discriminazioni tra le ipotesi di convivenza omosessiale e quelle eterosessuali, togliendo ogni alibi a temi come le adozioni e pratiche quali l’utero in affitto”. C’è persino già l’hashtag di questo referendum: #ciricorderemo. Un chiaro messaggio al premier Renzi, ispirato al manifesto apparso nel corso del Family Day del Circo Massimo.

L’INTERVENTO DI BAGNASCO

Chi però pensava a una discesa in campo diretta anche della Chiesa in questa iniziativa referendaria, s’è dovuto ricredere. In realtà erano in pochi ad esserne convinti, data la nuova linea impressa da Papa Francesco. Tuttavia il recente intervento del presidente dei vescovi italiani, cardinale Angelo Bagnasco, all’assemblea generale della Cei, che ha riservato una durissima requisitoria contro il ddl Cirinnà recentemente approvato, ha fatto capire che c’è una parte dell’episcopato italiano ancora pronto a dare battaglia su questi temi. Tanto da creare frizioni pure con il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, tra i principali interlocutori del Vaticano con il suo partito (Ncd-Area Popolare) al Governo. Lo stesso Bagnasco però sull’eventuale referendum contro la legge sulle unioni gay è stato altrettanto chiaro: rispondendo ai cronisti a margine dell’assemblea della Cei, ha detto che “è un’iniziativa in mano ai laici e che doverosamente dev’essere portata avanti dai laici”. Dal mondo cattolico si sono subito alzate alcune voci contrarie a questa iniziativa referendaria, a partire da quella del Sussidiario.net, il quotidiano on line della Fondazione per la Sussidiarietà molto vicino ai vertici di Comunione e Liberazione, che ha in sostanza bocciato l’ipotesi del ricorso alle urne per cancellare parti della legge (qui l’articolo)

LA POSIZIONE DEL FAMILY DAY

E i promotori del Family Day contro il ddl Cirinnà che cosa dicono riguardo all’iniziativa del centrodestra sul referendum abrogativo? Una presa di posizione ufficiale da parte del Comitato Difendiamo i nostri figli ancora non c’è, anche se non sono mancate singole valutazioni molto nette come quella dell’avvocato Simone Pillon, membro del direttivo, che si è detto fermamente contrario a questa iniziativa che rischierebbe di “deresponsabilizzare i politici e cristallizzare per sempre la legge” (qui la ricostruzione di Formiche.net). Dal canto suo, Massimo Gandolfini in passato ha aperto all’eventualità del referendum abrogativo, ma ora il presidente del Comitato del Family Day ha deciso di impegnare tutte le energie sul no a un altro referendum, quello costituzionale di ottobre, tanto che il 28 maggio all’Auditorium Antonianum di Roma sarà sancita la nascita del “Comitato famiglie per il no”. “La nostra è una battaglia per salvaguardare la democrazia e non rottamare la Costituzione – ha detto Gandolfini -, non una battaglia personale tantomeno una vendetta nei confronti di Matteo Renzi”. L’altro referendum sulle unioni civili per ora può attendere.


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