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Vatileaks? Alla fine ha aiutato Papa Francesco. Parla il vaticanista Luigi Accattoli

Francesca Immacolata Chaouqui

Luigi Accattoli parla in modo pacato mentre, ancora una volta, si sposta in giro per l’Italia e considera gli effetti della vicenda Vatileaks. Già vaticanista per Repubblica e poi, per quasi trent’anni, al Corriere della Sera, è stato testimone del lungo pontificato di Giovanni Paolo II e dei suoi successori, che ha raccontato e racconta anche attraverso il suo blog www.luigiaccattoli.it. E spiega in modo lucido ed equilibrato, quello che, secondo lui, ha portato allo svolazzare dei corvi sul Cupolone. Prima la malattia di Giovanni Paolo II; poi il pontificato di Benedetto XVI e il “rigetto” della Curia verso l’allora Segretario di Stato Tarcisio Bertone; e Francesco, partito in modo creativo ma “diffidente verso tutto ciò che sapeva di Curia”.

Nello sguardo di Accattoli c’è anche l’effetto degli errori: un governo autonomo del Papa argentino che ha prodotto errori come la nomina dei due condannati al termine del processo Vatileaks 2, ossia la pierre Francesca Immacolata Chaouqui e Lucio Vallejo Balda, il monsignore targato Opus Dei; e anche se indica il rischio legato alla necessità “di creare un clima, una motivazione”, per evitare la riproduzione di altri corvi, osserva che per questo lavoro: “Ci vuole tempo. Poniamo tre anni. E in tre anni possono benissimo sfuggire altri documenti”.

Anche se alla fine, dopotutto, Vatileaks 2 non ha affatto indebolito Bergoglio. Anzi.

Accattoli, sul suo blog lei ha parlato di “felice colpa” in merito ai giornalisti Nuzzi e Fittipaldi, ed ai loro libri. Che cosa vuol dire?

Reputo che la vicenda non abbia portato un vero danno a nessuno, né al Papa né alla governance vaticana. Non voglio dire che si sia trattato di una vicenda innocente: di sicuro ci sono reati e responsabilità all’origine della fuga di documenti. I due condannati devono essersi mossi con intenzioni malevole o ingenue, guidati forse dal risentimento per mancate promozioni. Attendo lumi dalla sentenza, quando verrà depositata. Ma i libri dei due giornalisti (Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, ndr), che ho letto controvoglia, per dovere d’ufficio, ritengo che in definitiva siano stati utili. Dànno un’idea per eccesso del malaffare vaticano ma i documenti che pubblicano sono autentici. L’eccesso dell’immagine negativa bilancia quella positiva veicolata dall’ufficialità. Dunque una felice colpa perché vi sono stati dei comportamenti scorretti – colpevoli appunto – ma questi comportamenti ci hanno fatto conoscere fatti che altrimenti ignoreremmo.

Sono già due volte che sul Cupolone svolazzano corvi, corve e amici pennuti di vario genere. Secondo lei, perché accade?

Per un indebolimento della disciplina curiale, che credo stia recuperando tenuta in risposta ai due fattacci. L’indebolimento viene da lontano. Gli ultimi anni di Giovanni Paolo, con il Papa costretto a deleghe sempre più ampie. L’intero Pontificato di Benedetto, quando si ebbe una specie di rigetto del governo personale del cardinale Bertone da parte del corpo curiale. La partenza creativa di Francesco, diffidente verso tutto ciò che sapeva di Curia, come se un Papa potesse governare da solo. Ora sia Francesco sia il segretario di Stato sanno che fare e come farlo – in tempi relativamente rapidi – per chiudere la ricreazione.

Lei sembra criticare il governo autonomo del Papa argentino…

Lo critico infatti e soprattutto lo ritengo pericoloso, aperto a rischi. Sia per formazione personale, sia per il clima di crisi vaticana nel quale venne eletto, Francesco mise in quarantena la Curia proponendosi di riformarla a fondo. Ma una vera riforma richiede tempo, minimo un quinquennio e la quarantena non può durare cinque anni. Nel frattempo, specie lungo il primo biennio, il Papa gesuita è andato avanti a occhio e a tasto, muovendosi con totale libertà ma anche compiendo errori. La nomina di Vallejo Balda che si è portato dietro la Chaouqui è uno di questi.

Il processo ha risolto il problema delle fughe di notizie una volta per tutte, o pensa che ci sarà un Vatileaks 3?

Non è un problema che si risolva a bacchetta. Si tratta di creare un clima, una motivazione. Ci vuole tempo. Poniamo tre anni. E in tre anni possono benissimo fuggire altri documenti.

Quello ai corvi è stato un processo alla libertà di stampa?

No. Il rinvio a giudizio dei due giornalisti poteva farlo pensare. Ma fu chiaro, assai presto, che processare non voleva dire condannare. Lo dichiarò il padre Lombardi subito dopo il rinvio e lo confermò il fatto che il tribunale avesse accettato di “ascoltare” Paolo Mieli, lo scorso 7 maggio, sui diritti e i doveri della professione giornalistica in Italia, che avesse cioè ammesso un’“audizione” chiesta da uno degli imputati, Nuzzi: come ad assicurare che si procedeva contro i due giornalisti per accertare ogni risvolto di quanto avvenuto ma non per negare il diritto all’informazione. Infine il dispositivo della sentenza che fa una chiarezza definitiva su questo punto sensibile, quando “rileva” esplicitamente, cioè afferma “la sussistenza, radicata e garantita dal diritto divino, della libertà di manifestazione del pensiero e della libertà di stampa nell’ordinamento giuridico vaticano”.

“Alla fine se nessuno si sarà fatto male sarà stato un bel guadagno”, ha scritto. Chi si è fatto male in questo processo?

In grande nessuno, nel dettaglio i due condannati. I capi d’accusa erano solenni, facevano riferimento a “più delitti di divulgazione di notizie e documenti concernenti gli interessi fondamentali della Santa Sede e dello Stato”, ma poi le condanne sono state miti. Dunque nessuno si è fatto male davvero. I due condannati avranno da riflettere sulle implicazioni di comportamenti scorretti, ma davvero è una minuzia. Il monsignore di sicuro uscirà dal sistema vaticano, magari tornerà in Spagna. La signora – che ne è già uscita – forse imparerà la riservatezza necessaria per incarichi di fiducia.

Secondo lei, Francesco è stato aiutato o danneggiato dal processo? Come andrà avanti il suo pontificato?

All’inizio ritenevo che la fuga dei documenti l’avesse danneggiato. Oggi penso che l’abbia aiutato, e che l’aiuterà. Il severo governo della Curia che Bergoglio è venuto proponendosi in questi anni e soprattutto la decisione con cui ha cercato di mettere ordine e morale negli affari economici hanno di sicuro guadagnato buoni argomenti dalla vicenda. Per esempio ha già riformato il sistema di finanziamento e di controllo della spesa per le cause di canonizzazione: una riforma che non sarebbe arrivata così presto senza i due libri. Il Pontificato per gli aspetti che attengono al governo andrà avanti come potrà, come ogni impresa che deve fare affidamento sull’opera di molti e non mancheranno altri incidenti. Ma Bergoglio è un Papa tosto e abbiamo già visto che sa trarre vantaggi dagli incidenti.


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