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Le sofferenze bancarie, Prodi, gli immobili e le soluzioni politiche

Per le sofferenze bancarie, che celano situazioni umane e sociali spesso drammatiche, servono soluzioni politiche e non giudiziarie. E’ stato Romano Prodi, domenica scorsa, a proporre una soluzione di sistema per risolvere il problema che coinvolge circa 250 mila famiglie italiane, che non sono più in grado di pagare la rata del mutuo per l’abitazione: propone la costituzione di un Fondo di proprietà pubblica, o mista, che subentri nella proprietà degli immobili rilevandoli in blocco dalle banche sgravandole dalle sofferenze. Li affitterà, quindi, agli attuali proprietari ad un canone politico, 2 mila euro l’anno, per evitare il superamento della soglia critica del 30% tra spesa per l’affitto e reddito. Il costituendo Fondo verserebbe 10 miliardi alle banche, rispetto ai 5 miliardi degli operatori specializzati nel settore. Intendiamoci, ed è una nostra considerazione: nessuno regala nulla, la differenza sta nel margine di guadagno, assai elevato, che viene richiesto per intervenire in situazioni così gravide di rischi. L’operatore che compra il credito in sofferenza dalla banca sa che potrebbe non vendere l’immobile su cui grava la garanzia, neppure pagando appena il 20% del prezzo a cui era stata iscritta: il mercato immobiliare è fermo.

Su Milano Finanza del 30 gennaio scorso abbiamo affrontato la medesima questione, proponendo “Un’idea per ricostruire”. Si partiva da questi numeri: ci sono un milione e 240 mila le persone registrate come morose alla centrale dei rischi, di cui 758 mila per importi che vanno da 250 a 30 mila euro. Le famiglie consumatrici hanno sofferenze per 33,9 miliardi di euro, di cui 20,2 miliardi assistite da garanzie reali. Di queste sofferenze, quelle legate all’acquisto di immobili valgono ben 14 miliardi di euro. Per quanto riguarda il settore dell’edilizia, le sofferenze ammontano a 43 miliardi di euro, di cui 23,7 miliardi assistiti da garanzie reali.

Il settore immobiliare è sotto pressione, dal punto di vista delle vendite, con risultati miserevoli sia dal punto di vista del debitore che del creditore. Si svende.

Proponemmo a gennaio di venire incontro alle famiglie in difficoltà con il pagamento dei mutui, evitando di mandarle in mezzo ad una strada, ipotizzando di costituire un Fondo posto sotto la vigilanza dello Stato che contratti con il debitore il rimborso del mutuo residuo alla banca in cambio della acquisizione della nuda proprietà dell’immobile. Il proprietario rimarrebbe usufruttuario a vita, con la possibilità di riscattare la nuda proprietà attraverso un nuovo mutuo. La soluzione proposta da Prodi prevede un canone di 2.000 euro l’anno: è una cifra simbolica, visto che il valore medio del mutuo residuo per i crediti in sofferenza legati all’acquisto di una abitazione ammonterebbe a 80/90 mila euro.

Per assorbire le sofferenze del settore dell’edilizia e dell’ immobiliare, abbiamo ipotizzato la istituzione di un Fondo per l’edilizia sociale: potrebbe comprare in blocco dalle varie banche quanto è stato realizzato per finalità abitativa, acquisendo un consistente patrimonio alla metà del valore cui fu iscritto a bilancio. Considerato il prezzo di esborso da parte del Fondo, anche un canone di affitto estremamente esiguo sarebbe assai remunerativo e renderebbe praticabile la emissione di obbligazioni sul mercato che andrebbero a finanziare l’operazione. Sarebbe un modo per avviare un modello di welfare attivo, attento a chi ha perso il lavoro, ai giovani precari, molto più concreto di un reddito di cittadinanza da finanziare con nuove tasse.

Occorre evitare una nuova emergenza, politica prima ancora che abitativa, che non graverebbe solo sui comuni ma sul governo: dopo aver fatto di tutto per accelerare le procedure per eliminare le sofferenze bancarie, prevalentemente assistite da una garanzia immobiliare, e per vendere all’asta gli immobili di coloro che non riescono più a pagare il mutuo, si troverebbe costretto ad aiutare chi ha perso la casa e chiede un alloggio. Costerebbe tutto molto di più che non intervenire come si è detto.

La povertà è diversa dalla miseria: una cosa è non avere case per i cittadini, altra è averle e lasciarle comunque vuote. C’è miseria quando le ricchezze non servono ad altro che a pagarci le tasse sopra.


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