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Cosa (non) aspettarsi da Hollande, Merkel e Renzi

Il panico schizza su e giù per l’Europa dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, ma economisti e politici insieme potevano sicuramente fare di più: cioè informare bene, e dettagliatamente, il popolo delle conseguenze, per una scelta o un’altra, senza ora assolversi la coscienza buttando tutta la responsabilità su una transizione generazionale definita di “elite” che colpevolizza la tradizione di un popolo grande (che sta per anziano) che ha votato contro il popolo giovane scegliendo l’uscita.

Questo è il teatrino che va in scena in queste ore, mentre in Italia si ripete la solita storia: dicono i renzisti che il nostro sistema economico/finanziario/bancario è forte (?), ci appoggiamo anima e corpo al robusto Mario Draghi che per fortuna ha una visione e una gestione della situazione internazionale globale e farà come al solito straordinariamente il paracolpi. Anche dell’Italia. Qui da noi sentiamo le solite frasi renziste “l’Europa è la nostra casa, dobbiamo restaurarla” ripetute dalle 3 emittenti pubbliche (si fa per dire!) all’unisono con una velina che passa attraverso i telegiornali e i talk show quotidiani. Non una parola di attenzione verso l’America che ci ha consentito generosamente in questi anni di scorazzare su e giù su disastrosi conti passando indenni sul nostro sistema finanziario clamorosamente in deficit, ma che protetto dagli Usa ci ha consentito di fare amplio mercato nei paesi che man mano correvano per aderire al sistema Ue nella speranza di costruire “un grande unico Paese”.

Il trio Merkel, Hollande e Renzi si troverà fra poche ore a confabulare: sbagliato strategicamente sbagliato il trilaterale, perché in questo momento ci vuole un’alleanza sovranazionale, perché non basta come dice Renzi affermare che “crescono le nostre responsabilità” perché sulla sicurezza, l’economia, il sistema bancario sono tutti e tre lontani mille miglia e non c’è tempo adesso per far finta di essere adeguati quando non lo siamo.

Non sarà l’asse franco-tedesco-italiano a dare una regolata a questa situazione in declino, poiché bisogna su un progetto completo e autorevole cercare il consenso e la sintesi degli altri partners europei. Perché Italia e Francia non sono in grado di chiedere a Merkel meno vincoli al rigore con i debiti pubblici che hanno; e sulla sicurezza e difesa Italia e Germania non si metteranno mai in linea con la Francia che comunque firmò gli accordi bilaterali di difesa comune solo con la Gran Bretagna.

Ancora, sui depositi bancari c’è una emergenza che viene prima di tutto: la garanzia comune dei depositi, cioè l’Unione Bancaria, che lei sola assicura la stabilità del sistema creditizio dell’eurozona: ma la Germania, giustamente, chiede che prima si limitino i titoli di Stato nei bilanci delle banche. E noi che cosa faremo che abbiamo privatizzato la Banca d’Italia che di proprietà statale ha solo un misero 4 per cento e tutto il resto è dei gruppi bancari privati? Insomma, questo appuntamento tra tre dei sei fondatori dell’allora Europa non è utile e anzi rischia di essere uno sbaglio clamoroso perché sarebbe un’esclusione di responsabilità verso gli altri e un segno di ulteriore guerra tra persi. Bisogna dunque avere una visione e un progetto ampio su scala internazionale con l’aiuto del sempre tonico garbato e decisivo intelletto e la forte capacità di governance di Mario Draghi e della banca che lui guida.



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