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Perché gli ingegneri occidentali popolano Isis

Una casalinga è stata arrestata a Franciacorta, in provincia di Brescia per arruolamento con finalità di terrorismo. Secondo le prime indagini, Sara Pilè, 25 anni e sposata con un tunisino di nome Naim Saghari, convertitasi all’Islam, era intenzionata a partire per la Siria per combattere tra le fila dello Stato Islamico. Faceva apologia del terrorismo sui social network e indossava il niqab, da quanto si legge sul Corriere della sera .

I MITI DEL JIHADISMO

Nonostante alcuni stereotipi, i jihadisti non sono soltanto individui con scarsa o inesistente formazione accademica, che hanno dovuto affrontare frustrazioni personali e sentimentali, difficoltà economiche o emarginazione. Un’analisi di Moisés Naim, membro dell’International Economics Program del Carnegie Endowment for International Peace, ed ex direttore di Foreign Policy, spiega come i processi psicologici degli estremisti islamici siano sempre più complessi e meno evidenti. Nell’articolo intitolato “I miti del terrorismo jihadista”, Naim cita un report dell’Associazione americana di psichiatria che sostiene: “Le ragioni per cui i giovani si uniscono ad organizzazioni terroristiche non dipendono dall’essere povero, musulmano o psicopatici, ma da altre vulnerabilità della natura umana, esasperate da certi aspetti delle società occidentali. “Per alcuni giovani che si sentono persi, soli, spiritualmente orfani o abbrumati, l’ideologia proposta da Isis è un’apparente soluzione istantanea alle difficoltà della condizione umana”, spiega lo studio.

SUCCESSO TRA GLI INGEGNERI

Anche un’analisi pubblicata dal sito Es Global sostiene la tesi secondo cui non tutti i terroristi islamici sono persone disperate senza futuro: “Anzi, ci sono molte persone formate, al di sopra della media dei Paesi di origine. Ci sono moltissimi ingegneri, come conclude un recente studio basato sull’analisi dei profili di migliaia di jihadisti”.  Uno di questi profili è quello di Abdul: nato a Mumbai, in India, è ingegnere. Aveva moglie e tre bambini. Lavorava a Datamatics e in tre anni aveva quadruplicato lo stipendio. Era considerato dai capi un professionista affidabile e competente. Nella lettera di licenziamento ha spiegato che voleva dedicare un anno alla ricerca religiosa e spirituale. È diventato leader del Movimento di Studenti Islamici in India, l’organizzazione che ha compiuto l’attentato dell’11 luglio del 2006, a Mumbai, uccidendo 190 persone.

La ricerca è di Steffen Hertog, professore della London School of Economics e Diego Gambetta, professore della European University Institute di Firenze. È stata pubblicata dalla Princeton University Press con il titolo: “Engineers of Jihad:The Curious Connection between Violent Extremism and Education” (Ingegneri della Jihad: il curioso collegamento tra istruzione ed estremismo violento).

ALCUNE CIFRE DA CONSIDERARE 

Secondo lo studio, sia tra gli estremismi islamici, sia tra le organizzazioni di estrema destra, c’è un alto tasso di combattenti laureati in ingegneria. Nelle organizzazioni di estrema sinistra, invece, ce ne sono molti meno. “Nonostante i movimenti islamici cerchino di spingere un processo di proletarizzazione, negli ultimi 30 anni sono stati rappresentati da persone molto istruite”, spiega il professore Hertog. I modelli comportamentali non sono regolari, ma alcune cifre possono essere attendibili per studiare il fenomeno: circa il 60 per cento del campione studiato è composto da terroristi con un grado di istruzione superiore. Di quelli che hanno una laurea, il 40 per cento sono ingegneri, seguiti da ricercatori in studi islamici e medici.

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CONOSCERE IL PROFILO DEI TERRORISTI

Barah Mikaïl, professore presso la Saint Louis University, ha spiegato a Es Global che “molti governi, centri ed esperti, insistono nella ricerca del profilo medio delle persone che si arruolano nell’Isis o Al Qaeda, ma la realtà è che nessun studio o algoritmo può svolgere questo compito […] molti individui sono conquistati – specialmente da Isis – perché pensano di beneficiare di una buona retribuzione e della soddisfazione di dare all’organizzazione una struttura seria e moderna”. Per l’antropologo americano Scott Atran, chi entra nelle file di Isis lo fa perché crede nella gloria di “una jihad ugualitaria, che non discrimina, è cool, fraterna e persuasiva”.

OFFERTE DI LAVORO DI ISIS

Il pugile britannico Omar Hussein ha pubblicato un articolo il 1° aprile del 2015 intitolato: “Dieci lavori che lei può fare a Dawlah (stato di Isis)“. L’autore spiega cosa si può fare nel Califfato e come si possono sbrigare le pratiche per il trasferimento. Una prima opzione è lavorare nel team dei media, per “combattere la propaganda e le calunnie negative dell’Occidente contro lo Stato Islamico”. Ma c’è bisogno anche di medici e infermieri, per l’assistenza sanitaria: “Non voglio sembrare duro, ma per favore, tu devi avere paura di Allah. Smetti di curare i Kuffaar (parola in arabo che significa “persone che non credono in dio”, ndr) e vieni a guarire le ferite dei tuoi fratelli”, ha scritto Hussein.  Il terrorista ha raccontato che c’è bisogno anche di cuochi e camerieri, tecnici in grado di riparare le automobili, artificieri, professori, contabili, allenatori e persone con la voglia di far parte della “hisba, l’ente che fa rispettare la legge islamica. Questi ultimi svolgono un lavoro molto gradevole. Sorvegliano le strade, impediscono il munkar (vizio) e sono gli addetti alle decapitazioni”.



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