In coincidenza con la conclusione del XV Congresso nazionale del Credito Cooperativo, la Banca d’Italia ha pubblicato lo schema delle disposizioni in materia di Gruppo Bancario Cooperativo, richieste ai sensi della legge di riforma delle Bcc, recentemente approvata (L. n. 49/2016 che ha convertito con modifiche il DL n. 18/2016).
Tali norme sono state poste in consultazione sino al 13 settembre 2016 per osservazioni, commenti e proposte, dopo di che, una volta definitive, scatterà il termine dei 18 mesi per la costituzione dei gruppi, confermando le previsioni che indicavano nel mese di settembre il termine iniziale per la costituzione dei Gruppi Bancari Cooperativi (Gbc).
I primi commenti alle nuove disposizioni di Bankitalia si sono concentrati tutti sugli ampi poteri concessi dalla normativa secondaria alla capogruppo, a discapito di tutte le Bcc, anche quelle virtuose, come se la cosa fosse inaspettata ed innovativa.
Eppure, sin dall’emanazione del decreto legge n. 18 del 14 febbraio 2016 (in particolare vedasi art. 37-bis, comma 3, lett. b, punti 1, 2 e 3, del Tub), la norma appariva chiara e non lasciava dubbi circa lo spazio entro il quale proporzionare i poteri della capogruppo in funzione della rischiosità delle Bcc (c.d. Risk Based Approach): indirizzi strategici ed obiettivi operativi uguali per tutte le Bcc e poteri proporzionati alla rischiosità delle banche per le attività di controllo, intervento e sanzione della capogruppo.
Addirittura la Bce, appena un mese dopo la pubblicazione del citato DL n. 18/2016, emetteva il proprio parere, con il quale prevedeva che: “i poteri conferiti alla capogruppo di gestire gli enti affiliati e di coordinare l’attività del Gruppo dovrebbero essere più incisivi di quelli previsti dal Decreto legge. In particolare, la capogruppo dovrebbe poter dirigere e coordinare il Gruppo, anche impartendo istruzioni dirette agli enti affiliati in ogni circostanza, al fine di assicurare l’osservanza delle norme prudenziali e dei requisiti di vigilanza applicabili e garantire che le operazioni e le strategie degli enti appartenenti al Gruppo siano in linea con le politiche e gli obiettivi di quest’ultimo”.
Da ultimo, lo stesso Governatore della Banca d’Italia, consapevole dell’errato dibattito in corso presso la componente associativa sulle funzioni attribuite al contratto di coesione (qui, l’articolo di Formiche.net), intervenne nelle considerazioni finali della relazione annuale ) per specificare che: “Nel definire l’assetto di gruppo e i rapporti tra le varie componenti, occorre seguire logiche strettamente industriali, mediante un patto di coesione che dia effettivi poteri di governo alla capogruppo”.
Ritornando al documento posto in consultazione, le vere novità sembrano rinvenibili nell’introduzione dei concetti di meritocrazia nella governance delle Bcc e della capogruppo.
Per quest’ultima si prevede, infatti, la possibilità che nello statuto “una quota predefinita (comunque non superiore alla metà) degli organi della capogruppo sia riservata a esponenti delle banche affiliate e, in tale caso, deve essere previsto che questi siano prescelti tra gli esponenti delle banche classificate come meno rischiose secondo il sistema adottato dal gruppo a fini di controllo e intervento sulle banche affiliate. A tal fine, la capogruppo stabilisce requisiti degli esponenti aziendali volti a premiare il merito, avendo riguardo alle capacità dimostrate e ai risultati conseguiti nell’amministrazione delle banche del gruppo”.
Viene, quindi, stabilito che, nella composizione degli organi sociali della capogruppo, la maggioranza non possa provenire dalle Bcc controllate mediante contratto di coesione e che, in ogni caso, gli esponenti provenienti dalle Bcc debbano essere scelti tra le banche più virtuose.
Per tutte le Bcc, ma vale anche per le altre banche o eventuali sottogruppi territoriali soggetti all’attività di direzione e coordinamento della capogruppo mediante contratto di coesione, dovranno essere stabiliti, da parte della capogruppo,
“requisiti degli esponenti aziendali volti ad assicurare standard elevati e omogenei di reputazione, competenza e indipendenza, volti anche a premiare il merito individuale comprovato dalle capacità dimostrate e dai risultati conseguiti come esponente aziendale”.
Inoltre, pur mantenendo salvo il principio in base al quale la nomina degli organi di amministrazione e controllo spetta all’assemblea dei soci, si stabilisce una procedura di consultazione che assicura alla capogruppo il gradimento preventivo sulla maggioranza dei componenti che saranno nominati dall’assemblea stessa.
Forse in tale procedura si poteva tentare di introdurre l’applicazione del citato principio di proporzionalità in funzione del rischio di ciascuna banca, relegato esclusivamente alle attività di controllo, intervento e sanzione della capogruppo, ma è probabile che la rimozione del criterio della “eccezionalità” della nomina/revoca da parte della capogruppo dei componenti gli organi di amministrazione e controllo delle banche (previsto originariamente nel DL n. 18/2016 con modifica apportata dalla Camera in sede referente) ed il richiamo ai principi contabili internazionali adottati dall’Ue in tema di controllo della capogruppo, abbiano indotto l’organo di vigilanza a preferire una soluzione che parifica tutte le BCC di fronte al diritto della capogruppo di esprimere una valutazione favorevole sulla maggioranza degli esponenti nella fase antecedente la nomina degli stessi.
Appare evidente che, a livello operativo, stante il tenore delle norme poste in consultazione, potrà realizzarsi solo un’applicazione ancora più restrittiva del citato principio di proporzionalità in relazione al rischio di ciascuna banca, nel senso che a Bcc particolarmente rischiose potrebbe richiedersi addirittura il preventivo consenso della capogruppo per tutti i candidati alla nomina degli organi di amministrazione e controllo.
E’ probabile che su questo punto diverse Bcc invieranno proposte di modifica per l’introduzione del citato criterio di proporzionalità in relazione alla rischiosità della banca.
Nell’ambito dei criteri di compensazione e distribuzione dei vantaggi all’interno del Gbc, per stimolare l’efficienza dell’intero gruppo viene, invece, disposto che il contratto di coesione stabilisce che “i corrispettivi (es. commissioni) dovuti dalle banche affiliate alla capogruppo per i servizi resi da quest’ultima incorporano una componente variabile legata alla performance della banca affiliata”.
Infine, suscita un certo interesse la definizione di territorialità fornita dall’Organo di Vigilanza nelle disposizioni poste in consultazione per gli eventuali sottogruppi territoriali. Nella normativa secondaria il sottogruppo territoriale del Gbc viene definito come quello “costituito da una banca in forma di società per azioni (sub-holding) sottoposta a direzione e coordinamento della capogruppo, nonché da banche di credito cooperativo e da altre eventuali società bancarie, finanziarie e strumentali, tutte appartenenti a un medesimo gruppo bancario cooperativo e aventi sede e/o operanti in un medesimo ambito territoriale determinato in conformità della Sezione II, par. 4, delle presenti disposizioni”.
Oltre al limite dimensionale operativo collegato all’ammontare dell’attivo dei componenti, si richiede che le Bcc appartenenti al sottogruppo abbiano “la sede legale in una stessa regione o in regioni limitrofe”.
In conclusione, con riferimento al concetto di territorialità, non sembrerebbero esservi dubbi sul fatto che il riferimento alle regioni limitrofe è alle Bcc, e non alla sede legale della sub-holding, con la conseguenza che potrebbero costituirsi anche sottogruppi interregionali di ampia estensione territoriale, come ad esempio sottogruppi del Nord, del Centro, del Sud o, addirittura, del Centro-Nord e Centro-Sud.