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Gas, ecco chi e perché borbotta contro il regolamento Ue

C’è qualcosa che preoccupa il mondo dell’energia in Italia e in Europa. Rimanere a secco di gas perché si è, ancora, troppo dipendenti dalle forniture di Paesi alle prese con forti turbolenze geopolitiche, vedasi Ucraina. Meglio dunque cercare di farsi le spalle un po’ più grosse e rendersi quanto prima autonomi. O comunque limitare i danni in caso di crisi energetica. A distanza di poche settimane da un precedente intervento in parlamento, i vertici di Snam, la società del gas oggi in orbita Cdp, hanno nuovamente rilanciato la necessità di un mercato unico del gas, così da mettere l’intera Ue al riparo da possibili interruzioni di forniture. Indicazioni che hanno preceduto un altro intervento, quello dell’Autorità per l’energia e il gas.

MERCATO EUROPEO DEL GAS IN VISTA?

Il primo punto è stato fatto dall’ad di Snam, Marco Alverà, ascoltato dai deputati della commissione Attività produttive sul regolamento con cui l’Ue mira a prevenire crisi energetiche. Premesso che “l’interruzione degli approvvigionamenti di gas naturale costituisce un elemento di forte preoccupazione sia a livello europeo che nazionale e ha alimentato un ampio dibattito a livello istituzionale”, spiega l’azienda in un documento, il traguardo verso un mercato unico del gas al livello europeo non sembra essere così lontano. Secondo Alverà infatti presto “si arriverà a un mercato unico europeo del Gas, come negli Stati Uniti, non siamo lontani”. Un obiettivo che però si può raggiungere a patto che vengano rafforzate alcune infrastrutture e portate a termine alcuni progetti chiave, come il Tap. E infatti, “per raggiungere questo obiettivo serve un’interconnessione tra Francia e Spagna, e su questo l’Europa deve aiutare a superare le resistenze locali, ma anche un’altra che metta l’Italia in grado di esportare verso i paesi del Nord Europa”.

QUEL (GROSSO) RISCHIO DIETRO LE MISURE UE PER IL GAS

Come detto la società guidata da Alverà non è stata l’unica interlocutrice ascoltata dal Parlamento. Pochi minuti dopo hanno infatti preso la parola i rappresentanti dell’Autorità dell’energia, tra cui il commissario Valeria Termini. Che, entrando nel merito del regolamento, hanno espresso forti dubbi su alcune delle misure al vaglio dell’Ue. Tra tutte, la cosiddetta solidarietà energetica obbligatoria. Di che si tratta? In pratica, in caso di crisi energetica, ogni Paese deve ridurre la propria domanda di energia per assicurare l’approvvigionamento al Paese confinante e in crisi. Un’idea che piace poco all’autorità, spaventata dalle ripercussioni sul sistema elettrico, dunque industriale. Tale procedura “potrebbe portare in uno Stato membro confinante con un Paese in emergenza, tagli della domanda di gas del settore termoelettrico, dei consumatori industriali e di una parte dei consumatori civili non domestici”, ovvero le imprese. Così, se per esempio Slovenia e Croazia rimanessero improvvisamente al buio, anche l’Italia dovrebbe ridurre la sua domanda di gas. Per l’Autorità “tale ipotesi avrebbe, per un Paese come l’Italia, caratterizzato da un parco termoelettrico prevalentemente alimentato a gas naturale, un impatto rilevante, rappresentando un elemento problematico suscettibile di pregiudicare l’interesse nazionale”. Di qui la proposta di costituire un ventaglio di clienti “protetti” da salvaguardare in caso di obbligo a ridurre la domanda, tra cui consumatori e piccole e medie imprese, nonché i servizi essenziali.

I MUGUGNI DEL GOVERNO CONTRO L’UE

La solidarietà obbligatoria per la verità non piace nemmeno al governo. Proprio ieri, il neoministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda,  ha infatti proposto una soluzione alternativa in caso di forniture a singhiozzo, condivisa da  Francia, Germania, Belgio e Austria. Tutto sta nell’agire sul lato dell’offerta, piuttosto che su quello della domanda. “La proposta di regolamento prevede sostanzialmente misure di taglio della domanda negli Stati membri tenuti ad adottare misure di solidarietà. Invece bisognerebbe attivare per prime misure di incremento dell’offerta” come “l’istituzione ex ante di fornitori di ultima istanza che intervengano in caso di emergenza, l’utilizzo condiviso degli stoccaggi di mercato e di quelli strategici”, nonché “l’uso coordinato a livello regionale delle capacità dei terminali di rigassificazione  oggi sottoutilizzati”. Per Calenda dunque il taglio della domanda è l’extrema ratio: “solo qualora queste misure non diano gli effetti desiderati si potrebbe ricorrere al taglio della domanda”.

STOCCAGGI STRATEGICI NEL MIRINO

Ma le punzecchiate all’Ue in materia di approvvigionamento del gas, non si esauriscono qui. Nel mirino dell’Autorità guidata da Guido Bortoni infatti, è finita anche la possibilità di porre fine ai cosiddetti stoccaggi strategici, vere e proprie riserve di gas che gli Stati accantonano per fronteggiare eventuali crisi. Una pratica che, come hanno ricordato i vertici di Snam nella medesima audizione, ha finora consentito all’Italia di superare ben sette crisi energetiche. Eppure, alcuni emendamenti al regolamento Ue del relatore avrebbero previsto una limitazione di tale  pratica. Di qui, l’altolà dell’Autorità, che “ritiene necessario esprimere la propria contrarietà all’emendamento in analisi, sottolineando l’opportunità di porre in atto azioni congiunte a diversi livelli istituzionali, rimarcando la criticità che esso rappresenta per il nostro sistema gas”. Basterà a far cambiare idea all’Ue?

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