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Pensioni, la voglia matta di Renzi di rottamare il sindacalismo autonomo

Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, fedelissimo del premier Matteo Renzi, ha convocato CGIL, CISL e UIL martedì 24 maggio e martedì 14 giugno per “parlare” di pensioni.

Come da cattiva abitudine di questo governo, la convocazione è arrivata solo alle Confederazioni generali del lavoro, non anche alle Confederazioni sindacali autonome delle categorie dirigenti, CONFEDIR in particolare.

L’omissione è ancor più scandalosa se si considera che proprio le categorie dirigenti sono state quelle più massacrate, negli ultimi 10 anni, in materia previdenziale, sotto forma di mancata o ridotta perequazione delle pensioni in godimento, di “contributi di solidarietà” coatti, ecc., anche calpestando chiari giudicati costituzionali (sentenze 116/2013 e 70/2015).

Anche il problema previdenziale d’attualità, cioè la cosiddetta “flessibilità in uscita” attraverso l’assegno pensionistico (Ape) costituito da un prestito parziale, anticipato fino a tre anni dalle banche al lavoratore in uscita, che poi verrebbe restituito dal beneficiario al momento in cui scatta per lui la pensione piena attorno ai 66 anni di età, interessa le categorie dirigenti già di per sé ed anche in via indiretta perché non vorremmo che i costi dell’operazione (attentamente monitorati dalla Ue) venissero scaricati anche su quei pensionati “colpevoli” di avere una pensione medio-alta, chiaramente meritata e già pesantemente tassata e penalizzata (è quanto avvenuto sotto gli ultimi Governi).

Visto che il ministro Poletti non ha recepito la nostra protesta e raccolto il nostro sollecito a consultare doverosamente anche le Confederazioni rappresentative delle categorie dirigenti, si impongono le seguenti considerazioni:

  • si persevera nel malvezzo di consultare solo le forze sociali ritenute più vicine politicamente, tradizionalmente compiacenti, nella speranza comunque di rastrellare voti, anziché tutte le rappresentanze legittime di ben definite categorie sociali;
  • queste cattive abitudini erano già state da noi evidenziate negli anni ’80 e ’90 (“regnanti” determinati ministri della Funzione pubblica e del Bilancio nonché della Sanità);
  • l’inutile esercizio odierno di autoritarismo ed arroganza preoccupa, a maggior ragione alla luce della controversa riforma costituzionale, confusa e contraddittoria al di là del lecito, ma che certo vuol dare più potere all’Esecutivo, con l’aggravante di una legge elettorale che mira a favorire “l’uomo solo, o il Partito solo, al comando”.

Ciò premesso e considerato, diciamo ai nostri Associati, come ai cittadini tutti, in vista del referendum costituzionale: state attenti perché non si vuole rottamare la Prima Repubblica, né quanto c’è tuttora di “marcio” (evasione, corruzione, sprechi, privilegi, ecc.), ma addirittura la democrazia e le sue procedure, cioè l’essenza stessa della Costituzione.


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