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Spagna, tutti gli scenari post elezioni

pablo iglesias_flickr podemos

In sei mesi tutto (o nulla) può cambiare. In Spagna, almeno sul piano politico, lo scenario continua a essere incerto. L’unica novità riguarda la coalizione tra il partito dei comunisti Izquierda Unida e Podemos. Questa nuova alleanza, Unidos Podemos, ha sorpassato nei sondaggi sia il Partito socialista Operaio Spagnolo (Psoe) che i conservatori del Partito Popolare (Pp). Un dato che conferma una tendenza tutta europea: la crisi dei partiti tradizionali.

STESSI PROBLEMI, NUOVE FORZE POLITICHE

In Spagna gli indecisi sono ancora tanti, ma gli esiti dei sondaggi difficilmente cambieranno. Secondo il sociologo spagnolo Manuel Castells, docente all’University of Southern California, il giorno dopo le elezioni del 26 giugno gli spagnoli continueranno ad avere gli stessi problemi: disoccupazione, precariato, salari bassi, scarsa produttività, speculazione immobiliare, sfratti, tagli all’istruzione e alla sanità, povertà e disuguaglianza in aumento, scarsa sicurezza, corruzione politica, instabilità istituzionale e un conflitto costituzionale con la Catalogna.

In un articolo pubblicato da Internazionale, Castells precisa che “se giudichiamo in base alle condizioni dei cittadini, e non agli indicatori macroeconomici, è evidente che il paese non sia affatto uscito dalla crisi […] Perché emergano nuove soluzioni in grado di stimolare le aziende, migliorare il tenore di vita dei cittadini e rigenerare la democrazia sono necessarie nuove forze”.

VERSO LE TERZE ELEZIONI?

Dunque, la ripetizione, l’ennesima, delle elezioni, non è un’ipotesi remota. Politologi e analisti sostengono che, date le condizioni, si tratta della via più probabile. Questa è stata la conclusione di un incontro promosso dall’Università Nazionale di Istruzione a Distanza (Uned), per analizzare il voto del 26 giugno. Tornare a votare per le elezioni politiche, nell’arco di un anno, non è una novità per la Spagna, ha ricordato il professore di Scienze politiche e sociologia, José Ignacio Torreblanca: “È successo nel 1918 e nel 1929”.

DALL’ILLUSIONE ALL’ASTIO

Gli elettori che il 26 giugno si recheranno alle urne dovranno tenere conto di alcuni cambiamenti, nel frattempo verificatisi dal 20 dicembre a oggi. Per Marta Romero, politologa della Fundación Alternativas, “il sorpasso è avvenuto, il centro è più debole e lo scenario politico si è polarizzato. Gli spagnoli sono passati dall’illusione all’astio”.

ULTIMI SONDAGGI

Sulle intenzioni di voto, l’analista elettorale Jaime Miquel Andrada dice che il Psoe si mantiene forte al sud della Spagna, che il Pp ha guadagnato territorio al centro e che Unidos Podemos è leader in Galizia, Euskadi, Catalogna, Madrid, Valencia e le Canarie. Le sue previsioni: PP avrà tra 6,7 e 7,3 milioni di voti, Unidos Podemos tra 5,5 e 6,2 milioni, Psoe tra 4,7 e 5,4 milioni e Ciudadanos tra 3 e 3,7 milioni. Nonostante il flusso di voti, il Pp si è fermato e la coalizione di sinistra sembra potere superare il Psoe.

POSSIBILI ALLEANZE

Come aveva anticipato a Formiche.net il professore Eliseo Rafael López Sánchez, la coalizione più probabile per formare un nuovo governo, in termini numerici, sarebbe quella tra Psoe e Unidos Podemos, ma allo stesso tempo è quella più difficile da realizzarsi, in termini politici. Secondo Juan Jesús González, docente della Uned, le difficoltà riscontrate nel dialogo tra le diverse forze politiche fanno pensare a una terza tornata elettorale.

PER LA DEMOCRAZIA REALE

“Tutti i partiti dicono di non volere tornare alle urne per la terza volta in pochi mesi – ha scritto Castells su Internazionale -. E allora? Forse si potrebbe ipotizzare un governo di minoranza del Pp che ottenga la fiducia mediante l’astensione del Psoe e di Ciudadanos, ma anche in questo caso l’opposizione dell’Up e dei partiti nazionalisti renderebbe la vita impossibile al governo”. Per il sociologo esistono solo due opzioni praticabili: “un’alleanza tra Up e Psoe, o la grande coalizione tra popolari e socialisti voluta dai poteri forti, magari sacrificando Sánchez e, forse, anche Rajoy. Questa coalizione stabilizzerebbe il governo, ma non una società mobilitata e determinata nelle sue rivendicazioni”. L’alternativa, conclude, non è tra riforma e rottura, ma tra immobilismo e democrazia reale.


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