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Perché in Spagna il vittorioso Mariano Rajoy non gioisce troppo

Mariano Rajoy - Foto Facebook

Quel sogno di “Un’estate senza Rajoy”, oggetto di un curioso video realizzato dal Partito Operaio Socialista Spagnolo (Psoe), durante la campagna elettorale, sembra essere svanito. Il video elencava i piaceri della stagione estiva: camminare a piedi nudi, prendere il sole su un asciugamano, mangiare con gli amici in terrazza e fare festa durante le sagre di paese “che sono meglio di un concerto dei Rolling Stones”. Secondo il Psoe, quest’estate gli spagnoli avrebbero potuto avere un ulteriore motivo di godimento: mandare via da palazzo Moncloa il leader dei popolari.

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Rajoy, però, non ci pensa nemmeno. Domenica scorsa ha vinto con il 33 per cento dei voti che, grazie alla legge elettorale vigente in Spagna, si è tradotto in ben 137 deputati. Il leader dei popolari non ha ottenuto la maggioranza assoluta, necessaria per formare un governo da solo, ma è convinto a che capo di qualsiasi coalizione dovrà esserci lui.

Un’alleanza tra Pp e Ciudadanos, la cui formazione non sarebbe certo priva di ostacoli, come ha spiegato la politologa Paloma Román a Formiche.net, potrebbe fruttare 169 seggi. Con i deputati di Pnv (5 ) e Cc (1), la coalizione raggiungerebbe i 175 parlamentari, uno in meno rispetto alla maggioranza assoluta. Quel voto potrebbe avere il nome di Pedro Quevedo, leader di Nueva Canarias, candidato presentato in coalizione con il Psoe che, secondo alcune fonti, si asterrà.

IL PUNTO FERMO DI RAJOY

“Non cederemo la responsabilità di governare e non rinuncerò a governare perché ci sono otto milioni di spagnoli che ci sostengono. Mi piace governare con un sostegno sufficiente ma, se non è possibile, governeremo con quello che gli spagnoli ci hanno dato più qualche accordo puntuale”, ha detto Rajoy dopo un vertice con il comitato esecutivo del Pp.

Nelle scorse elezioni, il Pp ha vinto con il 28,7 per cento (123 deputati). A prima vista, il leader di centrodestra oggi sembra più forte rispetto ai risultati ottenuti in occasione delle elezioni del 20 dicembre 2015 e il Psoe più debole. Ma, come sottolinea Juanma Lamet, in un corsivo pubblicato sul sito Expasion, in Spagna ha vinto il gattopardismo: “Tutto è cambiato un po’ per restare uguale. Ma una circostanza resta invariata: l’ostinazione del Psoe e di Ciudadanos, due partiti che hanno lanciato l’ancora nei negoziati di febbraio per fare traslocare Rajoy dalla Moncloa, e che adesso continuano a non volere risolvere l’incognita della governabilità”.

LE RAGIONI DEL PSOE E CIUDADANOS

Per il giornalista, Pedro Sánchez (Psoe) e Albert Rivera (Ciudadanos) “continuano a non cedere per un unico motivo: non sanno come uscire dal ruolo interpretato nel teatrino degli ultimi sei mesi”. “Rajoy è aperto a tutte le ‘formule’ per formare un governo – ha aggiunto Lamet – . Rivera si appella al diritto di ‘porre condizioni’. Sì, va bene, ma veloci. Che la situazione sta iniziando a stancare”.

L’INVESTITURA A FINE LUGLIO

Rajoy riceverà l’incarico di formare il governo a fine luglio. Unidos Podemos, Erc, Cdc e Bildu voteranno contro. Sia il Psoe che Ciudadanos hanno detto che non sosterranno un nuovo governo del Pp guidato da Rajoy, poiché credono nella necessità di un cambiamento, soprattutto dopo gli scandali di corruzione che hanno coinvolto il leader dei popolari.

In un articolo pubblicato sul sito Voz Populi, la giornalista Karina Saiz Borges ricorda che la sera del voto Mariano Rajoy, pur essendo il vincitore, non dava a vederlo. “La felicità del leader del Pp è stretta. Come in ogni apparizione pubblica, il presidente del governo in carica accennava un sorriso […] Mariano Rajoy ha motivi per essere contento, sì, ma non tanti per restare su un’amaca: ha sulle spalle una cordigliera di letame e la corruzione del Partito Popolare. Rajoy porta con sé l’anima triste di chi sa di avere un’ipoteca che non è capace di estinguere”.


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