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Elezioni amministrative: quali cure per le città?

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Cosa farei se fossi candidato sindaco a queste elezioni amministrative? Quale sarebbe il mio programma, quali sarebbero le mie azioni concrete a favore dei miei azionisti, i cittadini, quelli che mi votano e, soprattutto, quelli che mi pagano per governare la “loro” città?

E dico “che mi pagano” perché, da soggetto che ha vissuto in diverse, importanti città italiane, ho personale consapevolezza anche solo dei vantaggi fiscali del vivere in una piuttosto che in un’altra. Volete un esempio? Almeno 1400 euro all’anno (più o meno 215 euro netti in più al mese) in più tra addizionale regionale e comunale se si vive a Roma piuttosto che alla maggior parte degli “ex” capoluoghi di provincia nel nostro paese. Come dire: basterebbe saperlo e si potrebbe fare pianificazione fiscale anche solo prendendo la residenza altrove da Roma. Altro che Panama Papers: Pavia o Rimini Papers. Provare per credere.

Ecco perché amministrare una città, magari una grande città, è difficilissimo e impone scelte complesse. Perché sono tempi difficili questi. Tempi in cui la fiducia nella funzione nell’arte di governare è in costante declino. E allora la domanda è: come si può rovesciare questo trend negativo?

Ci vorrebbero una serie di capacità altrettanto complesse. A dir poco, managerialità, visione olistica, pragmatismo costruttivo, personal branding (non è mai abbastanza…), competenze economiche e di bilancio, fortissime logiche di team. Ecco perché non basterà mai una persona sola al comando. Ci vuole qualcosa di più: la capacità di selezionare e costruire una rete di riferimento. Anche se potrebbe comunque non bastare.

Pensateci bene: ammesso che si abbiano tutte le capacità e le persone giuste per tentare di raggiungere un orizzonte di cambiamento, come è possibile a pensare che un qualsiasi sistema di potere (che sia quello dei partiti, quello dei costruttori, quello delle cooperative sociali o qualunque altro) possa decidere se appoggiare decisioni o provvedimenti che, una volta attuati, diminuiranno i privilegi o ricavi che da quel potere derivano?

Ecco perché a tutti noi il confronto con la politica sembra una battaglia persa in partenza. Ma non bisogna arrendersi. Dobbiamo provare a intraprendere un nuovo cammino cercando di sperimentare la politica attiva come valore e non privilegio di pochi. Dobbiamo ragionare per superare l’impasse dell’impossibilità di oltrepassare le reti di potere e, invece, lanciare proposte concrete e pragmatiche per governare le grandi realtà.

E l’unico modo è quello di migliorare il governo della complessità. Una cosa niente affatto facile ma che si potrebbe provare a raggiungere:

1) accorpando i comuni limitrofi fino a dimensioni minime di 5000 abitanti per migliorare le infrastrutture comuni (obiettivo spending review);
2) liberalizzare le licenze amministrative per le superfici commerciali superiori ai 1500 mq, sinora soggette a piano regionale (obiettivo rilancio attività commerciali);
3) riformulare la tassazione delle rendite fondiarie per adeguare gli oneri concessori e permettere così di finanziare i costi dell’urbanizzazione e delle infrastrutture pesanti, come succede in Spagna o a Londra (obiettivo rilanciare le infrastrutture);
4) consentire l’emissione di obbligazioni dedicate ai piccoli investitori locali con tassi di remunerazione almeno pari alle emissioni di pari durata dello Stato (obiettivo legare le risorse al territorio);
5) copertura delle eventuali perdite delle partecipate per gli investitori (azionisti) privati di piccola dimensione pari alla percentuale di azionariato pubblico esistente (obiettivo copertura statale);
6) reinvestire “per legge” l’80% degli utili delle partecipate in opere pubbliche di ammodernamento infrastrutturale del comune di riferimento (obiettivo utile per il territorio dalle partecipate).

Sembra difficile, come ci siamo già detti, ancora una volta e per sempre. D’altra parte, come ci ricorda l’ultimo rapporto della Fondazione Einaudi, gli autobus romani sono i più vecchi d’Europa. Senza dimenticare che il personale costa il doppio e che le vetture hanno una vita media di 8,7 anni. A Berlino è di 4,9 e a Parigi di 6. Per non parlare di chi non paga il biglietto.

Come dire: possiamo fare di peggio? Ecco perché, quando siamo di fronte a un bivio, dobbiamo sempre ripensare la mappa che ci dice dove siamo e da dove veniamo. Per sapere consapevolmente dove stiamo andando, quello che stiamo perdendo e quello che stiamo guadagnando.

Come persone e come cittadini.

Una versione di questo articolo è stata pubblicata anche sull’Huffington Post

http://www.huffingtonpost.it/angelo-deiana/accorpare-liberalizzare-riformulare-la-cura-per-le-citta-a-una-settimana-dalle-elezioni-_b_10162746.html?utm_hp_ref=italy


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