Non è di poco conto la scelta di ieri della Cassa depositi e prestiti. La società controllata dal Tesoro ha in sostanza preferito l’offerta di Enel a quella di Telecom Italia per rilevare il 46 per cento di Metroweb in possesso della Cassa. Al di là delle dichiarazioni più o meno ufficiali che ci saranno, la scelta non è stata solo economico/finanziaria ma anche e soprattutto di politica industriale, perché l’offerta di Telecom Italia era di poco superiore (816 milioni di euro rispetto agli 814 milioni di Enel).
La Cassa depositi e prestiti presieduta da Claudio Costamagna e guidata dall’ad, Fabio Gallia, ha preferito l’offerta del gruppo elettrico capitanato dall’ad, Francesco Starace, perché consente alla Cassa di far parte di Enel Open Fiber o di una futuribile società frutto della fusione tra Metroweb ed Enel Open Fiber, di finanziarne magari lo sviluppo e dunque di avere un ruolo di peso negli investimenti per la banda larga, una priorità per l’Italia secondo il premier Matteo Renzi.
Nella decisione della Cdp avrebbero avuto un peso non del tutto secondario i paletti Antitrust che erano stati delineati tempo fa dal Garante del mercato e della concorrenza in caso di una eventuale acquisizione di Metroweb da parte di Telecom Italia. Il gruppo presieduto da Giuseppe Recchi e guidato ora da Flavio Cattaneo ha visto ieri avverarsi le sensazioni che da tempo circolavano tra gli addetti ai lavori, come sottolineato giorni fa da Formiche.net: ovvero il gradimento seppure non esplicitato da parte del governo verso la soluzione decisa ieri dalla Cassa depositi e prestiti. Non è dunque bastata neppure la mossa in extremis di Telecom di mettere sul piatto il controllo di Telecom Italia Sparkle, la controllata del gruppo telefonico che ha la proprietà di cavi sottomarini per il traffico di dati e comunicazioni, ritenuta strategica dal governo. Per questo i vertici di Telecom nell’offerta per rilevare la quota di Metroweb detenuta da Cdp avevano anche indicato la possibilità di cedere alla Cassa il 100 per cento di Sparkle. Ma evidentemente non si è trovata la quadra sul prezzo. Oppure lo “scambio” non è stato troppo gradito da Cdp e pure da ambienti dell’esecutivo. Significative in questo senso le parole pronunciate giorni fa dal sottosegretario allo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli: su Telecom Sparkle “non c’è di per sé una connessione con Metroweb” (Come dire: che ci azzecca?).
Questo non significa che il dossier Sparkle non possa riaprirsi visto che comunque l’esecutivo ritiene la controllata di Telecom una infrastruttura strategica che sarebbe opportuno tenere alla larga da mani straniere, come quelle nuovo azionista forte di Telecom, ossia la francese Vivendi di Vincent Bolloré.
Per un definitivo assetto azionario di Metroweb ora resta la decisione del maggior azionista della società milanese, ossia il fondo F2i. Ma la direzione di marcia, dopo la scelta della Cdp, appare scontata.
Di fatto con la mossa della Cassa si realizza il progetto di una sorta di Metroweb campione nazionale per realizzare la rete in fibra ottica nelle zone non a fallimento di mercato con un ruolo non di poco conto dello Stato, visto che la Cdp è controllata all’80 per cento dal ministero dell’Economia ed Enel pur essendo quotata in Borsa è partecipata dal Tesoro e i vertici hanno il gradimento e l’appoggio di Renzi come testimoniato in diverse occasioni. Un approccio non proprio liberista che era stato stigmatizzato più o meno esplicitamente nel recente passato dal presidente di Telecom, Recchi, anche per le tentate incursioni normative sulla rete fissa in rame.
La direzione di marcia di governo, Enel e Cdp sulla fibra ottica è comunque chiara e foriera di ricadute: da un alto segna una concorrenza robusta e sistemica ai piani di Telecom sempre sulla fibra ottica e dall’altro accelera di fatto l’obsolescenza della rete in rame della società guidata ora da Cattaneo.