Le lacrime degli italiani non si sono ancora asciugate per le vittime di Dacca e già tocca ai francesi piangere le proprie vittime. Una strage che lascia il segno per la tempistica, le modalità e il luogo colpito. A finire nel mirino stavolta è il lungomare di Nizza, dove migliaia di persone di ogni età e provenienza erano radunate per i festeggiamenti del 14 luglio, il giorno dell’unità nazionale. Sulla folla è piombato il terrorista a bordo di un autoarticolato bianco di 19 tonnellate, che ha percorso un lungo tratto della Promenade falciando oltre ottanta persone tra cui una decina di bambini.
Un altro lupo solitario entra dunque in azione e sceglie una tecnica già evocata dal portavoce del califfo, Muhammad al Adnani, in un messaggio di due anni or sono: «Colpite e contate su Allah: uccideteli non importa come. Se non avete armi usate le pietre, o schiacciateli con le macchine». La Francia è di nuovo nel mirino dopo aver tirato un sospiro di sollievo per la sicurezza con cui si è celebrato il campionato europeo di calcio a dispetto dell’incombente minaccia jihadista.
È di nuovo il paese transalpino ad essere colpito perché in prima linea nella lotta contro il califfato, ma anche perché la sua popolazione musulmana – la più numerosa d’Europa – mostra indici di radicalizzazione preoccupanti. Il terrorista che ha colpito a Nizza non era noto ai servizi segreti, ma è stato sicuramente stregato dagli appelli alla violenza circolati ossessivamente in questi anni di furiosa guerra santa. Ha scelto un giorno simbolico per entrare in azione: la ricorrenza della presa della Bastiglia, quando i francesi celebrano i propri valori, quelli della Rivoluzione francese che ancor oggi inorgogliscono i cittadini dell’Esagono. Ha colpito con ferocia e determinazione, penetrando tra la folla a bordo del camion noleggiato per l’occasione e percorrendo a zig zag il lungomare per fare il maggior numero di morti. Su quel percorso è stato presto il caos, con corpi schiacciati ovunque, famiglie divise e bambini dispersi: quelli ritrovati soli sono stati radunati nella caserma Auvare, sede principale della polizia in città, per poterli ricongiungere ai genitori disperati.
La Francia dunque non trova pace e il presidente Hollande, che aveva appena annunciato l’imminente fine dello stato di emergenza proclamato dopo gli attentati del 13 novembre, è costretto a prorogarlo di altri tre mesi. Ma qualsiasi misura di sicurezza non riuscirà a fermare la galassia invisibile del jihadismo, che ha contagiato migliaia di giovani musulmani francesi, molti dei quali sono andati a combattere per il califfo in Siria ed in Iraq mentre altri sono rimasti in patria a covare il proprio odio per l’Occidente. In questo, la Francia non si differenzia dagli altri paesi europei, dove la radicalizzazione dei musulmani ha fatto passi da gigante nella stagione del califfato rampante.
Nessun paese può dirsi immune da simili episodi, tanto più quelli che, come la Francia, sono impegnati nello sforzo militare per debellare il califfato. La lezione di questo ennesimo attentato è lugubre come il suo bilancio di morte: il jihadismo è un virus che si è propagato a macchia d’olio e può provocare in qualsiasi luogo e momento tragedie come quella di Nizza.