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Ecco perché i soci Unicredit sono in subbuglio per Ghizzoni e Vita

Di Michele Arnese e Fernando Pineda

Ma è pronto per essere sostituito soltanto l’amministratore delegato Federico Ghizzoni oppure anche il presidente Giuseppe Vita è in bilico in casa Unicredit? E’ quello che si sono chiesti per tutto il fine settimana addetti ai lavori e analisti dopo alcune cronache indiscrete come quelle di Rosario Dimito, giornalista di punta e di lungo corso del quotidiano Il Messaggero diretto da Virman Cusenza. Dimito, sabato 21 maggio, ha dato conto della “sorpresa”, dello “sconcerto”, della “preoccupazione” e delle “perplessità” per l’ultima mossa del presidente Vita. Sentimenti, umori e malumori (lo sconcerto, la preoccupazione, le perplessità) dei “consiglieri di Unicredit” per l’iniziativa di Vita. Quale? La decisione di convocare per martedì 24 maggio il cda di Unicredit, “in luogo del cda fissato per il 9 giugno”.

COSA HA SCRITTO IL MESSAGGERO

Le voci – ha scritto il quotidiano di proprietà di Francesco Gaetano Caltagirone, uno dei soci di peso nel gruppo bancario – “parlano di un mandato affidato a Vita con lo scopo di dibattere temi relativi alla governance dell’istituto; in realtà nessuno mandato gli sarebbe stato affidato né dai grandi azionisti né da altri”. In particolare, secondo la ricostruzione di Formiche.net, a Vita è imputata la decisione di non aver coinvolto il comitato governance e nomine. E chi fa parte del comitato? Tra gli altri, Alessandro Caltagirone, Luca Cordero di Montezemolo e Fabrizio Palenzona. I quali, dunque, sarebbero sconcertati, preoccupati e perplessi per la sortita di Vita.

VOCI E NOMI ANCHE SULLA PRESIDENZA

Per questo si rilanciano sul mercato le voci di un possibile avvicendamento anche per la presidenza, oltre che le dimissioni di Ghizzoni. Oggi Andrea Greco del quotidiano la Repubblica scrive ad esempio che Montezemolo, rappresentante in cda degli arabi del fondo Aabar (primo socio di Unicredit con il 5%) che vogliono ribaltare l’intera governance, punta al ruolo di presidente al posto di Vita. Mentre altri spingono per l’economista Lucrezia Reichlin, ora però nel cda in rappresentanza dei fondi.

IL RUOLO DEL CAPO AZIENDA

Comunque, al momento, per gli azionisti la priorità è individuare un nuovo capo azienda per pilotare rafforzamento patrimoniale e nuova direzione di marcia. Voluto e indicato a fine 2010 dagli stessi azionisti che ora lo vogliono silurare, a Ghizzoni si stanno facendo osservare da settimane alcuni fatti: il titolo ha perso il 40% circa da inizio anno, il piano industriale non ha suscitato entusiasmi tra gli investitori e il patrimonio è ritenuto troppo basso. Ha aggiunto il Corriere della Sera in un articolo di Fabrizio Massaro: “Il rischio (poi sfumato grazie al fondo Atlante) di doversi accollare l’intera Popolare di Vicenza con pesanti ripercussioni sul patrimonio ha mostrato che i livelli (il cosiddetto Cet1, ora al 10,85%) andrebbero rinforzati anche con un aumento da 4-8 miliardi o con cessioni di asset (si è parlato di Pekao, Fineco, Yapi Crefi) che però minerebbero la capacità reddituale futura”.

LE FONDAZIONI E L’AUMENTO DI CAPITALE

Un bel rebus. Anche perché con un aumento di capitale le fondazioni azioniste (la piemontese Crt, Cariverona e la bolognese Carimonte) rischiano di diluirsi. A riprova che il vero nodo non è personale ma fattuale: ossia il necessario rafforzamento patrimoniale visto che Unicredit è una delle 29 istituti mondiali considerati sistemici. Dice un analista: “Quello che è prioritario è l’aumento e non lo dicono i soci ma il “mercato” perché il patrimonio è oggettivamente debole. Quindi, posto che c’è un problema di aumento, i soci vogliono affidare il nuovo corso a nuovi vertici”.

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