“L’ironia della storia ha voluto che, proprio quando la Spagna passa al multipartitismo di fatto, l’Italia approva una nuova legge elettorale che imita il bipartitismo ispanico a tal punto punto che agli inizi era conosciuta come sistema spagnolo modificato”. L’articolo pubblicato il 7 giugno dal sito spagnolo El Confidencial fa riferimento alla “disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati”, che entrerà in vigore il 1° luglio, con l’ormai noto appellativo di Italicum. Per Pablo Simón, docente dell’Università Carlos III di Madrid, la nuova normativa elettorale italiana non somiglia poi così tanto alla legge elettorale spagnola, ma l’obiettivo resta lo stesso: garantire la governabilità. “La prima tornata elettorale consegna la vittoria al partito che raggiunge la maggioranza – ha spiegato Simón – e questo favorisce la creazione di coalizioni prima dei comizi”.
Secondo El Confidencial, non c’erano dubbi che l’Italia avesse bisogno di una riforma elettorale:“L’instabilità politica fa parte del cocktail che ha portato questa potenza industriale, quarta economia dell’euro, alla stagnazione, con crescite che oscillano attorno all’1 per cento e un debito pubblico di 2.200 miliardi di euro, pari al 132 per cento del Pil”.
IL DESTINO NEL REFERENDUM
Nonostante non si sia votato in tutti i comuni – e il premier abbia sottolineato che le elezioni comunali non erano un bilancio sulla salute del governo – Steven Forti ha scritto sul sito spagnolo Bez che il voto del 5 giugno è stato “la prima prova per il presidente del consiglio, e segretario generale del Partito democratico, Matteo Renzi, che a ottobre indirà un referendum sulla riforma costituzionale, approvato dal Parlamento, ma colpito dalle dure critiche dell’opposizione e dell’opinione pubblica italiana”. Delle comunali, Forti sottolinea “l’eccezionale risultato raccolto dalla giovane candidata Virginia Raggi (35,3 per cento)”.
Per lo storico Alfonso Botti, invece, “il vento della protesta contro i partiti tradizionali e le forme abituali di fare politica non è diminuito. La prova è l’affermazione dei Cinque Stelle a Roma, l’ottimo risultato a Torino e il successo di Luigi de Magistris a Napoli”. Tuttavia, Botti non crede “che questi risultati abbiano effetti sul governo di Renzi, perché sarà il referendum sulla riforma costituzionale a deciderne il destino. Il primo segnale di allarme è suonato“.
DIECI LEZIONI ITALIANE PER PODEMOS
Il sito El Confidencial aveva confrontato, ad agosto del 2014, il partito spagnolo Podemos con il Movimento Cinque Stelle italiano. Dalla concentrazione della leadership in un’unica persona, all’esposizione mediatica, passando per i principi ideologici e la politica europeista, le differenze (ma anche le somiglianze) tra i due partiti non sono poche. L’articolo era intitolato: “Dieci lezioni italiane che Podemos dovrebbe tenere in conto”. “In pochi mesi Podemos si è consolidata come la terza forza politica spagnola – si legge sul Confidencial – . Un caso unico in Europa? No, il Movimento Cinque Stelle del comico Beppe Grillo ha sperimentato una crescita simile un paio di anni fa ed è una delle grandi forze politiche in Italia, al punto di essere stato il partito più votato in solitario alle elezioni politiche”.
IL TRIONFO DI VIRGINIA RAGGI A ROMA
Da allora né è passata di acqua sotto i ponti e i risultati delle ultime elezioni hanno confermato il vantaggio del Movimento Cinque Stelle, almeno su Roma. “L’avvocatessa Virginia Raggi, 37 anni, sposata, un figlio, può conquistare il Campidoglio, il comune di Roma. Attira l’attenzione dei media di mezzo mondo. Il grande trionfo ottenuto dalla Raggi, consigliere del Movimento Cinque Stelle che al primo turno nelle elezioni comunali ha ottenuto il 35,2 per cento dei voti, superando con più di 10 punti Roberto Giachetti, con cui si giocherà la partita al ballottaggio del 19 giugno, l’ha resa un personaggio famoso, mentre pochi mesi fa nessuno la conosceva”, scrivei il quotidiano spagnolo Abc.
RITA MAESTRE, LA RAGGI DI PODEMOS?
L’articolo sostiene che è “inevitabile” stabilire dei parallelismi con un’altra figura politica femminile: la spagnola Rita Maestre di Podemos. Entrambi sono donne molto telegeniche, appartenenti a partiti giudicati populisti con prime fette potere a livello locale. Maestre è consigliere per il comune di Madrid e portavoce di Podemos. “Sono agli antipodi – si legge su Abc – . Virginia Raggi, all’interno del Movimento Cinque Stelle, che è un movimento trasversale, si colloca nel centrodestra, con un percorso molto lontano da quello di Rita Maestre, che è di sinistra”. Ci sono “infinità di differenze tra Raggi e Maestre, ma ne basta una: il consigliere a Madrid è stata processata per un’azione contro la chiesa nella cappella dell’Università Complutense. Mai avrebbe ceduto Virginia Raggi a un tale radicalismo”. “Per Roma, la vera rivoluzione è la normalità”, dice il candidato del Movimento Cinque Stelle sulla sua pagina Facebook. “Una città che funziona non è di destra né di sinistra. È una città a cinque stelle”. Secondo Abc, tra i pregi di Raggi c’è la continua ricerca del consenso, da destra a sinistra.
SCETTICISMO ITALIANO
Il quotidiano El Mundo analizza il fenomeno dei Cinque Stelle in Italia attraverso il racconto di Jorge Bustos, in visita a Milano per assistere alla finale della Champions League. “Prima della partita ho pranzato in una pizzeria a Milano, mentre davo uno sguardo al Corriere della sera. Mi sono soffermato su una notizia su Beppe Grillo. Per distrarre il nervosismo calcistico ho cercato di parlare di politica con il cameriere in un itañol maccheronico”. “Tutti los políticos son igual: sinistra, derecha, centro, tutti”, mi ha detto il ragazzo. Qui abbiamo la vittima ideale del populismo, mi sono detto, così gli ho fatto vedere la foto del comico che ha fondato il Movimento Cinque Stelle. “Grillo?”, ha esclamato alzando il sopracciglio. “Grillo, governando, igual”, ha poi commentato.
IL POPULISMO AL POTERE NON ESISTE
Secondo Bustos, lo scetticismo del cameriere milanese contrasta con l’entusiasmo per ciò che è nuovo il che, secondo i sondaggi, darà un vantaggio a Podemos rispetto al Psoe. “È vero che il partito di Grillo è stato il più votato nelle elezioni generali del 2013 con il 25 per cento dei voti, e che solo un accordo tra i partiti tradizionali lo ha fatto retrocedere alla terza posizione. Ma tre anni dopo, il Movimento Cinque Stelle è in una corsia dove nessuno vuole restare […] Il populismo, al potere, smette di esistere”.