ieri, classica cena romana, all’aperto, da ottavio. chi vive nella capitale può intuire lo spettacolo di varia umanità che ha condito il pasto rigorosamente carnivoro.
degli otto commensali, solo due domenica andranno a votare. altri cinque si riservano “forse” di farlo al ballottaggio: “come montanelli, turandosi il naso” (ripetuto, ossessivamente, a destra come a sinistra).
dinanzi a tanta diffusa disaffezione, la proposta di (re)introdurre il “dovere” di voto: una proposta bocciata all’unanimità!
eppure sarebbe un modo per rendere effettiva la costituzione: art. 1 (“la sovranità appartiene al popolo”) e art. 2 (“doveri inderogabili di solidarietà politica”).
ma, sopratutto, sarebbe un modo per farla finita con l’apatia che è subentrata al crollo delle ideologie, favorita dai continui ribaltoni che rendono irrilevante il voto personale.
se si fosse costretti a votare, è difficile rimanere indifferenti alle candidature e, pertanto, la selezione dei partiti sarebbe più rigorosa e i programmi sarebbe più curati, anche perché la maggiore affluenza farebbe perdere peso ai capibastone.
se si fosse costretti, per andare al seggio, a tornare prima dal lungo week end, il voto tradito si tradurrebbe in rabbia, un sentimento, l’unico sentimento che la politica teme come la peste perché la rabbia porta in piazza e la piazza è in grado di delegittimare chi è al potere.
infine, ma non da ultimo, si tornerebbe ad alimentare la cultura dei doveri: senza doveri il diritto di avere diritti è solo demagogia.
dunque lancio la proposta di (re)introdurre il dovere di voto: almeno tutti andrebbero a votare al referendum abrogativo!