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Elezioni comunali, cosa si dice nel popolo del Family Day?

Massimo Gandolfini

Il dibattito sui risultati delle amministrative tiene banco tra gli organizzatori del Family Day. A fare discutere è innanzitutto il debutto elettorale del Popolo della Famiglia, il partito fondato da Mario Adinolfi e Gianfranco Amato che ha sin dall’inizio suscitato aspettative, polemiche e distinguo all’interno dello stesso Comitato Difendiamo i nostri figli (qui e qui gli ultimi approfondimenti di Formiche.net).

COME E’ ANDATO IL POPOLO DELLA FAMIGLIA

Con lo 0,6% racimolato dal direttore de La Croce a Roma, dove si era candidato sindaco, e i risultati oscillanti tra lo zero virgola e poco sopra l’1% nelle altre città dove il PdF si è presentato (con alcune punte verso il 2%), non si può certo parlare di una performance entusiasmante per Adinolfi e soci (qui il resoconto di Fanpage che parla di flop elettorale). Come ha scritto lo stesso leader del partito, “decine di migliaia hanno scelto di dare quel voto ai candidati sindaco indicati dal Popolo della Famiglia, seminando speranza”; di questi, in più di 7mila hanno votato proprio per Adinolfi. Al di là delle diverse interpretazioni che si possono dare a questi numeri (c’è chi parla di flop, chi segnala l’ostracismo mediatico e quindi parla di mezzo miracolo, chi dice che è comunque un buon inizio) un dato appare chiaro: al Family Day del 30 gennaio c’erano centinaia di migliaia di persone, forse addirittura un milione. Pur non potendo essere tutte residenti nei Comuni chiamati al voto domenica scorsa, è comunque evidente che dal partito che si propone di rappresentare politicamente le istanze di quella piazza così numerosa ci si attendeva forse qualche consenso in più.
La Bussola Quotidiana, mai tenera verso l’iniziativa politica di Adinolfi e Amato, ha parlato di “numeri impietosi” suggerendo un percorso: “Una strada – scrive in questo articolo il quotidiano online diretto da Riccardo Cascioli – potrebbe essere quella di ripartire dalla piazza del Circo Massimo, senza avere ambizioni partitiche per non sciupare un movimento che difficilmente si potrà inquadrare, per esperienze in un’unica formazione. Perché è quello il tesoro certificato dalle due manifestazioni che hanno visto protagonista il Comitato genitori e figli e tutte le altre realtà associative”.

LA VERSIONE DI ADINOLFI

Per l’ex deputato del Pd, quello di domenica scorsa è stato soltanto un primo passo. Non nasconde un pizzico di delusione ma – battagliero com’è – guarda avanti e traccia la rotta: “La scelta del Popolo della Famiglia di costruire un soggetto politico imperniato sui principi non negoziabili ha attratto il consenso di decine di migliaia di persone in poche settimane – ha scritto -. Sarà la nuova Comunione e Liberazione? O, meglio, il nuovo Movimento Popolare? Un gruppo coeso ed efficace di cattolici impegnati in politica con un mandato molto preciso? Presto per dirlo, il PdF andrà valutato nella capacità di tenuta dei prossimi mesi”. Quindi l’implicita stoccata al Forum delle Famiglie: “Certo è che la proposta di trasformare la presenza dei cattolici in politica in una mera attività da ‘sindacato delle famiglie’ per ottenere qualche vantaggio economico appare una prospettiva asfittica, che condannerà ancora di più all’irrilevanza quel che resta del cattolicesimo politico”.
Adinolfi ha poi spiegato di avere un “obiettivo preciso”: “Far sì che con una forza anche piccola ma interdittiva e autonoma, si possa evitare la tragedia già annunciata di un ondata di leggi contro la vita e contro la famiglia di cui la leggina sulle unioni gay è solo l’antipasto. Che ora ha qualche decina di migliaia di amici in tutta Italia, ottomila solo a Roma. I Trecento sono diventati di più e non sono manco morti, come narrazione vorrebbe. Qualche ferita, ammaccatura, aspettativa in parte delusa, sì. Ma serve tenacia nei progetti complessi e nessuno immaginava che ci saremmo svegliati il 7 giugno avendo conquistato l’Italia”.
Infine, appuntamento a tutti all’assemblea nazionale del Popolo della Famiglia, in programma sabato prossimo al Centro Congressi Cavour di Roma. “Il Popolo della Famiglia – ha concluso Adinolfi – si strutturerà, si organizzerà meglio, ma poggerà proprio sul risultato che alcuni irridono ma è invece (date le condizioni di mezzi e di tempo a disposizione) il primo brandello del miracolo che abbiamo chiesto. E le preghiere che abbiamo rivolto a Chi ci ha chiamato a questo compito sono state solo di ringraziamento per il molto che ci è stato già dato oltre che per il moltissimo che sappiamo di dover fare”.

SAVARESE SCHIERATO CON LA MELONI

Il problema è che Adinolfi non è stato votato dai suoi stessi ex colleghi del direttivo del Comitato Difendiamo i nostri figli, con i quali ha organizzato il Family Day. E’ il caso di Filippo Savarese, il giovane neocatecumenale romano portavoce di Generazione Famiglia e molto vicino al portavoce del Comitato, Massimo Gandolfini. “Speravo di aver dato un voto utile, e mi ritrovo ad aver dato un voto giusto. Me ne vado a dormire decisamente soddisfatto di aver scelto di votare per Giorgia Meloni, autrice tenace di un risultato comunque eccezionale che ha riportato una ventata di entusiasmo di natura chiaramente popolare nel centrodestra romano” ha scritto su Facebook, aggiungendo che i risultati del centrodestra a Roma e a Milano “sono due facce dello stesso, necessario cantiere. Quello che dovrà ricostruire l’unica condizione che, come ancora una volta si dimostra, può provare a contendere il Governo del Paese al relativismo sfrenato del Pd e alla nebulosa giacobina 5 Stelle: un ampio polo di centrodestra dai tratti non omologati ma comunque coeso su un nucleo valoriale preciso”.



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