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Perché Mariano Rajoy è impantanato nella palude politica della Spagna

Quando lo scorso febbraio Mariano Rajoy, primo ministro spagnolo e leader del Partito Popolare (Pp), ha incontrato Pedro Sánchez, segretario del Partito Socialista Operaio Spagnolo (Psoe), tra i due c’è stato un gelido saluto. Nessun stretta di mano, nessun sorriso. Gli atteggiamenti freddi trasmettevano la ferree posizioni assunte dai due politici. Mercoledì 13 luglio, invece, Rajoy e Sánchez hanno avuto un nuovo incontro, più cordiale, apparentemente rilassato, durato anche più tempo rispetto al precedente. A distanza di cinque mesi, però, lo stato delle cose è rimasto invariato: tra socialisti e popolari non ci sarà nessun accordo per formare un nuovo governo in Spagna.

RECORD DI INSTABILITÀ

Dopo più di 200 giorni, la Spagna è entrata nella top list dei Paesi senza governo: è al quinto posto dopo Iraq, Cambogia, Moldavia e Belgio. Dal 20 dicembre del 2015, giorno delle prime elezioni generali, ci sono state altre elezioni, convocate dal re Filippo VI il 26 giugno. Dopo il voto nessun partito è riuscito a ottenere la maggioranza (salvo il Pp, che ha aumentato leggermente il proprio consenso, gli altri partiti sono rimasti fermi, più o meno, agli stessi risultati).

COSA PENSA IL PSOE

Sánchez non ha avuto paura e ha invocato il fantasma di terze elezioni. Ha detto personalmente a Rajoy che non sosterrà il Pp per un nuovo governo e che questi dovrà “cercare alleati potenziali, non tra il Psoe”. “Voteremo ‘no’ a un’investitura di Rajoy – ha detto il leader socialista –  la soluzione non può essere altro che l’alternativa e l’alternativa è il Psoe (…) Il Psoe è stato il partito che ha fatto di più per non andare alle seconde elezioni […] Ora faremo il possibile per evitare le terze. Gli spagnoli hanno dato fiducia al Pp come prima forza politica, ma è mancata la maggioranza. È necessario l’inizio di un negoziato e dialogo serio, basato sulle proposte, non su minacce e ricatti”, ha dichiarato Sánchez.

COSA PENSA PODEMOS

Altri protagonisti del panorama politico spagnolo vogliono “liberarsi” di qualsiasi responsabilità. Il segretario generale di Podemos, Pablo Iglesias, ha detto che il Psoe ha “tutta la responsabilità” dei negoziati. Dipende dal partito guidato da Sánchez se il presidente Rajoy potrà continuare a guidare il Paese. In un’intervista con l’emittente Antena 3, Iglesias ha detto che le opzioni sono tre: “Lasciare Rajoy al palazzo della Moncloa, sperimentare l’opzione di un governo progressista in alleanza con Unidos Podemos o andare alle urne per la terza volta”. “Tutta la responsabilità è del Psoe, non li invidio, mando loro un abbraccio solidale”, ha affermato. La formula Psoe-Unidos Podemos non basterebbe per ottenere la maggioranza, dal momento che entrambi i partiti hanno perso alcuni deputati il 26 giugno. Ma Iglesias ha detto che conta sul voto delle forze catalane e basche.

COSA PENSA CIUDADANOS

Albert Rivera, leader del partito centrista Ciudadanos, ha comunicato la decisione di votare contro l’investitura di Rajoy al primo turno. Al secondo, invece, il partito si asterrà. Una posizione che viene meno alla  promessa elettorale di Ciudadanos di non favorire la continuità del presidente in carica. Rivera ha detto che confida che Sánchez si faccia carico della situazione astenendosi, evitando così terze elezioni. “Non sosterremo né faremo parte di quel governo – ha detto Rivera – . Ma dobbiamo scegliere il male minore. Ci asterremo per evitare di contribuire alle terze elezioni […] Il modo di essere utile adesso è facendo ripartire il Paese”.

IL TEMPO REMA CONTRO

Il calendario preme. Secondo la normativa in vigore, firmata da Re Filippo VI lo scorso maggio, il Congresso e il Senato dovranno costituirsi il 19 luglio per scegliere i presidenti e membri dei gruppi parlamentari delle due Camere. Molto probabilmente il Re convocherà il primo turno di consultazioni il 25 luglio, per cui quella settimana potrebbero essere interpellati tutti i leader politici. Di seguito, Filippo VI proporrà un candidato alla presidenza e i gruppi parlamentari dovranno votare. Tra il 1° e il 7 agosto potrebbe sapersi il primo nome. Qualora fosse approvato, il nuovo premier sarebbe investito l’8 agosto e il governo diventerebbe operativo a settembre. In caso di bocciature, invece, come è successo con Sánchez a marzo, per la prima volta nella storia della democrazia spagnola, trascorreranno due mesi dalla prima investitura, fino alla metà di ottobre. Se nessun partito raggiungesse un accordo, la Spagna dovrà tornare al voto a dicembre. Un anno dopo le prime elezioni, cioè, si tornerebbe al punto di partenza.



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